Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano: “L’asineria al potere”

Marco Travaglio e l'editoriale sul Fatto Quotidiano
Marco Travaglio e l’editoriale sul Fatto Quotidiano

ROMA – “Per dire come siamo ridotti, ci tocca pure dar ragione a D’Alema – scrive Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano – Renzi parla di cose che non conosce, confidando nel fatto che non le conosca nessuno, grazie alla collaborazione straordinaria dei tg e dei giornali”.

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Sulla giustizia dice che in “20 anni di derby ideologico fra berlusconiani e antiberlusconiani” non s’è fatta una sola riforma: invece se ne sono fatte 120, con i bei risultati a tutti noti; e lui prepara la 121 esima, degno coronamento delle altre 120. Sull’abolizione delle elezioni per il Senato dice che “se ne parla da trent’anni”, mentre nessuno – a parte Gelli nel Piano di Rinascita del 1976 – ne aveva mai parlato né sentito il bisogno. Sulle Province dice “le abbiamo abolite”, invece s’è limitato a cambiare loro il nome, ad abolire le elezioni e a moltiplicare le poltrone. Sull’articolo 18 dice che è “vecchio di 44 anni”: invece è stato riformato due anni fa, quando lui era contrario.

Dice pure che “D’Alema ha avuto la fortuna di governare quando c’era la crescita: è allora che bisognava riformare il mercato del lavoro”. Infatti fu riformato con la legge Treu del 1997, con la Maroni-Sacconi del 2003 e con la Fornero del 2012: col risultato di moltiplicare i precari e i disoccupati che lui, perseverando sulla stessa strada, vorrebbe ridurre. La cialtroneria, il pressappochismo, l’ignoranza crassa e la menzogna sistematica per nascondere le tracce sono i tratti distintivi di questa “nuova” classe politica che dà lezioni alla “vecchia guardia”. E, come diceva Goethe, “nulla è più terribile dell’ignoranza attiva” tipica di chi vuol dimostrare ogni giorno di essere giovane e nuovo. Per dirne una: lo sapevano e lo scrivevano tutti che l’avvocatessa Teresa Bene non aveva i titoli per entrare al Csm: non è docente ordinario e non ha 15 anni di professione forense. Ma l’han votata lo stesso: ieri è stata cacciata perché ineleggibile. Un figurone. Renzi, almeno, conserva un punto a suo favore: quando la vecchia guardia faceva danni, lui non c’era. Ma i nove decimi dei suoi renzini, riciclati dell’ultima o penultima ora, c’erano e facevano danni anche loro. Eppure fanno i bulli con la stessa sua protervia nuovista, manco fossero nati ieri. Sentite questa: “Non credo che un dirigente del Pd dovrebbe provare imbarazzo a stare vicino a metalmeccanici che difendono il proprio lavoro e i propri diritti solo perché qualche estremista passa di lì”. È di Matteo Orfini quand’era ancora dalemiano e spiegava “perché sarò in piazza con la Fiom”. Era il 22 febbraio 2012 e la Fornero si accingeva a una riforma dell’art. 18 molto più blanda di quella annunciata da Renzi col consenso di Orfini (ma non della Fornero, che li scavalca entrambi a sinistra). Oggi Orfini annuncia: “Se ci sarà una manifestazione della Cgil, la guarderò in tv, il sindacato ha la colpa di essersi voltato dall’altra parte”. Lui invece ha cambiato verso, ma soprattutto poltrona: presiede il Pd renziano. Nel 2002 Cofferati portò 3 milioni di lavoratori al Circo Massimo contro B. che voleva levare l’articolo 18. E a spellarsi le mani c’era Piero Fassino: “Sull’articolo 18 il governo ha fatto una sciocchezza” urlava, eccitatissimo per la “manifestazione serena e compatta di un grande movimento di opposizione”. Per Paolo Gentiloni, “la straordinaria manifestazione di Roma non è in contrasto col nuovo riformismo”. Non poteva mancare Enrico Morando, ora viceministro dell’Economia e gran tifoso di Renzi contro l’articolo 18, come pure Gentiloni e Fassino. Ieri Roberto Giachetti contava quanti giorni han governato Bersani, D’Alema, Bindi e altri antirenziani, dimenticando quanti giorni han governato i neorenziani: “Sono stati al governo migliaia di giorni e ancora pontificano e propongono soluzioni miracolose come se non avessero mai potuto mettere alla prova i loro messaggi salvifici”. Vuoi vedere che Giachetti è appena atterrato da Marte? Può essere, sempreché sia solo omonimo del Giachetti che dal ‘ 93 al 2001 fu il braccio destro di Rutelli al Comune di Roma, poi 13 anni fa entrò alla Camera per non uscirne più: prima Margherita, poi Ulivo, infine Pd. E ancora pontifica. Perché Renzi è come il Dash: lava più bianco.

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