ROMA – Soldi e riciclaggio. Dietro la nomina — pilotata attraverso il sequestro di due prelati avversari — il superiore dell’Ordine dei Camilliani, padre Renato Salvatore e il suo commercialista di fiducia, Paolo Oliverio, puntavano agli affari.
L’inchiesta di Ilaria Sacchettoni sul Corriere della Sera:
Si ricava, cosi, dalle motivazioni depositate, che l’orizzonte criminale di Oliverio e padre Salvatore era più vasto di quanto inizialmente presunto. L’episodio del rapimento – va ricordato – era stato isolato casualmente, durante un’indagine per riciclaggio del pm della Direzione distrettuale antimafia Giuseppe Cascini. A questo proposito si legge: «E’ certamente lecito ritenere che il sequestro dei prelati sia stato posto in essere in maniera necessitata ed incidentale dagli indagati nell’ambito di una più ampia attività criminale di cui l’attività di riciclaggio è certamente parte». Il rapimento di padre Puca e padre Messina — allontanati nel giorno in cui si doveva eleggere il superiore generale in modo da non intralciare la nomina di padre Salvatore — non ha alcun senso «se non inquadrato in un contesto più ampio che vede nel controllo dell’Ordine dei Camilliani (con le connesse lucrose attività nell’ambito della sanità) il fine ultimo». L’obiettivo – al quale Oliverio prestò la sua strategia – era «il governo dell’ordine» religioso.
Ente indebitatissimo, che sta cercando di scongiurare il commissariamento vaticano. «E’ legittimo ipotizzare che una determinazione così forte abbia la sua ragion d’essere nella volontà di proseguire nelle attività illecite poste in essere “a tutto campo” da Salvatore, da Oliverio e dagli altri correi». E’ la prima volta che il nome del superiore di un’ordine religioso è associato in modo tanto diretto all’ipotesi di riciclaggio. E, mentre i finanzieri del Tributario sono al lavoro sui conti esteri di Oliverio, per i giudici è intuitiva la connessione «tra il procedimento che ci occupa e i reati per i quali sono state autorizzate le intercettazioni».
E se Oliverio rappresenta «l’anima del piano delittuoso», il contesto in cui opera è però molto inquinato: «L’estrema gravità dei fatti si apprezza per la partecipazione di appartenenti alle forze dell’ordine che sembrano essere a completa disposizione dei privati (Oliverio in particolare) per perseguire finalità che nulla hanno a che vedere con quelle istituzionali: è lecito ipotizzare un sistema generalizzato di abusi perpetrato con l’indispensabile collaborazione di pubblici ufficiali infedeli e, a quanto pare, in maniera inquietante, totalmente svincolati da controlli gerarchici». I difensori di Norgini e De Marco, però, contestano: «Che pericolo di reiterazione del reato può esserci visto che i nostri clienti sono stati sospesi dalla Finanza? L’ordinanza è un «copia e incolla” di frasi fatte senza aderenza con la realtà», dicono Mario e Davide De Caprio, annunciando il ricorso in Cassazione.
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