VENEZIA – “Alza il culo e vieni qua!“. E’ una segretaria che dà ordini così a un assessore regionale. E’ tutto scritto tra le carte dell’inchiesta sul Mose, dove Claudia Minutillo tutto pare, tranne che la dattilografa di Giancarlo Galan. Gian Antonio Stella sul Corriere della Sera ricostruisce il ruolo di quella che viene chiamata “Dama Nera”:
Scrive Stella:
Nera, era nera senz’altro. Neri gli occhi, neri i capelli, neri i tailleur a tubino che indossava sempre come una divisa, neri i gioielli e nere talvolta le unghie laccate. Che fosse una «Dama» in senso stretto, piuttosto, è tutto da dimostrare. Anzi, per i modi spicci e la brutalità del linguaggio emerso dalle intercettazioni telefoniche e ambientali, linguaggio che potrebbe far arrossire un camallo sboccato, la protagonista della nostra storia potrebbe intonare l’inno della Berté: «Non sono una signora / ma una per cui la guerra / non è mai finita…».
Sempre in guerra, la Minutillo. In guerra per arrivare più in alto, per avere più potere, più soldi, più appalti… Ma soprattutto in guerra prima per avvicinarsi il più possibile a Giancarlo Galan ai tempi in cui era non solo «el Governador» ma il Re Sole del Veneto azzurro e poi per allontanarsene più in fretta possibile nei giorni del precipizio. Da fedelissima tra i fedelissimi a «infedelissima» tra gli infedeli, decisa a cavarsela scaricando tutto sugli altri. Primo fra tutti, si capisce, l’uomo che l’aveva issata ai vertici del potere (quello vero, non quello formale) della Regione.
Come fosse nella sua prima vita, dedicata al lustro del «Colosso di Godi», nomignolo guadagnato dall’ex presidente per l’amore godereccio per la vita, lo racconta Renzo Mazzaro nel libro «I padroni del Veneto», che anticipò molto di quanto è venuto a galla in questi giorni: «Galan riceveva gli ospiti stravaccato sul divano e si vedeva subito che non era uno stakanovista. Claudia Minutillo era sempre nel raggio di due metri, la sua ombra. La chiamavano la Dark Lady e non solo perché vestiva di nero: fisico asciuttissimo, elegante, di rado sorridente, teneva le chiavi di tutti gli accessi al presidente. Fino a diventare troppo ingombrante».
Quindi le carte dell’inchiesta e il “bancomat” per tutti:
Spiegherà ai magistrati Piergiorgio Baita, l’uomo forte dell’impresa di costruzioni «Mantovani» e del Consiglio Direttivo del Consorzio Venezia Nuova nonché generoso «bancomat» dei politici coinvolti, che la «Minu», come la chiamavano gli amici, «era l’assistente del Presidente Galan. Ma il mercato ovviamente la chiamava la vice Presidente, nel senso che era noto che qualunque richiesta, appuntamento, atto richiesto al Presidente Galan veniva veicolato attraverso la dottoressa Minutillo». Rileggiamo? «Il mercato»: questo era ciò che ruotava intorno ai vertici della Regione. Un mercato. Dove tutto o quasi tutto appariva in vendita. Con le regole della sana concorrenza sfalsate da pressioni, interferenze, «regali di Natale», bustarelle.
Giancarlo Galan, che il collega calabrese Chiaravalloti definì un giorno «un simpaticissimo e valente pescatore d’altura che talora si dedica con pari successo alla politica», era il Dominus. L’uomo di fiducia del Cavaliere e in quanto tale il capo indiscusso del partito, della Regione e del Veneto. Ma la bricola cui dovevano tutti ormeggiare la barca, negli anni d’oro, era lei. La «Minu», che i nemici avevano ribattezzato per quella passione per il nero col soprannome di «Morticia». La padrona di casa della famiglia Addams. Rideva allora il governatore, ammiccando agli amici: «Sono un liberale, libertario e libertino, nel senso settecentesco del termine». Certo è che la sua futura moglie ebbe a un certo punto il dubbio che il «libertinaggio» potesse essere equivocato.
E così un bel giorno, racconta ancora Mazzaro, decise di liberarsi di quella donna troppo attaccata al marito: «Sandra Persegato pone il classico ultimatum: o lei o me. Giancarlo non ha scelta. Claudia Minutillo ci resta malissimo, ma nel cambio guadagnerà: comincia con la già ricordata Bmc Broker di San Marino, poi ingrana la quarta con Adria Infrastrutture, società lanciata oggi negli appalti stradali». Le chiederanno i magistrati: «Insomma, da quel momento lei passa dall’altra parte, nel senso che passa a lavorare per il Baita». «Esatto».
La storia sarà ricostruita passo passo dall’Espresso sotto un titolo indimenticabile, «Claudia, la segretaria ne ha fatta di super strada». Trampolino di lancio, ovvio, quel ruolo di segretaria: «La signora sfoggiava modi spicci e un’aria vagamente manageriale, ma certo nessuno si aspettava di ritrovarla, a quattro anni di distanza, addirittura a capo di un piccolo gruppo finanziario-industriale. Costruzioni, immobili, editoria: un network di società, tutte targate Minutillo, nate e cresciute dopo che la collaboratrice di Galan ha lasciato il suo incarico in Regione». Certo è che, fosse o meno ancora la segretaria di Galan, la Minutillo è rimasta per «il mercato» la «vicepresidente».
Basti leggere negli atti processuali il modo in cui trattava l’assessore alla Mobilità e alle Infrastrutture, Renato Chisso, il cui potere era destinato a crescere dopo lo stizzito addio del «Galan Grande» alla presidenza della Regione. Le serve che l’assessore metta una firma su un’autorizzazione? Prende il cellulare e gli intima: «Scusa, vai sempre a mangiar da Ugo, alza il culo e vieni qua». E il succubo Renato, «che era a mangiare in ristorante», scrivono i magistrati, si affrettò a passare dove gli era stato chiesto «rassicurando che non vi sarebbero stati problemi». Insomma, annotano gli inquirenti, «le modalità perentorie con cui la Minutillo dice a Chisso di venire subito sono più proprie del modus di riferirsi ad un dipendente subordinato che a un assessore regionale».
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