Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano: “House of Renz”

di Redazione Blitz
Pubblicato il 15 Luglio 2015 - 08:21 OLTRE 6 MESI FA
Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano: "House of Renz"

Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano: “House of Renz”

ROMA – “In una fantasmagorica intervista al Corriere, Debora Serracchiani, già simbolo del rinnovamento Pd, ora vicesegretaria nazionale e governatrice del Friuli Venezia Giulia – scrive Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano – spiega che il suo partito “ha l’ambizione di cambiare l’Italia, con riforme che ci permettono di ritrovare la credibilità internazionale che avevamo perso”. E di “sfruttare la crescita prossima ventura”. Poi, in lievissima controtendenza con l’affermazione A, passa alla B: “Se qualcuno, tra i fuoriusciti del M5S o tra gli scontenti di FI, condivide le nostre riforme, le può votare”. Sta parlando di Denis Verdini, noto collezionista di rinvii a giudizio (se non andiamo errati, è a quota cinque) e Vincenzo D’Anna, che ha appena annunciato il suo ingresso nella maggioranza con altri cosentiniani al seguito”.

L’editoriale di Marco Travaglio: Infatti la Serracchiani aggiunge: “Se c’è qualche senatore che vuole votare le riforme e che magari ha anche contribuito a scriverle, non si comprende perché non si dovrebbe lavorare insieme”, però sia chiaro che “noi non cerchiamo nessuno e riteniamo di avere i numeri anche al Senato” senza il soccorso azzurro. Che, se verrà, sarà per un moto spontaneo: a caval donato non si guarda in bocca.

Ora, che Verdini abbia “contribuito a scrivere” l’Italicum e la controriforma del Senato per conto di B. ai tempi del Nazareno, insieme alla ministra Boschi che agiva per conto di Renzi, è una sacrosanta verità. E la dice lunga sulla qualità delle due controriforme. Che invece la maggioranza sia autosufficiente al Senato è una balla colossale: persino la riforma della scuola e persino alla Camera è passata solo grazie al voto di quattro verdiniani. E la presunta BuonaScuola non faceva parte delle riforme istituzionali su cui Renzi costruì prima il Nazareno con B. e poi il Nazarenino con i forzisti voltagabbana: almeno ufficialmente, è roba di governo e non di larghe intese. Figuriamoci ora che a Palazzo Madama approda in terza lettura la riforma del Senato che, in attesa dei soccorritori, quasi certamente slitta all’autunno. Ma la vera contraddizione è ancora un’altra: come si può pensare di “cambiare l’Italia” coi voti determinanti di verdiniani e cosentiniani? In House of Cards, la serie americana cui Renzi dice di ispirarsi, il protagonista Frank Underwood è un politico spregiudicato che conquista la Casa Bianca a colpi di intrighi, ricatti, reati, financo omicidi. E tutto ciò che dice agli elettori è falso. Chiede soldi, appoggi e favori ai peggiori lestofanti, ma pubblicamente fa il rottamatore.

Frank, per sua fortuna, non incappa mai in intercettazioni. Matteo, per sua sfortuna, ci è cascato. Così abbiamo appreso che il 10 gennaio 2014, otto giorni prima del Patto del Nazareno, ufficialmente circoscritto alle riforme elettorale e costituzionale e finalizzato a non fare mai più larghe intese”, Renzi era già d’accordo con B. per andare al governo al posto di Letta con una riedizione delle larghe intese. Ma non più palesi: occulte. Dunque il Patto riguardava il governo, non solo le regole del gioco. Tant’è che per un anno, nel 90% dei casi, FI votò con la maggioranza fingendo di stare all’opposizione. Poi Renzi, ubriacato dal 40,8% alle Europee e dalle leccate della grande stampa e dei laudatores di corte, si illuse di poter fare a meno di tutti e governare da solo. E tradì gli impegni presi sul Colle, silurando il candidato nazareno (Amato o Casini) e inventandosi Mattarella, dopo aver comunque regalato a B. l’ostracismo a Prodi. E l’opposizione di B. da finta diventò vera, facendo ballare il governo e il Pd, che iniziò a colare a picco nei sondaggi e alle amministrative e ora è costretto alla questua fra vecchi e nuovi “responsabili” (…).