ROMA – “Tra le più deplorevoli e in qualche caso francamente disgustose manifestazioni di spirito anti repubblicano e di disprezzo istituzionale – scrive Mario Pirani su Repubblica – si collocano le ondate di vilipendio nei confronti del Presidente della Repubblica”, un miscuglio “destra-sinistra che innalza per portabandiera,il Fatto Quotidiano, ispirato da giornalisti che vantano curricula prestigiosi che sembrano smarriti, alla ricerca oggi di un estremismo di riferimento che in gioventù li repelleva”.
L’editoriale del 6 gennaio 2014:
Inalberato ora in prima persona, da ex magistrati d’assalto alla Ingroia che dimessa la toga hanno puntato al laticlavio o ad altre cariche pubbliche di potere. Vien da pensare per assonanza al formarsi e al disciogliersi di gruppi e gruppetti verdi, trotzkisti, ex comunisti di dispersa origine, extra parlamentari che in questi anni hanno ingombrato liste e listarelle, destinate in partenza al fallimento. Due i fronti d’attacco: l’Europa e il Presidente della Repubblica. Basta leggere qualche riga da Giornale, Libero e Fatto:«Voce roca ed occhi fissi. Più che un discorso è un’orazione funebre », «Imbrogli da Quirinale. Napolitano si scaglia contro la Casta di cui è il capo», «Molta tristezza l’ottavo monito del PresidenteMonarca. Triste il tentativo di recuperare uno straccio di rapporto con la gente comune…», «Imbroglio da Quirinale» ecc. Tutte frasi che potrebbero essere perseguite penalmente, ma che Giorgio Napolitano si è abituato a lasciar passare. Il punto è forse che per procedere sarebbe necessaria la richiesta del ministro della Giustizia, che non viene quasi mai fatta per la reticenza del Presidente. «Tra i beni costituzionalmente rilevanti — sentenzia la Corte — va annoverato il prestigio del Governo, dell’Ordine giudiziario e delle Forze Armate in vista dell’essenzialità dei compiti loro affidati. Ne deriva la necessità che di tali istituti sia garantito il generale rispetto anche perché non resti pregiudicato l’espletamento dei compiti predetti… Non si esclude, peraltro, che in regime democratico siano consentite critiche, con forme ed espressioni anche severe, alle istituzioni vigenti e tanto sotto il profilo strutturale quanto sotto quello funzionale (al caso attraverso le persone e gli organi che ne sono esponenti); anzi tali critiche possono valere ad assicurare, in una libera dialettica di idee, il loro adeguamento ai mutamenti intervenuti nella coscienza sociale (sent. n. 199 del 1912) in ordine ad antiche o nuove istanze. Secondo la comune accezione del termine, il vilipendio consiste nel tenere a vile, nel ricusare qualsiasi valore etico o sociale o politico all’entità contro cui la manifestazione è diretta sì da negarle ogni prestigio, rispetto, fiducia, in modo idoneo a indurre i destinatari della manifestazione a disprezzo delle istituzioni o addirittura ad ingiustificate disobbedienze. Ciò con evidente e inaccettabile turbativa dell’ordinamento politico — sociale, quale è previsto e disciplinato dalla Costituzione vigente. Il che, per le ragioni sopraccennate, non esclude che si possa, ma con ben diverse manifestazioni di pensiero, propugnarne i mutamenti che si ritengano necessari ». Una smodatezza e una continuità di attacchi al Capo dello Stato in cui si ravvisa un voluto attacco alla Costituzione.