ROMA – “Il ragazzo della via Pal”, questo il titolo dell’editoriale a firma di Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano:
Se non sapessimo che l’affidamento in prova al servizio sociale fu pensato negli anni 70 per educare i reietti della società a inserirvisi, penseremmo che il provvedimento del Tribunale di sorveglianza di Milano per il “detenuto Berlusconi Silvio” sia opera di un fine umorista. Così come il commento rilasciato dai suoi legali Coppi e Ghedini, molto soddisfatti per la “decisione equilibrata anche in relazione alle esigenze dell’attività politica del presidente”. Cioè del frodatore pregiudicato detenuto appena ricevuto a Palazzo Chigi dal premier Renzi per discutere della riforma della Costituzione.
Ricapitoliamo: il rieducando“è ancora persona socialmente pericolosa”, ma con buone speranze di recupero. Il fatto che abbia risarcito i danni e le spese processuali alla parte civile (10 milioni e rotti all’Agenzia delle Entrate, da lui frodata con reati “reiterati per anni” per 360 milioni di dollari, quasi tutti prescritti) è “indice di volontà di recupero dei valori morali perseguiti dall’ordinamento” ed “evidenzia la scemata pericolosità sociale” del soggetto a rischio.
Il settantottenne palazzinaro, tycoon, finanziere, editore, padrone del Milan e di un sacco di altre cose, il leader del centrodestra da 20 anni, il sette volte parlamentare e tre volte presidente del Consiglio (il più longevo della storia repubblicana) è descritto dai giudici come un ragazzo della via Pal, un teppistello di periferia senz’arte né parte, affetto da “insofferenza alle regole dello Stato poste a tutela dell’ordinamento e della civile convivenza”, che sbarca il lunario sulla strada tra furti, bravate e marachelle perché nessuno gli ha insegnato l’educazione ed è pure “stato capace di influenzare l’ambiente (specie quello politico e giornalistico, ndr) in direzione incompatibile con le regole del diritto e dell’ordinato vivere civile”. Ora però, data la tenera età, dà timidi segni di ravvedimento e promette di non farlo più: insomma merita un’altra chance. Purché, si capisce, d’ora in poi righi diritto e si renda utile al prossimo per “almeno 4 ore consecutive alla settimana”, cambiando il pannolone, il pappagallo e il pitale agli anziani, perlopiù malati di Alzheimer, della Fondazione Sacra Famiglia di Cesano Boscone. Un’attività, questa, che più del carcere “può svolgere funzione rieducativa e di recupero sociale della persona”, “sostenendo e aiutando il soggetto a portare a maturazione quel processo di revisione critica e di emenda oggi in fieri”.
La scelta del luogo è tutt’altro che casuale: il richiamo alla Sacra Famiglia lo indurrà a tenere i pantaloni abbottonati, viste le difficoltà manifestate in tal senso nella sua difficile adolescenza, causa un’approssimativa educazione sentimentale. Nel frattempo, per la prima volta in vita sua, il minore dovrà tenere “concreti comportamenti nell’ambito delle regole della civile convivenza, del decoro e del rispetto delle istituzioni”, evitando di frequentare le cattive compagnie, in ciò parzialmente aiutato dalla lontananza dell’amichetto Marcello. E rispettare “regole e istituzioni”, munito di un buon manuale di educazione civica, astenendosi dall’insultare i magistrati con le consuete frasi ”offensive” in “spregio dell’ordine giudiziario” che, “se reiterate, ben potrebbero inficiare quegli indici di resipiscenza” mostrati dal deviante una volta preso con le mani nella marmellata.
Il giovine avrebbe preferito fare il “motivatore di disabili” in un centro della Brianza, ma i giudici hanno preferito di no: anche perché quel centro non è stato ancora costruito, cioè non esiste proprio. Dargli retta avrebbe accresciuto uno dei tratti tipici della sua immaturità: quello che lo porta a vivere, e a far vivere gli altri, in mondi paralleli del tutto immaginari (…)
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