Il Corriere della Sera: “L’incoraggiamento di Obama all’Italia”. L’altro prezzo della fiducia. Editoriale di Massimo Gaggi:
Ventiquattro ore a Roma parlando di misericordia col Papa e della necessità di rendere più forte ed efficace il dispositivo militare dei Paesi europei della Nato nei colloqui col premier Matteo Renzi e col presidente Giorgio Napolitano. I demoni di un possibile conflitto evocati in relazione all’aggressione russa dell’Ucraina poco dopo aver ribadito l’impegno a soccorrere gli ultimi del mondo, sconfiggendo la povertà estrema nei Paesi più arretrati e a promuovere una maggior giustizia sociale in quelli ricchi di risorse distribuite in modo sempre più diseguale.
Barack Obama, l’ex avvocato dei diritti della povera gente di Chicago, il costituzionalista «liberal» che, da «commander-in-chief » della potenza planetaria, è costretto a prendere decisioni terribili, dallo spionaggio alla «kill list » dei terroristi da eliminare, si trova spesso a dover mettere insieme valori etici, diritti civili e impegni a usare la forza per mantenere l’ordine internazionale. Ma il primo incontro con papa Francesco e gli appuntamenti con le autorità italiane potevano presentare qualche insidia in più per il presidente Usa: dalla contraccezione all’aborto, nei suoi anni alla Casa Bianca Obama ha avuto sempre rapporti difficili con la gerarchia ecclesiastica statunitense, mentre l’effervescente Matteo Renzi, il quarto presidente del Consiglio che Obama incontra da quando è alla Casa Bianca, rappresentava pur sempre un’incognita.
L’ultima volta fu due anni fa, aprile 2012: ultima esercitazione congiunta fra Russia e Nato, al computer, simulazione di una difesa antimissilistica. Ma da allora, e già prima di allora, quante cose erano e sono successe. Negli ultimi 10 anni, Vladimir Putin ha aumentato del 79% le spese militari della Russia e oggi vi dedica il 4,5% del suo prodotto interno lordo. Nello stesso periodo i 28 Paesi Nato, piccoli o grandi, tagliavano alla grande i loro bilanci, incalzati dalla recessione economica. Giù le armi, almeno nei registri contabili: i militari dell’Alleanza, da 1.940.342 che erano nel 2006, sono scesi a 1.453.028 nel 2012. Il Canada ha abbattuto le sue spese militari per una somma pari al 7,6%, del Pil, l’Ungheria per l’11,9%, la Spagna per l’11.9%, l’Italia per l’10,3% (prima del presunto cambio di rotta sugli F-35). E così via.
Oggi gli Usa, che pagano il 72% di tutti i conti Nato, spendono in armi il 4% del loro Pil, meno della Russia. Secondo i dati dell’Agenzia europea della difesa e di altre fonti ufficiali, la Germania sta all’1,3% la Francia all’1,9%, l’Italia all’1,2%, e la spesa minima prevista per essere membri a pieno titolo della Nato è (sarebbe) pari al 2% del Pil nazionale. E se Mosca azzannasse di colpo un’altra Crimea, magari il bacino ucraino del Don? Lo «spread» fra i titoli di Stato, scherza un ufficiale nella sala mensa del quartier generale Nato a Bruxelles, non basterebbe a respingere i cosacchi.
Il vero partito trasversale che Matteo Renzi e la sua cerchia temono davvero non è quello del sistema elettorale proporzionale; né quello dei difensori delle Province. L’opinione diffusa è che si tratti in entrambi i casi di ostacoli superabili: sia misurando e governando i malumori della minoranza del Pd; sia arginando lo sbando e dunque le incognite provenienti da Forza Italia, attraverso il rapporto diretto tra il premier e Silvio Berlusconi. L’insidia viene invece dal «partito invisibile» della burocrazia. È da lì che il governo teme di vedere i propri sforzi frustrati nelle prossime settimane; e con un rischio crescente di apparire inconcludente a mano a mano che si avvicinano le elezioni europee.
La partita che si sta giocando sui tagli alla spesa pubblica è, in buona parte, anche il tentativo di piegare resistenze più forti di qualunque «sì» apparente: tanto più coriacee di fronte all’inesperienza di molti ministri e sottosegretari, e alla volontà e a volte quasi all’ossessione di Renzi a fare presto, perché le urne sono vicine e Palazzo Chigi non si può permettere una bocciatura. Formalmente, l’operazione è affidata a Carlo Cottarelli, l’uomo della spending review . Ma il suo ruolo sta assumendo contorni diversi.
La prima pagina di La Repubblica: “Renzi a Obama: l’Italia taglierà le spese militari”.
La Stampa: “Obama scommette su Renzi”.
Turchia, audio choc sulla guerra in Siria Oscurato YouTube. Scrive Marta Ottaviani:
A tre giorni da un voto amministrativo chiave per la Turchia, la censura si abbatte sul web per la seconda volta in una settimana e ora il motivo si chiama Siria. Ieri pomeriggio la Tib, l’Authority per le Telecomunicazioni, ha bloccato Youtube, che segue la stessa sorte di Twitter, oscurato giovedì scorso.
Proprio ieri era comparsa la più compromettente delle intercettazioni telefoniche pubblicate fino a questo momento, nella quale il ministro degli Esteri, Ahmet Davutoglu, il dirigente dei servizi segreti, Hakan Findan, il sottosegretario agli Esteri, Feridun Sinirlioglu e il vice capo di Stato Maggiore, Yasar Gurel, parlavano della creazione di un casus belli contro la Siria. Davutoglu, durante la registrazione, dice chiaramente che il premier islamico-moderato, Recep Tayyip Erdogan, in questa congiuntura, considera una guerra contro Damasco «un’opportunità».
Il Fatto Quotidiano: “518 politici vanno dal Papa. Francesco: Via i corrotti”.
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Il Giornale: “Meno Europa per tutti”. Politici e ladroni, Dio perdona, Papa Francesco no. Editoriale di Vittorio Macioce:
Il Papa non perdona. L’inferno dei politici è cominciato all’alba. E Sua Santità dice che questo è solo un assaggio. Sveglia alle cinque per cercare la cravatta giusta. Poi comincia la processione dei papaveri: 298 deputati, 176 senatori, nove ministri, diciannove sottosegretari, ventitré ex parlamentari con tanto di vitalizio. In tutto sono circa cinquecento. Qualcuno alla fine si è dato malato. Destinazione San Pietro. C’è la messa del Papa. Che fai non ci vai?Magari l’anno prossimo si vota perfino in Italia. L’appuntamento è alla Domus Santa Marta, ingresso laterale, «porta della preghiera ». Quelli che non vogliono farsi riconoscere arrivano con le auto blu. Davanti all’altare i posti sono stati già assegnati il giorno prima. Non si sa se con il manuale Cencelli o scelti dalle segreterie. Qualcuno si lamenta che non ci sono le preferenze. I più rammaricati sono i parlamentari di Campania, Puglia, Calabria e buona parte delle circoscrizioni siciliane. Quelli del Lazio, furbi, fanno finta di nulla. La messa è alle sette. Quando comincia l’omelia tutti si aspettano la carezza del Papa. Invece parte la sberla. Francesco non dice neppure buongiorno. «I peccatori pentiti saranno perdonati. I corrotti no». E qui tutti si guardano in faccia per capire se sta parlando così in generale o ha preso di mira quel gruppetto al centro. Quando il Papa li chiama sepolcri imbiancati si è capito che ce l’ha con ognuno di loro. Panico. Allora è vero che Dio è onnisciente? I corrotti sono il peggio del peggio. Poi magari ci stiamo noi scribi e farisei. Molto, molto più lontani dal perdono rispetto a maddalene e prostitute. Quelle con la lettera scarlatta verranno perdonate. I corrotti, gli scribi e i farisei neppure con la raccomandazione.