Pensioni. Fregare i pensionati: al ministero piace il colpo di Stato costituzionale

Pensioni. Fregare i pensionati: al ministero piace il colpo di Stato costituzionale
Pensioni. Fregare i pensionati: al ministero piace il colpo di Stato costituzionale

ROMA – Invece di pensare a come eliminare gli sprechi per recuperare gli effetti della sentenza della Corte Costituzionale sulle pensioni che ha rimediato al tragico errore del Governo Monti, il Governo sembra intenzionato a perseverare sulla strada diabolica della persecuzione, rivelando un animo persecutorio e giustizialista peronista nel momento in cui le misure punitive rimangono riservate a pochi eletti. Non si tratta più di un risparmio significativo per lo Stato, ma di una pura aggressione di stampo vetero comunista.
Per il Governo è un banco di prova importante proprio alla vigilia di una tornata elettorale: i pensionati sono tanti e con un significativo indotto di voti; difficile votare un Governo che ti odia.

Leggiamo le cronache di Federico Fubini su Repubblica e di Mario Sensini sul Corriere della Sera per farci un’idea. Scrive Fubini, ancora una volta portatore di una linea che sembra volere anteporre ai principi della legalità quella dei superiori interessi della burocrazia:

“Non è la prima volta e non sarà l’ultima. Logica del diritto, sostenibilità economica e convivenza europea sono già entrate in conflitto prima e lo faranno di nuovo.
Ciò che per la legge sembra ovvio, per il bilancio pubblico è quasi impossibile e per l’area euro è qualcosa di già vissuto in passato. Un anno e mezzo fa la Corte costituzionale portoghese bloccò alcune misure del piano di salvataggio del Paese. In Germania nel febbraio 2014 i giudici posti a tutela della Legge fondamentale fecero capire che la Banca centrale europea era in conflitto l’ordinamento tedesco. E venerdì scorso la Consulta di Roma ha annullato una norma approvata a larga maggioranza in parlamento per permettere all’Italia di rispettare un trattato sottoscritto dal Paese: quello sulla partecipazione all’euro e il rispetto delle sue regole”.

Non si può non notare l’errore insito in queste parole: non c’è solo il taglio delle pensioni per rispettare il fiscal compact: basterebbe tagliare gli sprechi.Il governo del dicembre 2011, guidato da Mario Monti, congelò per due anni gli scatti su tutte le pensioni dai 1450 euro in su in modo da ridurre il deficit, rendere il debito più sostenibile, garantire la continuità degli impegni dello Stato.

“Il conflitto fra interpretazione della Costituzione italiana, regole europee e risorse è più acuto che mai. Lo è al tal punto che, in ambienti del Governo, sta emergendo una tentazione: chiedere un rinvio del caso alla Corte di giustizia europea, per chiarire se la sentenza della Consulta italiana sia coerente con gli impegni di bilancio firmati a Bruxelles. Il nuovo Patto di stabilità (il “Six Pack” e il “Two Pack”) sono inclusi nel Trattato, dunque hanno rango costituzionale e il diritto europeo fa premio su quello nazionale. Il governo italiano potrebbe chiedere alla Corte di Lussemburgo se la sentenza dei giudici di Roma sia compatibile con essi”.

Insomma, una specie di colpo di Stato con sospensione delle garanzie costituzionali. In realtà, tranquillizza subito Federico Fubini,

“è difficile che alla fine il Governo prenda questa strada. Sarebbe la prima volta che un premier si rivolge alla giustizia europea contro la sua stessa Corte costituzionale e probabilmente Matteo Renzi vorrà evitare una mossa così destabilizzante. Più agevole per Palazzo Chigi e il ministero dell’Economia cercare di attenuare e circoscrivere, per ora, l’impatto dei rimborsi richiesti. In passato la Corte aveva indicato che un blocco temporaneo degli adeguamenti all’inflazione delle pensioni almeno otto volte sopra il minimo (da circa 4.000 euro in avanti) non viola Costituzione. Per gli assegni più alti è verosimile che per ora non scatti alcun pagamento, ma i risparmi sarebbero poca cosa rispetto all’ammanco di bilancio aperto dalla sentenza”.

Notare il linguaggio allusivo: ammanco, come se la rapina non l’avesse fatta lo Stato ma i pensionati.

Secondo i giudici la pensione è salario differito, dunque ridurla equivale a espropriare quanto l’ex lavoratore ha accantonato. Poco importa alla Consulta, in termini legali, che nella pratica molti di quei benefici siano molto sopra ai contributi effettivamente versati. Quei pensionati si sono ritirati con il sistema retributivo, cioè con versamenti parametrati agli ultimi salari e non ai veri contributi”.

Mario Sensini, sul Corriere della Sera, la mette giù meno dura:

“Il problema è giudicato serio dal Governo, ma gestibile senza troppi problemi, e con un impatto relativamente contenuto sui conti pubblici. La restituzione delle somme dovute ai pensionati per gli anni passati si scaricherebbe infatti, per il principio di competenza dei bilanci, sul disavanzo pubblico di quegli stessi anni. Nel 2012 e nel 2013, dunque, si registrerebbero un deficit ed un debito un po’ più alto, e l’unico problema concreto sarebbe sul bilancio del 2014, che già chiude con un deficit al limite del tetto del 3% del prodotto, e che deve ancora essere giudicato dalla Ue (che domani diffonderà le nuove previsioni economiche).
Il ripristino della rivalutazione su tutte le pensioni toccate dalla manovra Monti, quelle che superano il triplo del minimo, costerebbe 1,8 miliardi di euro nel 2012 e 3 miliardi dal 2013 in poi, secondo i calcoli dell’Avvocatura.
Il Governo, però, potrebbe decidere di non rimborsare tutti, ma solo i pensionati con gli assegni più bassi, limitando così il costo dell’operazione”

e dando così da lavorare a stuoli di avvocati.

“La mancata rivalutazione per il 2012-13 potrebbe rimanere ad esempio sulle pensioni superiori a sei volte il minimo ed essere articolata progressivamente in funzione del reddito, come prevedeva, per il 2014, il successivo decreto del governo Letta. Uno dei motivi della bocciatura del decreto Monti, del resto, è l’iniquità data dall’assenza di progressività. Le somme che il governo deciderà di restituire per il 2012-13 non dovranno essere coperto con misure compensative.
Più complessa la faccenda per i conti del 2014, mentre è più semplice per il 2015, visto che la rivalutazione delle pensioni, senza inflazione l’anno scorso, non c’è stata. «Parliamo di 3 miliardi l’anno, al massimo, e quindi non c’è da drammatizzare» dice Francesco Boccia, presidente della commissione Bilancio della Camera.
«Per il passato la restituzione si scaricherà sul deficit di quegli anni, ma per il futuro c’è margine di soluzione senza compromettere il rilancio ed il sostegno della crescita» aggiunge l’esponente della minoranza Pd, che suggerisce anche un metodo al governo. «Anticipiamo l’assestamento di bilancio del 2015. Invece di farlo a settembre facciamolo subito, a giugno: in quel contesto potremmo conteggiare anche la minor spesa per interessi che emerge, e utilizzarla per compensare il costo dell’operazione» dice Boccia. Che sposta il problema più in là. La Costituzione oggi ci impone il pareggio di bilancio: se ci fossimo già arrivati, a fronte della sentenza della Consulta, il governo avrebbe dovuto varare immediatamente una manovra correttiva. «Ci siamo autovincolati, dobbiamo riflettere» dice Boccia. «Le pregiudiziali di costituzionalità votate dal Parlamento sono una formalità. E la valutazione preventiva delle norme del tutto carente»”.

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