ROMA, 27 GEN – “Se questo Parlamento vota la legge elettorale avvia una stagione costituente e si può arrivare con la legislatura perfino al 2018”, queste le parole di Matteo Renzi, intervistato dal Messaggero, se, al contrario, “affossano la riforma elettorale, sfruttando il voto segreto, andiamo subito a votare con la legge proporzionale che ci ha lasciato la Consulta perché sarebbe la conferma che questo Parlamento è inaffidabile”.
L’intervista completa al Messaggero:
Che succede ora nel governo?
«Non so. Io mi occupo di riforme, di lavoro, di tagli ai costi della politica. Il governo e i ministri sono un problema di Letta».
Veniamo allora alle riforme. Il Pd resterà compatto in Commissione e in Aula o ci saranno emendamenti di singoli?
«Il lavoro dei gruppi e della Commissione è prezioso e ogni proposta va valutata anche alla luce delle posizioni espresse da tutti i partiti che hanno sottoscritto la riforma elettorale. Il Pd ha comunque già deciso lunedì scorso. Il punto vero è che siamo ad un passaggio straordinario perché abbiamo a portata di mano una legge che finalmente garantisce un vincitore. Inoltre si supera il Senato e si mette un freno ai poteri delle Regioni e agli sprechi dei consigli regionali. E’ un tris francamente straordinario, poi ben venga il lavoro di tutti per migliorarlo».
Margini per cambiare qualcosa ci sono? Si può abbassare lo sbarramento al 4%?
«Margini ci sono sempre se c’è l’accordo dei contraenti. Vorrei però capire per far che cosa. Penso sia venuto il momento di sottrarre la materia ai super-specialisti».
Si riferisce all’appello pubblicato ieri da un gruppo di costituzionalisti?
«Esatto. Ventinove brillanti costituzionalisti che sostengono che la proposta di riforma va bene a patto che si levi il premio di maggioranza, si introducano le preferenze e si tolga lo sbarramento. A questo manipolo di scienziati del diritto mi viene da dire che in Italia questa legge c’è già stata ed è quella della prima Repubblica. Se la vogliono non devono affaticarsi molto, basta riprendere quella che avevamo e che ci porterà al paradossale risultato di tornare al pentapartito».
Di fatto è la legge proporzionale che ci ha lasciato la Consulta
«Sostanzialmente sì. Ma soprattutto non bisogna dire ai professori che poi ci toccherebbe fare il governo con Berlusconi. Quella che vogliono loro è quella che ci impone di fare ancora nella prossima legislatura, il governo con il Cavaliere».
Intende dire che oltre a questa ipotesi di riforma non c’è altro se non il voto?
«Se in Parlamento c’è una maggioranza di persone che non vuole il premio di maggioranza, vuole abbassare lo sbarramento e introdurre le preferenze, diciamo a costoro di non affaticarsi troppo nell’inventarsi una propria proposta. Diciamo bocciate questo accordo e poi andremo a votare con le preferenze e vedremo quanti avranno il consenso in ventisette mega-circoscrizioni».
Come si spiega questa voglia di ritorno alle preferenze?
«Non c’è dubbio che molti di coloro che chiedono le preferenze lo fanno ad alta voce salvo poi discutere a bassa voce di altro. Magari lo fanno per ottenere le candidature multiple o abbassare la soglia di sbarramento. Rispetto questo atteggiamento, ma penso che una classe politica degna di questo nome debba mettere un bando all’ipocrisia».
Pensa che molte delle correzioni proposte servano a smontare la riforma?
«Qui non si tratta di smontare la proposta il che sarebbe legittimo se dopo vent’anni di chiacchiere se ne smonta una per farne un’altra».
Ci sarà pure una modifica che ritiene più opportuna e possibile delle altre
«Per esempio sarebbe intelligente alzare la soglia minima di raggiungimento del premio portandolo dal 35 al 38%. Ne stiamo parlando già da qualche giorno con FI e Ncd e consentirebbe di ridurre l’entità del premio di maggioranza al 15%. Ogni legge è migliorabile, soprattutto se si tratta di legge elettorale, ma contesto il metodo di coloro che parlano di preferenze per portare a casa altro».
Con chi ce l’ha, con Alfano?
«No, perché lui le ha chieste da subito. Mi ricordo però che nel Pd ero l’unico a chiederle e a difenderle quando mi davano dello screanzato. Qualcuno arrivò a parlare di questione morale. Basta rileggersi un po’ di dichiarazioni passate per vedere che la posizione di qualcuno è pretestuosa. In vent’anni questi hanno solo chiacchierato. Ora siamo ad un passo dal risolvere il problema e porre la base per un cammino nuovo».
Ovvero?
«Ci sono le riforme istituzionali e le riforme del welfare e del lavoro. La legge elettorale è solo il primo passo per un grande cambiamento. I politici devono cominciare da loro stessi per dare il buon esempio e poi si cambia. Approvare una legge così, anche a livello di credibilità internazionale, vale più di una finanziaria».
Tra gli inconcludenti degli ultimi vent’anni c’è pure Berlusconi?
«Beh, se si fa posso sempre dire che lui ci ha messo vent’anni e io un mese e mezzo, il tempo delle primarie. Ora però c’è una parte del Pd che dice ”siccome piace a Berlusconi, questa riforma non si deve fare“. E’ un atteggiamento che denota una sudditanza culturale e psicologica da correre il rischio di dover chiamare il medico».
Però con il Cavaliere molti suoi colleghi sono rimasti fregati
«Chi dice ”siccome piacciono a Berlusconi non piacciono a me”, ha consegnato la propria coscienza e la propria intelligenza e il proprio spirito critico mani e piede al Cavaliere. E’ una forma di subalternità intellettuale».
Quindi sbaglia Vendola a dire che lei ha riportato in auge il Cavaliere?
«Berlusconi c’è e ci sarà finché milioni di italiani lo voteranno. Una parte della sinistra deve far i conti con questo dato di fatto. Non è un prodotto della nostra immaginazione, ma un politico che da vent’anni prende voti dei nostri concittadini. La legittimazione di Berlusconi non la dà Vendola, non la dà Bersani e non la dà Renzi, ma milioni di italiani che lo votano e, come è noto, gli alleati si scelgono, gli avversari no. A Vendola chiedo invece di sapere se vuol stare con noi o no. Da Pisapia a Zedda, governiamo con Sel. Noi vogliamo sapere se nel centrosinistra che facciamo e in un chiaro sistema dell’alternanza, Sel è con noi».
Ci sono più conservatori nel Pd o nei piccoli partiti?
«I conservatori sono dovunque. Sono nella burocrazia, nella politica sparsi in modo diffuso. I conservatori non mollano, resistono, sperano nella palude».
Come si battono?
«A chi sta in Parlamento dico che il ragionamento ora è rovesciato. Fino a poco tempo fa si diceva: ”non facciamo la legge elettorale perché altrimenti si vota”. Ora siamo a un punto diverso: se facciamo la legge elettorale il Parlamento ha l’opportunità di riscattarsi dalla brutta pagina dell’elezione del presidente della Repubblica e da questo ultimo anno. Con la riforma elettorale dimostra di aver ingranato una marcia diversa e di aver preso la strada delle riforme e la legislatura può anche andare persino al 2018».
Quindi ha torto Brunetta a dire che dopo la legge elettorale c’è subito il voto?
«Se questa legge elettorale passa si può andare alla scadenza naturale della legislatura. Se invece qualcuno, in nome della sacrosanta battaglia sulle preferenze, decide di affossare la legge magari nel segreto dell’urna, penso sia opportuno dar loro la possibilità di misurarsi subito con le preferenze».
Perché il Quirinale dovrebbe sciogliere le Camere se dovesse essere bocciata?
«E’ evidente che se a scrutinio segreto questo Parlamento affossa anche la legge elettorale certifica la propria inaffidabilità. Il bivio è questo».
Qualcuno sostiene che lei ha fretta di andare al voto.
«E’ proprio il contrario. Il mio destino personale viene dopo la possibilità di fare le riforme e cambiare le regole del gioco. Non mi interessa portare all’incasso della campagna elettorale il consenso di oggi, mi interessa cambiare l’Italia. Se cambiamo la legge elettorale possiamo immaginare un percorso costituente della legislatura».
Quindi tutto di corsa per concludere quando?
«Entro aprile e in prima lettura anche il Senato e il Titolo V».
Alfano l’accusa di volere una legge elettorale che lo spinga nella braccia di Berlusconi. E’ vero?
«Ho un ottimo rapporto personale con Angelino Alfano e quello che ho da dirgli glielo dico in faccia e senza giri di parole. Lui con Berlusconi c’è stato benissimo per vent’anni e ci sta ora in tutte le campagne amministrative delle prossime settimane. Se vuole sganciarsi da Berlusconi abbia il coraggio di dirlo e non dia ad altri la responsabilità delle sue scelte politiche. Per il momento ha fatto un gesto di rottura sul governo, ma il partito di Alfano si chiama Nuovo Centrodestra ed è stabilmente dentro la coalizione di Silvio Berlusconi».
Pensa di ritrovarsi alle prossime elezioni contro Alfano o contro Toti?
«Come le ho appena detto io mi scelgo gli alleati non gli avversari».
Oltre alla legge elettorale c’è da scrivere il patto di programma. Come pensa di procedere?
«Ne discuteremo nella prossima direzione del partito e aspettiamo anche di conoscere le idee del presidente del Consiglio».
Quando firmerete il patto?
«Il prima possibile. Discuteremo in direzione e poi si chiude subito in modo che si possa andare avanti rapidamente. Letta è il capo del governo. Il capo del governo ha il pieno appoggio del Pd che gli dice semplicemente: è l’ora di passare dalle parole ai fatti. Subito».
I commenti sono chiusi.