Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano: “Severino e sederini”

Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano: "Severino e sederini"
Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano: “Severino e sederini”

ROMA – “Martedì 20 ottobre – scrive Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano – la Corte costituzionale si pronuncia sulla legittimità di una parte della legge Severino: quella che conferma la legge del 1990 sugli amministratori comunali, provinciali e regionali e sospende per 18 mesi quelli condannati in primo grado, o arrestati, o sottoposti a misure di prevenzione per reati gravi, estendendola a tutti i delitti contro la Pubblica amministrazione (abuso d’ufficio compreso); e dichiara decaduti e ineleggibili i condannati in via definitiva”.

L’editoriale di Marco Travaglio: (…) Quest’ultima sanzione (non penale, amministrativa) – altra novità – vale anche per i parlamentari, purché condannati a più di 2 anni, mentre la prima curiosamente no. La Severino fu scritta a più mani dal governo Monti e votata a fine 2012, appena in tempo per le elezioni 2013, da tutti i partiti presenti in Parlamento (destra, centro e sinistra), tranne Di Pietro e l’Idv, che la consideravano troppo blanda. Perché quella straordinaria unanimità? Semplice: per strappare al M5S, appena uscito primo dalle urne in Sicilia e in costante crescita nei sondaggi, l’esclusiva sulla battaglia per il Parlamento pulito. Nessuno, men che meno FI, sospettava che il primo parlamentare della nuova legislatura a sperimentare la Severino sarebbe stato B. al processo Mediaset per frode fiscale, che tutti davano avviato alla solita prescrizione: non avevano fatto i conti con la sezione feriale della Cassazione che, resistendo a pressioni indicibili, trasformò B. in un pregiudicato da spedire ai servizi sociali e cacciare dal Senato. La qual cosa avvenne il 27 novembre, fra gli alti e trasversali lai di chi sproloquiava su una presunta violazione del diritto: l’applicazione “retroattiva” della Severino, in realtà inesistente perché B. si era candidato dopo la sua approvazione (votata anche da lui e dal suo partito). Dunque sapeva benissimo che, in caso di condanna, sarebbe stato espulso dal Senato (…).

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