Opera Roma, Sergio Cofferati: “Volevano aprire ai privati, è stato un disastro”

Sergio Cofferati “Volevano aprire ai privati, hanno fatto un disastro”
Sergio Cofferati (LaPresse)

ROMA – Una sera, all’Opera di Roma, anche Sergio Cofferati fu contestato. “C’era la prima di Prova di Orchestra di Giorgio Battistelli. Gli Amici dell’Opera, capitanatti da Silvana Pampanini, avevano organizzato la contestazione contro un’opera moderna che per loro costituiva una provocazione. E trattandosi, come nel film di Fellini, di una rappresentazione in cui il sindacalista aveva un ruolo negativo, gli insulti non mi risparmiarono”. Cofferati, famoso melomane, sa di cosa parla quando parla di teatro e lirica. E non ci sta a scaricare tutto sulle spalle dei lavoratori.

L’intervista di Salvatore Cannavò sul Fatto Quotidiano:

Cosa non funziona in questa vicenda?

I problemi nascono in prevalenza dalla legge che ha istituito le fondazioni. Sono state prese a modello le fondazioni anglosassoni. Obbedendo all’ideologia – perché sempre di questo si tratta – secondo cui esiste il primato dei privati, al loro ingresso nel Cda non è corrisposto un investimento finanziario.

Privati spilorci?

A differenza del mondo anglossassone la legge italiana non offre adeguati vantaggi fiscali a chi investe. Per cui il loro contributo è stato irrilevante. Sul piano della certezza degli investimenti si è tradotto in un vero dramma. Il pubblico ha continuato a fare la parte primaria ma le risorse sono progressivamente calate. Gli equilibri nella gestione sono diventati sempre più difficili.

Il problema, quindi, non è solo Roma?

Ci sono almeno sette-otto fondazioni che si trovano sull’orlo del baratro. Il caso di Roma però dice che di fronte a un dramma che incombe non si affrontano i problemi nell’ordine giusto. Ma dalla coda. Si stritola l’anello più debole.

Ma i lavoratori non se la sono cercata?

No, si è voluto caricare sulle loro spalle la decisione del maestro Muti di andarsene. Ma nella sua lettera non c’è riferimento al sindacato. Secondo me, invece, ha capito che l’istituzione stava crollando e se ne è andato.

La vicenda romana dimostra che in Italia si può licenziare?

Dimostra soprattutto che se non ci fosse stata la discussione sui licenziamenti e la teorizzazione che è giusto che un’impresa faccia quello che vuole, il Cda dell’Opera non avrebbe preso la decisione che ha preso.

Colpa di Renzi?

Quando si crea un clima in cui il tema del licenziamento viene affrontato dando la colpa ai lavoratori e in cui tutti i problemi si possono risolvere dicendo che si può licenziare, i risultati sono questi.

C’è una precisa responsabilità del sindaco Marino?

Il Cda deve prendersi le sue responsabilità, non può scaricarle. Se il teatro va male la colpa non è mica del coro. Può costare troppo, può essere un problema nell’equilibrio dei conti ma non sono gli orchestrali a gestire il teatro. Se il teatro è stato portato al collasso ci sono responsabilità.

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