Matteo Renzi. Scalfari: “Non giova all’Italia. Modello Mussolini pericoloso”

Matteo Renzi. Scalfari: "Non giova all'Italia. Modello Mussolini pericoloso"
Matteo Renzi. Di lui Scalfari ha scritto: “Quel che vuol fare
non giova all’Italia. Si ispira troppo a Mussolini”

Matteo Renzi non piace a Eugenio Scalfari e non è difficile capirlo. Tanto Matteo Renzi è rozzo, del genere che ti parla con la gomma da masticare in bocca, quanto Eugenio Scalfari è raffinato, delicato anche quando è brutale.

Nel suo editoriale del 5 gennaio su Repubblica, Scalfari ha colpito Renzi con un uno due che sarebbero micidiali, se gli italiani, a partire da direttore e redattori della stessa Repubblica, fossero capaci di analisi così precise.

1. Quel che sta facendo Renzi non fa bene all’Italia. 2. Il modello che sembra impersonare Renzi, del leader solitario, è quello di Mussolini: pericolo.

“Matteo Renzi sta mettendo a punto il programma del Pd per lo stesso periodo di tempo e si già capito che, fermo il suo impegno con il presidente Napolitano a sostenere per tutto l’anno prossimo il governo Letta, il neo-segretario del Pd tenderà a render la vita difficile ad Alfano.

L’obiettivo di Matteo Renzi è evidente: lui non può rompere con Letta, ma cerca di provocare la rottura da parte di Alfano. I diritti delle coppie di fatto sono soltanto una di quelle punture, ma di spillo poiché non è su quel punto che Alfano romperà.

Le riforme, questo è l’aspetto più arduo e quindi: il cambiamento dei contratti di lavoro, degli ammortizzatori sociali, l’eventuale rimpasto di governo, la legge elettorale, gli esodati. Materia ce n’è, l’obiettivo che Renzi coltiva è un governo monocolore del nuovo Pd. Alfano ci stia come voto aggiuntivo ma non determinante. Dunque elezioni a maggio? Mai dire mai, specie se fosse Alfano a rompere.

Personalmente credo che buona parte dei giovani del Pd coltivino il progetto d’un monocolore del proprio partito e quindi elezioni anticipate. Ma la domanda da porsi è un’altra: un progetto del genere giova all’interesse nazionale oppure no? La mia risposta è no, non giova.

Il paese ha da molti anni a questa parte una destra sovversiva, populista, demagogica. Forza Italia è questo, Beppe Grillo è questo, la Lega è questo. Alfano ha rotto con Forza Italia e con la Lega; Beppe Grillo non parla con nessuno e – ove mai – sarebbe Berlusconi a parlare con lui.

La sinistra riformista italiana ha interesse a consentire ed anzi ad aiutare per quanto possibile la nascita e il consolidamento d’un centro-destra repubblicano ed europeo. Molti si chiedono quale sia il vero compito della sinistra riformista italiana. Ebbene, è appunto questo: aiutare il centro-destra repubblicano a rappresentare il secondo attore dell’alternanza democratica.

Il programma di Matteo Renzi è l’opposto: ributtare un Alfano impotente nelle braccia di Berlusconi. Se questo è l’obiettivo di Matteo Renzi, a me sembra pessimo. Spero soltanto che né Letta né lo stesso Alfano entrino in questa trappola. La ricerca del compromesso è il solo antidoto al fanatismo, all’integralismo e all’assolutismo. Mi auguro che lo ascoltino anche i politici di casa nostra. Soltanto col compromesso e non col radicalismo si rafforza la democrazia.

Ernesto Galli Della Loggia riafferma la sua visione di un leader democratico che, secondo lui, vive e cresce sul carisma e sulle decisioni che deve prendere in perfetta solitudine. Questo è il ritratto da lui disegnato e identificato con Renzi sempre che non si faccia condizionare dai suoi colonnelli.

Ognuno è libero di pensare come vuole. Io continuo a credere che il ritratto da lui fatto fa sul Corriere della Sera somigliasse molto di più al Mussolini del ventennio 1923-1943, ma se lui pensa a Renzi e non al capo del fascismo, francamente non è un regalo che fa al sindaco di Firenze.

Nella Dc della prima Repubblica De Gasperi era un leader ma non certo solo e dopo di lui il gruppo dirigente fu sempre folto e differenziato, c’era Fanfani, c’erano Moro e Segni, Colombo, Dossetti, Andreotti, Bisaglia, Forlani, Zaccagnini, Gava, De Mita. Me ne scordo qualcuno.

Nel Pci l’ideologia faceva da cemento ma il gruppo era anche lì fitto e il leader lo teneva nel dovuto conto. Insieme a Togliatti, in tempo clandestino, c’erano Tasca, Terracini, Negarville e Scoccimarro. Poi Longo e Secchia e Amendola e Ingrao e Napolitano e Berlinguer e Rodano e Macaluso e Cossutta e Pajetta e Chiaromonte e Occhetto. Anche qui me ne scordo parecchi.

Il capo assoluto e solitario è un’immaginazione. In Italia l’abbiamo vista spesso, anche molto recentemente, ma questo è un altro discorso non certo auspicabile”.

 

 

 

Gestione cookie