Pensioni. 7 milioni con meno di mille euro: ma contributi versati quanti?

di Redazione Blitz
Pubblicato il 3 Aprile 2014 - 09:58 OLTRE 6 MESI FA
Pensioni. 7 milioni con meno di mille euro: ma contributi versati quanti?

Pensioni. 7 milioni con meno di mille euro: ma contributi versati quanti?

ROMA – “Vivere con meno di mille euro al mese – scrive Michele Di Branco del Messaggero – Per 7 milioni di pensionati italiani, pari al 42,7% del totale, la dura realtà è questa. Ed anche se a migliaia incassano così poco perché sono andati a riposo molto presto totalizzando modeste retribuzioni, si tratta pur sempre di una cifra ai limiti dell’indigenza”.

L’articolo del Messaggero:

GLI SQUILIBRI

Colpisce molto, ad esempio, come il costo di chi sta sotto i mille euro (49,452 miliardi di euro) sia di poco superiore a quello di coloro, circa un milione di persone, che possono contare su più di 3 mila euro al mese (47,331 miliardi di euro).
Numeri alla mano, sono 211 mila i pensionati che percepiscono un assegno che va oltre i 5 mila euro. E poi ci sono 11 mila pensionati d’oro, lo 0,1% del totale, che a fine mese si vedono accreditare un bonifico superiore a 10 mila euro. L’importo medio annuo delle pensioni riferito al 2012 è pari a 11.482 euro, 253 euro in più rispetto all’anno precedente(+2,3%). Tuttavia occorre considerare che, su 16,6 milioni di pensionati, ciascuno ha percepito in media 16.314 euro all’anno (358 euro in più del 2011) tenuto conto che, in alcuni casi, un individuo può cumulare più di una pensione. Quanto alla spesa complessiva, lo Stato nel 2012 ha pagato 270.7 miliardi, con un aumento dell’1,8% rispetto all’anno precedente, mentre l’incidenza sul Pil è cresciuta dello 0,45% passando dal 16,8 al 17,2%. Un aumento destinato ad arrestarsi più avanti nel tempo, anche se le modifiche al sistema pensionistico introdotte tre anni fa dalla riforma Fornero cominciano già a produrre qualche effetto.
Infatti le persone che hanno iniziato a percepire una pensione nel 2012 (i nuovi pensionati) sono stati 626 mila, mentre sono 701 mila le persone che dal 2012 non figurano più tra i beneficiari. Inoltre, il reddito medio dei nuovi pensionati (14.068 euro) è inferiore a quello dei cessati (15.261 euro) e a quello dei pensionati sopravviventi (16.403), che già nel 2011 percepivano almeno una pensione.
I BABY PENSIONATI

Tuttavia, il sistema continua a pagare alcune storture del passato. Sono ancora circa 450 mila, infatti, gli italiani che approfittando di una legge firmata nel ’73 dal ministro del Tesoro Mariano Rumor incassano pensioni dopo essere andati a riposo mediamente intorno ai 41 anni. Si tratta delle celebri pensioni baby, poi cancellate dalla riforma Amato del ’92. Per circa vent’anni si poteva andare in pensione con 14 anni, sei mesi e un giorno di attività lavorativa se donne con figli. Oppure con 19 anni, sei mesi e un giorno se uomini. O ancora dopo 24 anni, sei mesi e un giorno se si era dipendenti degli enti locali. A milioni in particolare tra statali, autonomi e agricoltori ne hanno approfittato. Con un costo previdenziale complessivo che la ragioneria del ministero dell’Economia valuta in 150 miliardi. E ancora oggi (con un costo da 6 miliardi per le casse pubbliche, pari a quasi mezzo punto di Pil ) c’è chi da una quarantina d’anni incassa mille e trecento euro al mese. Mentre i baby pensionati sotto i mille euro al mese sarebbero poco più di 150 mila. Una minoranza, in pratica. I dati Istat dicono che il 67,3% dei pensionati è titolare di una sola pensione, il 24,9% ne percepisce due e il 6,5% tre mentre l’1,3% ne raccoglie quattro anche di più. 
Quanto a tipologia di trattamenti, la stragrande maggioranza della spesa complessiva è stata assorbita dalle pensioni di vecchiaia, al 71,8% del totale. Le donne rappresentano il 52,9% dei pensionati e percepiscono assegni di importo medio pari a 13.569 euro (contro i 19.395 degli uomini ). Oltre la metà delle donne (52%) riceve meno di mille euro al mese, a fronte di circa un terzo (32,2%) degli uomini. Il 47,8% delle pensioni è erogato al nord, il 20,5% nelle regioni del centro e il restante 31,7% nel mezzogiorno.