ROMA – “Il bambino che è in noi”, questo il titolo del Buongiorno di Massimo Gramellini sulla Stampa di oggi (3 dicembre). “Assiepati festosamente nelle curve dello Juventus Stadium al posto degli squalificatissimi ultrà – scrive Gramellini – i ragazzini delle scuole medie non hanno approfittato dell’occasione per intonare un canto scout o una poesia di Gianni Rodari, ma per gridare «merda» al portiere avversario ogni qual volta il tapino si accingeva a rinviare il pallone”.
L’articolo integrale:
Assiepati festosamente nelle curve dello Juventus Stadium al posto degli squalificatissimi ultrà, i ragazzini delle scuole medie non hanno approfittato dell’occasione per intonare un canto scout o una poesia di Gianni Rodari, ma per gridare «merda» al portiere avversario ogni qual volta il tapino si accingeva a rinviare il pallone. Lo stupore degli adulti è stato grande, così come la loro indignazione. Ma da chi mai avranno imparato, le creature innocenti, a irridere il rivale anziché applaudirlo calorosamente? Il dilemma deve avere attraversato anche la mente di quel padre di Riccione che domenica aveva ricevuto la visita dei carabinieri dopo avere trascorso la mattinata sugli spalti di un campetto di provincia a insultare gli avversari della squadra del figlio.
Insomma, come è stato possibile? Ai piccoli fans delle curve si chiedeva di redimere quei luoghi infetti con una testimonianza di ilare sportività. Invece sono stati contagiati dal morbo ultrà, e non solo loro. Se il coro scatologico avesse risuonato dentro le classi, gli insegnanti avrebbero fatto schioccare i votacci. Mentre allo stadio, dove erano massicciamente presenti in veste di accompagnatori, lo hanno tollerato con liberalità. Del tutto simili al mio severo papà, implacabile nello sgridarmi quando da piccolo mi scappava una parolaccia, eppure prodigo di comprensione se l’improperio mi sgorgava sulle gradinate dello stadio, all’indirizzo della squadra dirimpettaia. Da sempre in Italia il calcio non è l’oppio dei popoli, ma il loro eccitante legalizzato.