BERGAMO – Massimo Giuseppe Bossetti era nei pressi della Città dello Sport di Brembate Sopra mentre YaraGambirasio faceva ginnastica artistica. Bossetti potrebbe averla controllata, pedinata. È successo almeno tre volte nei giorni precedenti la sparizione della ragazzina. A scoprire questo nuovo indizio è l’analisi delle celle telefoniche, analisi ripetuta in queste ore dagli specialisti dello Sco della polizia e dal Ros dei carabinieri. Questa analisi sembra confermare l’ipotesi degli inquirenti che l’uomo avesse ‘puntato’ la sua vittima, che ne abbia studiato le abitudini prima di avvicinarla la sera del 26 novembre 2010 e portarla via.
Fiorenza Sarzanini ricostruisce sul Corriere della Sera tutti i “gravi indizi di colpevolezza” emersi in questi giorni che hanno portato il giudice Ezia Maccora ad ordinare la custodia cautelare in carcere per il muratore di 43 anni ritenuto l’assassino di Yara.
“Sono cinque i punti intorno ai quali ruota l’accusa. Oltre al Dna, alle polveri di calce trovati addosso alla vittima e ai dati relativi al cellulare, ci sono le «incongruenze» nel racconto dell’indagato e le bugie raccontate da sua madre Ester Arzuffi ostinata a negare che i due gemelli non siano i figli del marito Giovanni Bossetti, ma di Giuseppe Guerinoni. E il quadro si è arricchito due giorni fa con un’ammissione fatta dallo stesso indagato durante l’interrogatorio: «Quando venne fuori la storia che l’assassino era il figlio illegittimo di Guerinoni andai da mia madre Ester e gli chiesi se lo conosceva». Perché? Bossetti dice di non aver mai saputo di avere un altro padre. Quella richiesta potrebbe quindi essere indicativa della sua volontà di scoprire se l’inchiesta poteva puntare a lui o se invece andava in una direzione sbagliata”.
La Sarzanini spiega che Bossetti, nel momento della sparizione di Yara era presente in zona. Ciò sarebbe stato scoperto attraverso l’esame delle celle del telefonino:
“(….).Alle 17.30 del 26 novembre 2010 Yara esce di casa per andare in palestra. Il tragitto è di poche centinaia di metri, impiega al massimo dieci minuti. Alle 17.45 Massimo Giuseppe Bossetti è nella stessa area, parla al cellulare con il cognato. Scrive il giudice: «L’utenza intestata all’uomo aggancia la cella di via Natta di Mapello compatibile con le celle agganciate dall’utenza in uso a Yara Gambirasio e alle 18.49, quando riceve un sms dall’amica Martina, aggancia la medesima cella. Tale ultima circostanza assume rilievo in una valutazione globale e non isolata degli indizi a carico di Bossetti. La circostanza che il cellulare dell’indagato abbia agganciato la cella di Mapello rafforza il quadro probatorio a suo carico in quanto è certo che Bossetti la sera del 26 novembre non si trovava in un luogo diverso da quello in cui è scomparsa Yara». Dopo l’emissione dell’ordinanza il quadro si è arricchito di nuovi elementi. Perché l’analisi dei tabulati mostra la presenza di Bossetti davanti alla palestra mentre Yara faceva ginnastica. È lui l’uomo di cui Yara parlò con il fratello Natan? Nel luglio 2012 il ragazzino ricorda che nell’estate del 2010 lei gli confidò di avere «paura di un signore in macchina che andava piano e la guardava male quando lei andava in palestra e tornava a casa percorrendo la via Morlotti. Aveva una barbettina come fosse appena tagliata e una macchina grigia lunga». Yara glielo fece vedere una volta che erano in chiesa. Natan dice che era «cicciotello» e mercoledì scorso, quando gli hanno mostrato le foto, non ha riconosciuto Bossetti. Il giudice ritiene che sia comunque «un indizio che merita di essere approfondito»”.
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