ROMA – “Merkel ferma Juncker: troppo europeista” scrive Gian Micalessin del Giornale. “Dietro la decisione – scrive Micalessin – della Merkel di calpestare le promesse rivolte agli elettori si nasconde la necessità di evitare la fuga dall’Europa di David Cameron e dell’Inghilterra”.
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Dopo la strabiliante vittoria degli euroscettici di Nigel Farage, e la propria umiliante retrocessione a capo del terzo partito britannico, David Cameron avrebbe ottime ragioni per dire addio agli imbarazzanti sodali di Bruxelles e dedicarsi alla riconquista dei consensi britannici. Ovviamente la mossa segnerebbe, se non la fine della Ue, almeno un suo brusco ridimensionamento. Per evitarlo Angela può solo offrire la testa di Juncker. Una testa simbolicamente rilevante visto che l’ex premier lussemburghese è un’irriducibile europeista convinto della necessità di limitare la sovranità degli stati e favorire la nascita di una federazione degli Stati Uniti d’Europa. Come dire il contrario di quanto serve per recuperare la fiducia dei britannici e degli altri europei attratti dalle sirene euroscettiche.
Così, per non farsi scappare Londra e non regalar spazio agli avversari, la Merkel spinge tutti al consueto mercato delle vacche.Anche stavolta il nome del presidente della Commissione verrà deciso all’interno del Consiglio Europeo nel corso di sfibranti negoziati fra governi e verrà fatto votar agli ubbidienti deputati del Parlamento. A guidare i giochi ci penserà il grigio Herman Van Rompuy, un presidente sconosciuto alla maggioranza degli europei e privo di futuro al di fuori di Bruxelles. In tutto questo, paradossalmente, gli unici a opporsi ai diktat della Merkel non sono i deputati del Ppe, ma i deputati socialisti. «È comico che Juncker abbia il supporto di socialisti e democratici – denuncia il socialista austriaco Hannes Swoboda- ma sia bloccato dalla sua stessa famiglia politica». Ma durerà poco. Nel grande gioco di scambi e ricompense si spegneranno anche le indignate lagnanze di quei socialisti europei guidati da François Hollande, Martin Schulz e dal «vincitore » Renzi. Schulz potrà sempre barattare qualcosa per i compagni di partito seduti al fianco di Angela nella Große Koalition tedesca. E Renzi e Hollande, alla fine, non si stracceranno troppo le vesti per uno Juncker rottamato dal suo stesso partito. E la giostra di Bruxelles tornerà a girare. Come prima e peggio di prima.