Presidenziali Afghanistan, Abdullah: “Con i talebani pronto a negoziare”

«Abbiamo ancora bisogno dell’Italia Con i talebani pronto a negoziare»
Abdullah Abdullah

KABUL – “Ridare credibilità alle leggi dello Stato e garantire al meglio la sicurezza nazionale, che significa anche firmare al più presto l’accordo con gli Stati Uniti e la Nato per le modalità della presenza delle loro truppe in Afghanistan dopo il 2014”. Abdullah Abdullah riassume così le sue priorità, “se dovessi venire eletto presidente”.

Il condizionale è d’obbligo. Gli scrutini del voto di sabato sono appena all’inizio. I primi dati lo danno in vantaggio. Per la prima volta dallo “scotto” del 2009, pensa di avere la vittoria a portata di mano.

Scrive Lorenzo Cremonesi sul Corriere della Sera:

Cinque anni fa Hamid Karzai venne riconfermato presidente per il secondo mandato tra gravi sospetti di brogli e la crescita della violenza talebana. L’allora 49enne Abdullah, lo sfidante che contestava i risultati, rinunciò al ballottaggio – dice oggi – «per risparmiare al Paese fratture interne ancora più gravi». Adesso è giunto il momento del riscatto, pur con rischio che Karzai cerchi di ritardare le dimissioni.

Come vede i dati sulla partecipazione elettorale?

«Sono state elezioni relativamente credibili. E il tasso di partecipazione ottimo. Un evento fondamentale: danno agli afghani la possibilità di riappropriarsi dello Stato, di controllare finalmente il proprio destino».

Come spiega i pochi attentati il giorno del voto?

«I talebani si sono rivelati molto più deboli di quanto si paventasse. Hanno subito una pesante sconfitta politica, prima che militare».

Che i talebani abbiano preferito risparmiare le forze al primo turno per concentrarsi sul ballottaggio tra i due contendenti di testa previsto per fine primavera?

«Non lo credo affatto. Penso invece che, se avessero potuto, avrebbero commesso violenze e stragi pur di fermare il voto. Semplicemente non ci sono riusciti. Le nostre forze di sicurezza si sono rivelate molto più forti. E gli afghani hanno preso il voto molto seriamente, in massa hanno sfidato i pericoli. Il loro coraggio ha sconfitto il terrorismo».

Non teme che comunque riproveranno?

«E’ possibile. Siamo in un periodo delicato, che si protrarrà sino all’annuncio formale della nomina del nuovo presidente. Magari a metà estate. Ma adesso noi sappiamo che siamo più forti. Ne usciremo bene».

Il ruolo di Karzai nel futuro?

«Dovrà avere un posto di massimo rispetto. Nonostante i fallimenti e gli inevitabili problemi, Karzai è stato il nostro leader per tredici anni».

Tanti sono spaventati dal ritiro delle truppe Nato. Pensa che l’Afghanistan sia pronto per stare da solo?

«Dipende dai risultati del voto, nonostante le accuse di frode. Se andrà bene, il prossimo governo emergerà solido, capace di stare sulle proprie gambe. Da questa nuova posizione negozieremo con la Nato».

Quante truppe Nato resteranno dopo il 2014? Si parla di 20.000 uomini, di cui 12.000 americani, per i prossimi cinque anni. Concorda?

«Questi sono i numeri. Poi vedremo. Sono convinto che il ruolo della Nato sia indispensabile per continuare l’addestramento del nostro esercito e della polizia».

E quanti italiani? Un anno fa erano 4.000, ora circa 2.000. Qualche ufficiale ha parlato di 800 uomini per Herat.

«L’Italia è stata parte integrante dello sforzo della comunità internazionale per aiutare l’Afghanistan dopo il 2001. Sono infinitamente grato per i vostri sacrifici. Di cifre parleremo poi. Ora mi basta dire che spero ancora nel vostro aiuto. Il contributo italiano è fondamentale».

Gestione cookie