Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano: “La mano morta”

di Redazione Blitz
Pubblicato il 16 Gennaio 2015 - 08:45 OLTRE 6 MESI FA
Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano: "La mano morta"

Matteo Renzi (LaPresse)

ROMA – “La mano morta” è il titolo dell’editoriale a firma di Marco Travaglio sulle pagine del Fatto Quotidiano di venerdì 16 gennaio.

Ma quante mani e manine ha Matteo Renzi? Solo nell’ultimo anno e mezzo, se n’è già perso il conto. Roba che la Dea Kalì gli fa una pippa. C’è la mano che indica l’uscita a B. l’11 settembre 2013: “In qualunque paese, quando un leader politico è condannato con sentenza definitiva, la partita è finita: game over”. C’è la mano che quattro mesi dopo, 18 gennaio 2014, stringe quella di B. al Nazareno per siglare l’omonimo patto (“profonda sintonia”), poi riusata fino a consunzione per altre otto strette affettuose a Palazzo Chigi per il rodaggio, la messa a punto e il tagliando dell’inciucione. The game must go on.

C’è la mano che firma l’Italicum e la controriforma costituzionale del Senato su misura di B. che vuole continuare a nominarsi i parlamentari in barba alla democrazia e alla Consulta. C’è la mano che a metà febbraio twitta #enricostaisereno e poi lo accoltella nella notte. C’è la mano che scrive il nome di Nicola Gratteri nella lista dei ministri, alla casella Giustizia. E c’è la mano che, la sera stessa, lo sbianchetta perché non piace a Napolitano e a B. C’è la mano che a metà giugno dà l’altolà alla legge anticorruzione, pronta per il voto alla Camera, perché B. non la vuole. C’è la mano che blocca qualunque velleità di punire i conflitti d’interessi, cioè la ragione sociale di B.. C’è la mano che a settembre sfila dalla riforma della giustizia il blocco della prescrizione, che per B. è come l’aglio per i vampiri. C’è la mano che firma prima la nomina di Franco Lo Voi, il candidato meno titolato ma il più gradito al Palazzo e al Colle per la Procura di Palermo, e poi l’anticipato possesso per prevenire i ricorsi dei rivali esclusi. C’è la mano che alla vigilia di Natale infila il SalvaSilvio nel decreto delegato fiscale con l’impunità a chi froda o evade fino al 3% dell’imponibile dichiarato, cancellando la condanna e l’ineleggibilità di B. (Renzi dice che l’arto è il suo, ma non chi l’ha aiutato a stendere tecnicamente la porcata). C’è la mano che ora si accinge a modificare il SalvaSilvio, ma non si sa come e comunque non subito: solo dopo il nuovo presidente, così tiene B. appeso per il Colle.

C’è la mano che compila la black list per il Quirinale, espungendo tutti i nomi sgraditi a B., cioè i più popolari fuori dal Palazzo: Rodotà, Zagrebelsky, forse Prodi (“Se B. ha eletto Ciampi e rieletto Napolitano, perché non dovrei consultarlo anche per il nuovo presidente?”, ripete il furbastro, e mai nessuno che gli risponda: “Perché le altre volte B. non era un pregiudicato, e stavolta sì”; ma ci vorrebbe un intervistatore , non una Bignardi). E c’è la mano che, l’altroieri, emenda a nome del governo la riforma del falso in bilancio che doveva cancellare il colpo di spugna di B. e invece è copiata paro paro dal colpo di spugna di B. E anche stavolta non lascia impronte digitali né tracce di Dna, o perché il titolare ha usato i guanti, o perché ha ripulito la scena del delitto.