Papa Francesco, enciclica peronista: povertà colpa dei paesi ricchi

Papa Francesco, enciclica peronista: povertà colpa dei paesi ricchi
Papa Francesco (LaPresse)

ROMA – La demagogia è una tossina generale che inquina la politica e gli atti a contenuto politico. È la madre del populismo. Entrambi sono i genitori della popolarità malata. Queste considerazioni mi sono venute in mente leggendo, in questi giorni, l’ultimo parto dottrinale di papa Francesco, l’enciclica “Laudato sì“.

Come scrive Domenico Cacopardo su Italia Oggi,

un documento che va esaminato con animo laico, in modo da schivare la questione della fede e le sue conseguenze cioè il credere ciecamente, anche quando la massima autorità religiosa del cattolicesimo si inoltra in sentieri estranei al magistero: vari rami della scienza messi insieme in un arbitrario sincretismo, nella vana ricerca di un’unità di giudizio che è il contrario del moderno metodo scientifico.

In definitiva, dal testo esala l’odore tipico del giustizialismo (inventato da Peron), che poi, in varie forme, ha investito tanti paesi del Sud-America a cominciare dal Venezuela chavista per finire con la Cuba del despota Castro.

Non ci si può sorprendere. Questo papa viene proprio da là, dal mondo che ha covato e cova sentimenti antiamericani (del Nord) e anticapitalistici ed è perciò incapace di apprezzare i problemi economici e sociali del mondo attuale per quello che sono: problemi dell’evoluzione sociale, economica, finanziaria e scientifica che nascono, prima di tutto, nei paesi più sviluppati.

C’è un elemento di fondo che rende, però, scarsamente attendibile il discorso pontificio: è la mancanza del senso della storia e quindi del relativismo ontologico del mondo, una carenza, questa, che fa attribuire ai paesi ricchi i guai di quelli non sviluppati. La povertà, dunque, è colpa storica e presente del mondo occidentale avanzato per una sorta di determinismo che, da tempo, è uscito dalla farmacopea del pensiero contemporaneo. Asserzione, tra l’altro, non dimostrata né dimostrabile, a meno che non si sia animati dal pregiudizio che spinge tanti spettatori della sinistra radicale ad applaudire Francesco.

Già, non a caso avevamo iniziato ricordando la demagogia, elemento sotteso in tutte le 192 pagine del documento. Inoltriamoci brevemente nel testo: « l’essere umano ha diritto a vivere e a essere felice » Un’asserzione, questa, superficiale e gratuita, visto che si accompagna anche qui al richiamo al «diritto al lavoro». A questi tre diritti dovrebbero corrispondere altrettanti doveri, certo, ma a carico di chi?

Francesco I, papa del cattolicesimo, lo lascia intuire e lo dice: il dovere di far vivere l’essere umano, di renderlo felice e di dargli un lavoro dignitoso è dei governi dei paesi avanzati che debbono approntare le misure necessarie perché i tre diritti siano effettivi.

Riflettendo, qui demagogia, populismo ed effetti devastanti dell’adulante popolarità si saldano in una visione effettivamente giustizialista del mondo contemporaneo, volta a scardinare i fondamenti della convivenza mondiale a favore di un riequilibrio basato su una gratuita e utopistica ridistribuzione di beni e di risorse. «Oggi riscontriamo la smisurata e disordinata crescita di molte città che sono diventate invivibili dal punto di vista della salute, non solo per l’inquinamento ma anche per il caos urbano, i problemi di trasporto e l’inquinamento visivo e acustico », una vera e propria banalità che non metabolizza due considerazioni-presupposto: la crescita della vita media in tutto il mondo per il miglioramento delle condizioni alimentari, igieniche e sanitarie e lo sviluppo verificatosi in alcuni mondi contemporanei, come la Cina, l’India, il Brasile, il Messico, l’Indonesia e quello in corso in tante altre nazioni, asiatiche e africane, un neourbanesimo che è collegato al progresso e alla insorgenza di occasioni di lavoro (…)

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