Pd, altro che novità: poltrone a trombati e ripescati

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Matteo Renzi (LaPresse)

ROMA – Matteo Renzi promette cambiamenti, ma finora nella gestione del partito non si sono viste novità, a parte l’abolizio­ne dei cognomi, banditi dal­l’eloquio ufficiale.

Scrive Stefano Filippi sul Giornale:

Con Renzi dunque la «cogno­menklatura » è tornata nomenk­latura. Come quella che ha pre­so in mano il partito secondo scelte da Prima Repubblica. Renzi ha voluto che il suo princi­pale antagonista delle prima­rie, Gianni Cuperlo, diventasse presidente del partito. L’altro antagonista, Pippo Civati, ha espresso uno dei due vicepresi­denti, l’onorevole Sandra Zam­pa, ex portavoce di Romano Prodi, mentre l’altro è un ren­ziano doc, Matteo Ricci. Poltro­ne per tutti, col bilancino.

Nella direzione nazionale del Pd entrano poi i governatori e i sindaci delle maggiori città con in tasca la tessera del parti­to oltre a presidenti ed ex presi­denti del Consiglio, gli ex segre­tari e i candidati delle primarie: quindi D’Alema e Prodi,Bersa­ni ed Epifani, Franceschini e Veltroni, Fassino ed Errani. Per Franco Marini, ex presidente del Senato trombato nella cor­sa al Quirinale, è stato trovato un posto nella commissione di garanzia. L’unica della vecchia guardia tagliata fuori è Rosy Bin­di: in direzione non è prevista la presenza degli ex presidenti del partito.

Rinnovamento virtuale, dun­que. E neppure nel sistema di voto si è visto qualcosa di diver­so dalle procedure in vigore in Bulgaria. Renzi aveva il 70 per cento dei delegati all’assem­blea nazionale, ma le votazioni per eleggere le nuove cariche in­te­rne sono avvenute tutte per al­zata di cartellino e perciò quasi all’unanimità.Minoranze e dis­se­nso interno sono già state zit­tite.

E nonostante le promesse di trasparenza, non se n’è vista l’ombra quanto alla gestione fi­nanziaria. L’assemblea milane­se­di ieri doveva essere l’appun­tamento in cui comunicare il rendiconto delle primarie: quanti soldi spesi dai candida­ti, quanti soldi incassati da chi ha votato, come verranno im­piegati. Se non fosse saltato fuo­ri un delegato a porre il proble­ma, nessuno ne avrebbe fatto cenno. «Non voglio essere sol­tanto uno che alza a comando la tessera di delegato: voglio un ordine del giorno e conoscere in anticipo le candidature per poterle valutare, e voglio il bi­lancio delle primarie », ha prote­stato durante il dibattito il mon­zese Fabio Maggioni (…)

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