“NY Times, le grandi firme lasciano per i new media”. Mastrolilli sulla Stampa

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Matt Bai

NEW YORK (STATI UNITI) – Le grandi firme del New York Times dicono addio e vanno verso i new media. L’ultimo a lasciare è il notista politico Matt Bai che va a “Yahoo! News”.

Scrive Paolo Mastrolilli sulla Stampa:

Talenti in fuga dal «New York Times». Però non bisogna fraintendere: il problema è molto più serio della semplice crisi di una pur prestigiosa testata. Piuttosto è il sintomo dell’incerta trasformazione che sta sconvolgendo l’intero mondo del giornalismo.

Gli ultimi a lasciare la «Gray Lady» sono Brian Stelter, specialista di media, che andrà alla «Cnn» per condurre il programma «Reliable Sources»; Matt Bai, prima firma della politica, che passa a «Yahoo! News»; e Hugo Lindgren, ex capo del magazine domenicale. Bai andrà a lavorare per Megan Liberam, ex direttore editoriale del «Times», che due settimane fa si era portata via anche il columnist David Pogue. Prima di loro erano scappati Nate Silver, il genio delle statistiche che aveva azzeccato per due volte consecutive i risultati delle elezioni presidenziali, finito col suo blog alla «Espn»; e Rick Berke, già vice direttore, passato al sito «Politico» come direttore esecutivo.

È impossibile sottovalutare il peso di queste uscite. Noi incontrammo la prima volte Berke nel 1992, perché il dipartimento di Stato aveva organizzato un viaggio per politici e giornalisti di tutto il mondo alle presidenziali, e lui era stato scelto come guida introduttiva a Washington. Da allora in poi non aveva fatto altro che salire, e sembrava destinato alla poltrona più alta.

Guardando i singoli casi, tutte le fughe hanno una spiegazione individuale: ambizione, nuove opportunità offerte dai media digitali, soldi, insoddisfazione o contrasti con la direzione di Jill Abramson. Il «Times», peraltro, ribatte che ha ancora 1.100 giornalisti di talento e continua ad assumerne, come ha fatto di recente con Jason Horowitz strappato al «Washington Post».

Nell’insieme, però, tante uscite sono un fenomeno. Il «New York Times» era una destinazione: chi riusciva a metterci il piede dentro, restava fino alla pensione. Ora, invece, è plausibile andare via. I media tradizionali sono in crisi, alla disperata ricerca di un nuovo modello che li faccia sopravvivere. Nel frattempo i giornalisti che sono riusciti a trasformarsi in un «brand» personale emigrano dove possono, in genere verso i new media.

Yahoo, Google, Microsoft, eccetera, hanno tutti bisogno di contenuti: o li costruiscono dal nulla, oppure prendono professionisti rodati, arrivando magari a comprare direttamente le testate, come ha fatto Jeff Bezos col «Washington Post».

Alla Journalism School della Columbia University, quella dei premi Pulitzer, lo ripetono ormai da anni: «Il giornalismo – dicono – sopravviverà alla morte delle sue istituzioni». Intendono che ci sarà sempre un mercato per l’informazione competente, anche se il «New York Times» smetterà le pubblicazioni in carta. È vero che smartphone, blog e internet hanno reso tutti giornalisti, ma pochi possono raccontare Washington come Berke o Silver.(…)

 

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