“Perché Letta è stato licenziato?”, Tino Oldani su Italia Oggi

Perché Letta è stato licenziato?
Enrico Letta (LaPresse)

ROMA – “Perché Letta è stato licenziato?”, questo il titolo dell’articolo su Italia Oggi a firma di Tino Oldani:

A pensare male si fa peccato, ma spesso ci si azzecca. Il celebre detto di Giulio Andreotti può valere anche per alcuni retroscena sul Quirinale. Dicono alcuni che il presidente Giorgio Napolitano abbia deciso di mollare al suo destino Enrico Letta, da lui difeso fino a poche ore prima, e di puntare su Matteo Renzi in un giorno preciso: lunedì 10 febbraio, subito dopo avere letto sul Corriere della sera l’anticipazione del libro di Alan Friedman, in cui si racconta come lo stesso Napolitano avesse brigato per almeno cinque mesi con l’intento di insediare Mario Monti a Palazzo Chigi, al posto di Silvio Berlusconi.

Questa lettura dei fatti, per i detrattori del libro di Friedman, non starebbe in piedi, poiché gli intrighi del Colle per fare fuori il Cavaliere erano cosa risaputa.

Quello di Friedman, aggiungono, più che uno scoop, sarebbe una minestra riscaldata. Non solo: per calcare la mano nel giudizio negativo, paragonano questo libro a quelli di Bruno Vespa che non hanno mai infastidito i potenti di turno. Sono opinioni che non condivido. Quando parla, Friedman mi ricorda i film di Stanlio e Ollio, ma quando scrive va preso sul serio. È un giornalista americano che ha girato il mondo, ha intervistato uomini importanti della politica e dell’economia, e se nei suoi libri si vanta in modo un po’ narcisistico di avere pranzato e discusso con Bill Clinton, Tony Blair o con altri leader mondiali, non sottovalutato il messaggio: dà ad intendere che lui stesso fa parte di una rete internazionale molto forte, che sa usare bene la comunicazione per comandare.

Anche se non ne ho la certezza matematica, penso che anche Napolitano la pensi così, e che, per questo, abbia capito, con straordinaria prontezza di riflessi, il doppio segnale che caratterizza il libro di Friedman: il racconto dei retroscena che hanno portato alla nomina di Monti sarebbe solo l’antipasto, poiché limitato allo scenario italiano; il piatto forte, tuttora mancante (ma possibile), sarebbe l’accensione di un faro di luce su quello che Berlusconi (e non solo lui) ha definito un complotto internazionale per farlo fuori. Vale a dire come e perché la triade del vero potere in Europa (Fmi, Bce, Commisione Ue) abbia influenzato dal 2011 in poi le decisioni del Colle per portare al governo prima Monti e poi Letta, nel tentativo (non riuscito) di fare quelle riforme di struttura che la triade Fmi-Bce-Ue richiede da anni.

Da qui, forse per scongiurare che si alzi un velo imbarazzante sui suoi rapporti internazionali più riservati, Napolitano ha tratto con rapidità le due decisioni destinate a segnare un cambio di rotta nella politica italiana. Con la prima, ha incaricato Renzi di fare il nuovo governo. Con la seconda, che non sarà immediata ma richiederà solo qualche mese, si appresta a rassegnare le dimissioni. Fantasie gratuite? Basta leggere con attenzione il libro di Friedman per avere le risposte.

Potremmo davvero ammazzare il Gattopardo? si chiede l’autore. Ovvero, potrà mai accedere che nella politica italiana non si ripeta più ciò che Giuseppe Tomasi di Lampedusa aveva scolpito nel suo celebre romanzo («Il gattopardo»): «Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi»? Nel suo libro, Friedman affida la risposta a un unico uomo politico: Matteo Renzi. Per un intero capitolo, lo intervista in lungo e in largo, gli fa raccontare che cosa farebbe se fosse il premier, e commenta entusiasta: «Ok. In questa lunga conversazione sono contento di vedere finalmente davanti a me un leader politico che sembra capace di lottare per una vera discontinuità. La conferma si vedrà dai risultati».

Proprio così: Friedman scriveva già di risultati prima ancora che Renzi fosse convocato al Colle, come se l’incarico di formare il governo fosse meno di un’ipotesi, ma una pura formalità. Insomma, leggendo il libro, l’impressione è che Friedman abbia incaricato Renzi prima di Napolitano. Quanto al Gattopardo da ammazzare, il giornalista americano raccoglie la risposta di Renzi con lo stesso entusiasmo delle levatrici di corte dopo un parto della regina: «Ci penso, perché è la vera domanda. Io credo che fino a due, tre anni fa, l’Italia poteva convivere con il Gattopardo, ed è convissuta con il Gattopardo, e il Gattopardo ha sempre governato in forme diversificate. Oggi siamo a un bivio: o la politica ammazza il Gattopardo o il Gattopardo ammazza l’Italia. (…) Io spero che noi ammazziamo il Gattopardo» dice Renzi «e il mio impegno è quello di farlo fuori». Più investitura di così!

Ma se fino a due o tre anni fa – dice Renzi – c’era il Gattopardo a governare l’Italia, Napolitano dov’era? Non ci vuole molta fantasia a pensare che per Friedman anche l’attuale capo dello Stato debba andare a casa, come Monti e Letta. Il commiato – con tanto di ringraziamento – lo fa però dire tra virgolette a Renzi, che sentenzia: «In Italia il presidente della Repubblica ha avuto un ruolo molto importante, in una determinata fase, forse anche oltre le aspettative di chi gli voleva bene, è stato molto bravo (…)

 

 

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