Occhio all’olio d’oliva: vanto del Made in Italy preda di truffatori

olioROMA – Olio d’oliva, cosa mettiamo in tavola? Se lo chiede un articolo sul Giornale di Andrea Cuomo e se lo chiede anche un libro dedicato al tema firmato da un giornalista americano, Tom Mueller. Se per il vino la filiera è più chiara, con maggiori garanzie per il consumatore, non si può dire lo stesso per l’olio, altro vanto italiano. Scrive Cuomo:

A Mueller non va giù, per dire, che gli antichi Romani avessero escogitato una filiera produttiva dell’olio assai più semplice ed ef­ficace di quella esistente. Tracce ne restano sul monte Testaccio di Roma, una collinetta artificia­le costruita con i resti delle anfo­re che trasporta­vano da ogni an­golo dell’impero l’oro verde:ognu­na recava indica­zioni su prove­nienza, produtto­re, peso, qualità, nome dell’impor­tatore e del fun­zionario che ave­va trattato la mer­ce: un modo per evitare frodi e contraffazioni. Frodi e contraffa­zioni che oggi in­fettano un mon­do altrimenti esaltante: camion carichi di olive«da taglio»che at­traversano l’Italia; pratiche illeci­te ma difficili da scoprire come aggiunta di aromatizzanti, colo­ranti, deodoranti; le mani della criminalità organizzata. Storie losche, squallide. Che si alimen­tano anche della scarsa cultura di noi consumatori per le caratte­ristiche di quello che è «un succo di frutta».

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