Mps e Fondazione: legame Siena-Messico, Alberto Statera e Massimo Sideri si interrogano

Mps e Fondazione: legame Siena-Messico, Alberto Statera e Massimo Sideri si interrogano
Mps e Fondazione: legame Siena-Messico, Alberto Statera e Massimo Sideri si interrogano (foto Lapresse)

ROMA Le vicende di Siena, della sua banca, il Monte Paschi e del principale azionista che fu, la Fondazione Monte Paschi, sono sempre oggetto di attenzione, ancor di più dopo le vendite d importanti pacchetti azionari della banca dalla Fondazione a grossi investitori del Nord e del Centro America.

Alberto Statera, su Repubblica, tratta da par suo le ultime da quel di Siena:

“La città “acchiocciolata”, come Guido Piovene definì Siena, dopo anni di lutto ora vuole smettere di piangere morti e feriti e si consola strologando sulla salvezza della Mamma-Fondazione, che sembra proprio cosa fatta. «Voi vedé — dicono in Campo guardando in su verso palazzo Sansedoni — che bonini bonini l’abbiamo sfangata?»

“Si, perché la Banca da secoli ha dato lavoro a ogni famiglia senese, avendo nel Seicento potere di vita e di morte sui suoi dipendenti e anche sui clienti. Ma la Fondazione ha garantito gli “sfizi”. Con una benefica pioggerella che bagnava tutti, in una “bolla” umida di benessere. Si invocava una sorta di presunta diversità culturale, che nascondeva in realtà i peccati di un sistema fondato sul cosiddetto “groviglio armonioso”: politica e banca, chiesa e massoneria, ex comunisti e berlusconiani. Un blocco di potere e di intrallazzi che ha portato sull’orlo di fallimento la Banca, ma anche la Fondazione, che in un decennio ha distribuito “armoniosamente” qualcosa come un miliardo ed era al fallimento, oberata di 400 milioni di debiti.

“«Maremmani, Dio ne scampi i cani», si sentiva imprecare quando in città giunse la grossetana Antonella Mansi, giovane vicepresidente della Confindustria mandata alla missione impossibile senese come presidente della Fondazione.

La lettura fu che si costituiva un nuovo blocco di potere catto-confindustriale alternativo a quello post-comunista- catto-massonico. Dopo mesi di scontri epici con due calibri da novanta come Alessandro Profumo e Fabrizio Viola, che la Fondazione volevano sopprimerla anticipando l’aumento di capitale nel gennaio scorso, la maremmana è adesso guardata con un po’ meno di sufficienza. E i due banchieri d’alta gamma hanno perso invece un po’ del loro prestigio, con un certo sbertucciamento da parte di una ragazza di Grosseto che le banche le aveva viste fino a qualche mese fa solo come correntista o debitrice”.

“Certo, la Fondazione non è più il cuore della senesità pura, con la vendita di un altro 6,5 per cento della Banca ai fondi Fintech e Btg Pactual, che riduce al 5,5 il capitale di Mps in suo possesso, quota che scenderà ancora al 2,5 con l’aumento di capitale. Ma il debito è coperto e rimane un tesoretto di 300 milioni per partecipare all’aumento di capitale e diversificare gli investimenti. Il fallimento, che tre o quattro mesi fa sembrava inevitabile, almeno è scongiurato.

«Diversificare» è la parola d’ordine per la sopravvivenza.

La maremmana vorrebbe rilanciare presto le “erogazioni”, ma si può scommettere che è finita la benefica epoca alluvionale, che arricchiva l’humus senese come le sponde del Nilo. Lacrimeranno inconsolabili in tanti: l’Accademia dei Fisiocratici come l’Associazione Basketball Generation, il Circolo degli Uniti come la Fondazione Siena Jazz o l’Associazione Amici miei, probabilmente ispirata al Tognazzi della Supercazzola. Non potrà più acquistare calzature, bandiere e e armature medievali l’Associazione dei Cavalieri di Santa Fina di San Gimignano e perderanno i finanziamenti senesi anche la Fondazione Notte della Taranta di Melpignano (Puglia) e — su questo ci contiamo — la Fondazione Ravello (Campania) dell’onorevole Renato Brunetta, che colà possiede una villa. Forse se ne faranno una ragione. Diversificare, poi forse ricominceranno le “erogazioni”, come pudicamente le definisce la Mansi, magari senza troppi riguardi ai potenti di turno.

“I nuovi soci forti del Monte dei Paschi di Siena attraverso la Fondazione, vengono dal Sudamerica e questo ha suscitato qualche interrogativo nelle informatissime osterie senesi sull’intrecciarsi di fili tra il Monte dei Paschi con quelli che portano a Telecom. I due cavalieri bianchi “forestieri” arrivati in soccorso della Fondazione hanno avuto a che fare con Telecom, ancora partecipata da Intesa, Mediobanca, Generali e Telefonica. Fintech si è addirittura comprata per quasi un miliardo di dollari la quota di Telecom Italia in Telecom Argentina.

“Ciò che induce Il Sole 24 Ore a chiedersi se il capitalismo di relazione italico, che si riteneva ormai boccheggiante salvo la sua difesa a oltranza del presidente di Intesa Giovanni Bazoli, non abbia in realtà allargato i confini verso il continente sudamericano. Se vogliamo poi coltivare le dietrologie, che a Siena sono pane quotidiano, David Martinez Guzman, il messicano che con la Fintech sbarca in Fondazione specializzato in asset distressed, sarebbe un legionario di Cristo, uno di quei cattolici integralisti che qualche problema creano in Vaticano anche col sudamericano Papa Francesco. Ma a Siena, figurarsi, nulla fa scandalo nell’incrociarsi dei poteri.

“Nel circuito toponomastico che va da Giovanni Amendola a Silvio Gigli, da Goffredo Mameli a Artemio Franchi, da Camillo Benso di Cavour a Luciano Bianchi, ex sindaco ed ex presidente del Monte dei Paschi di Siena campione della “ convergenza dei poteri”, tutti uniti nella fede massonica, lo sberleffo sembra vietato. Quando entra nella sala della Residenza per anziani Villa Rubini Manenti, il sindaco Valentini respira: «Avete visto? La Fondazione è riuscita a vendere un altro pacchetto azionario. L’avevo detto io che era contendibile e che era un grosso affare». Ma il caro modello della Città-Banca o Banca-Città è perso ormai nella notte dei secoli”.

Sul Corriere della Sera, Massimo Sideri approfondisce la figura di David Martinez Guzman “l’investitore-ombra”:

“Per comprendere David Martinez Guzman, il finanziere nuovo socio della banca senese, bisogna tentare di mettere insieme tanti pezzi sparsi, alcuni mai confermati. Guzman ci ha messo del suo: anche se parla volentieri con la stampa, non ha mai voluto rilasciare interviste approfondite sul proprio profilo e il suo fondo Fintech advisory, con sede alle isole Vergini, non ha nemmeno un sito Internet. Nell’era di Facebook e Google Guzman riesce a schermarsi e anche trovare una sua fotografia è un’impresa.

“Il suo profilo da investitore è talmente basso che secondo alcuni media messicani potrebbe essere un «ghost investor», che rappresenta anche interessi altrui.

“I fatti certi della sua vita sono: 1) È nato a Monterrey nel 1957, città del nord del Messico dove vive ancora la sua famiglia e dove, come un orologio svizzero, torna ogni anno il 24 dicembre per il cenone natalizio.

2) Ha studiato all’istituto tecnologico di Monterrey, ha ottenuto un Mba ad Harvard e ha lavorato a Citigroup a New York.

3) Nel 1987 è tornato in Messico e grazie a 300 mila dollari della nonna ha fondato Fintech mettendo insieme una squadra di analisti specializzati in Paesi e società in crisi dove investire: uno dei primi acquisti è stato il gruppo messicano tessile e chimico Cydsa oberato da 400 milioni di debiti e pagato 40.

4) Ama l’arte e nel 2012 è stato incluso della classifica dei 200 più importanti collezionisti al mondo della ARTnews.

5) Nonostante sia messicano ha molti interessi in Argentina e non solo per avere acquistato da Telecom Italia Telecom Argentina.

“Cablevision è la tv via cavo ed è controllata per il 60% dal principale gruppo media del Paese, Clarin, che pubblica l’omonimo importante giornale di sinistra che si oppone al kircherismo. Proprio per questo motivo Guzman è considerato una sorta di ago della bilancia dalla «presidenta» argentina Cristina Kirchner. Tanto che in passato è intervenuto duramente contro la giustizia Usa che aveva dato torto al governo argentino sul non-pagamento dei Tango bond. Negli ultimi tempi si era interessato alla Grecia a un passo dal crac: resta da capire se, guardando dall’ultimo piano del grattacielo di New york, ci vede simili ad Atene”.

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