Per Ignazio Marino scatta metodo Letta, Giovanna Vitale su Repubblica

Per Ignazio Marino scatta metodo Letta, Giovanna Vitale su Repubblica
Per Ignazio Marino scatta metodo Letta, Giovanna Vitale su Repubblica

ROMA – “Per Marino scatta il metodo Letta così il Pd punta allo sgambetto” è il titolo dell’articolo di Giovanna Vitale su Repubblica:

A questo punto dipende tutto dal Pd. La reazione scomposta al ritiro del Salva Roma e il frontale con il premier Renzi ha finito per isolare ancora di più il sindaco Marino, convincendo anche Largo del Nazareno che “qui Campidoglio, abbiamo un problema”, come da mesi vanno ripetendo i dem romani, e che dell’uomo — del tutto digiuno di politica — non ci si può fidare.

L’amministrazione capitolina diventa dunque questione nazionale e come tale verrà trattata d’ora in avanti: il partito cittadino in stretto contatto con i vertici della segreteria per decidere se e come proseguire l’esperienza di governo. Tutti ormai consapevoli del fatto che comunque non durerà fino al 2018, ma sarà a scadenza, come lo yogurt: resta solo da stabilire quando. I più avventurosi suggeriscono persino una data: primavera 2015, allorché — dicono i bene informati — si dovrebbe andare a votare anche per le politiche.
Adesso però il dilemma è come gestire il presente e, soprattutto, il futuro prossimo. Se cioè spingere sull’acceleratore del rimpasto, raccogliendo l’assist lanciato ieri dal vicesindaco di Sel Luigi Nieri: «Dobbiamo riuscire a dare un grande impulso ad una fase nuova e complicata, la giunta dovrà essere adeguata a questo livello». Oppure utilizzare con Marino la stessa strategia messa in atto da Renzi con Letta prima di lanciare l’opa su Palazzo Chigi. Ovvero: lasciare che il sindaco faccia tutto da solo, come finora ha sempre fatto; tranquillizzarlo sul sostegno ma senza farsi coinvolgere nell’indicazione dei nuovi assessori (qualora avesse intenzione di cambiarli) né delle modalità per rilanciare se stesso e la sua squadra; separare i destini del partito da quelli dell’amministrazione, prendendosi la libertà di presentare proprie proposte alla città (come si farà col seminario sul bilancio in programma a metà mese) per costruire consenso e preparare l’alternativa.
Una strada, quest’ultima, giudicata di gran lunga migliore. Almeno fino alle Europee: prima di maggio — si ragiona in via delle Sette Chiese — non è prudente toccare niente, né la giunta né tanto meno il sindaco. Dopo, a seconda dei risultati, sideciderà se procedere con il rimpasto o, addirittura, aprire la crisi. Ma tutto sempre in stretto contatto con il Pd nazionale.
Lo dice chiaro e tondo il segretario romano Lionello Cosentino: «Cambiare gli assessori è l’ultimo dei miei pensieri». Non è una balla. La strategia, adesso, è inchiodare Marino alle sue responsabilità; smontargli l’alibi che sono i democratici, affamati di posti e di poltrone, a impedirgli di lavorare; offrire al contrario l’immagine di un partito collaborativo e propositivo per il bene della città. «Il decreto appena varato dal governo ciimpone un grande lavoro», dichiara infatti Cosentino, «e perciò a Marino dico di utilizzare fino in fondo le forze presenti in questa città, del Pd e non. Non basta una squadra piccola di poche persone», attacca, riferendosi al “cerchio magico” con cui il sindaco governa il Campidoglio, «serve coinvolgere tutta Roma per affrontare questa grande sfida e per cambiare davvero la città».
La tattica è il rosolamento a fuoco lento. Che prevede, in caso di rimpasto, l’innesto in giunta di almeno un uomo forte del Pd: in tanti spingono per lo stesso Cosentino, anche se lui non ne vuol sapere, oppure per un parlamentare con lunga esperienza amministrativa come Marco Causi, già assessore capitolino al Bilancio, o Michele Meta, a lungo consigliere e assessore regionale. Ma, se rimpasto sarà, dovrà essere radicale, non una semplice operazione di maquillage. E allora Marino dovrà mandare via, per cominciare, la vestale dei conti capitolini Daniela Morgante, l’assessore alla Cultura Flavia Barca, la titolare delle Politiche Sociali Rita Cutini. E dovrà rimescolare le deleghe in modo da premiare competenze ed esperienza: e perciò per esempio dirottare Paolo Masini, che ora sta ai Lavori pubblici, sulla Cultura o la Scuola; Daniele Ozzimo, che sta alla Casa, sul Sociale. Solo ipotesi, per il momento. In attesa di sferrare l’attacco finale.
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