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Massimo Mucchetti (Pd): “Vittoria di Pirro, Renzi ne prenda atto”

di Gianluca Pace |9 Agosto 2014 14:01

Massimo Mucchetti (Pd): “Vittoria di Pirro, Renzi ne prenda atto”

ROMA – “Questa riforma del Senato è una vittoria di Pirro, Renzi ne prenda atto” dice il senatore del Pd, Massimo Mucchetti, intervistato da Repubblica:

Senatore, non ha partecipato al voto.
«Ma ha letto il mio blog? C’è qualche primizia…».
Scrive che «i 101 non erano tutti dalemiani » e ricorda che Renzi stoppò la candidatura di Prodi «a soli 7 minuti da quel voto». Oggi ha consumato la frattura definitiva con il gruppo?
«Faccio parte di un gruppo che consente nel regolamento il voto in dissenso sulle materie costituzionali. Non esiste, insomma, questo problema».
Il senatore Tonini aveva espresso dubbi, in realtà.
«Ma chi cavolo è Tonini? Il partito è una roba grande. Personalmente, poi, temo poco. Anche perché non avendo la tessera è complicato espellere uno che non fa parte del club…».
Dal club no, dal gruppo sì…
«E cosa fanno, espellono venti persone e poi chiedono loro di votare per il premier? Questo rischio non c’è mai stato, al massimo la sgradevolezza nei rapporti personali».
Parliamo dei numeri: 183 voti sono pochi?
«Caspita se sono pochini! Politicamente parlando è una mezza sconfitta, se pensa che la platea era almeno di duecentotrenta. Considerando FI mancano sessanta voti».
È un dato che impone una riflessione a Renzi?
«Mi auguro che il premier sappia far tesoro dell’esperienza».
Voi però uscite sconfitti da questa battaglia, senatore.
«Noi eravamo solo un gruppo di una ventina di senatori, all’atto pratico la riforma è passata con soli dieci voti in più della maggioranza che sostiene il governo, faccia lei…».
Non avete votato contro: vi siete tirati indietro?
«Ma scusi, per me la non partecipazione al voto significa dire: “Non riconosco questo gioco e non ci gioco”. Insomma, è un atto politico più forte del voto contrario, tanto è vero che l’hanno fatto anche i cinquestelle. Noi l’abbiamo fatto stando in Aula per rispetto alla grammatica istituzionale che altri non hanno».
Passa Mario Mauro sibilando: “È una vittoria di Pirro”.
È davvero così, senatore?
«Sì. Che il governo abbia portato in porto il disegno mi pare ovvio. Poi però il titolo qual è, “Senato approva oggi la riforma” oppure “Draghi tira le orecchie all’Italia”? Io ho fatto il giornalista: quella del Senato non è una notizia, dai…».
È un primo passo significativo.
«E vabbe’, ne mancano altri tre o quattro ».
Ma secondo lei arriverà in porto questo ddl?
«Sì, questo sì. Il problema è come. Qui hai avuto 183 voti. Mi sembra un risultato assai modesto, mentre seguendo altre strade avresti potuto avere un consenso pressocché unanime. E poi, mi spiega il senso di un Senato di consiglieri regionali nominati?».

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