ROMA – “Occhio, qui va a finire che Salvini si è aggredito da solo” scrive Mario Giordano su Libero Quotidiano. “I giornali fanno a gara per coprire gli autonomi e gli errori della polizia: se non sei di sinistra, “fare politica” è una provocazione.”
Non sono stati i centri sociali, macché: è stato autolesionismo. Ma sì: avanti di questo passo e arriverà qualcuno che ci spiegherà che il segretario della Lega è saltato sul cofano della sua auto, poi si è sfasciato il parabrezza, e si è anche pesantemente insultato. Che ci volete fare? Lui è fatto così.
Cerca sempre gli scontri con tutti, cerca la rissa, la gazzarra. E quando non c’è proprio nessuno che si propone di riempirlo di botte (cosa che mi pare di capire la grande stampa nazionale ritiene abbastanza doverosa), beh, meno male che ci pensa lui da solo. Si auto-aggredisce con successo come l’altro giorno a Bologna, dove i centri sociali non hanno fatto nulla. L’unico colpevole è stato lui. Fa una certa impressione, in effetti, leggere le dotte ricostruzioni del Corriere della Sera (Titolo: «Ecco com’è andata», oh come la sanno lunga loro) o l’intervista al Questore sulla Stampa intitolata: «Salvini? Ci ha detto che tardava». Fa un certo effetto che i giornaloni benpensanti abbiano sentito il dovere di andare a ricostruire non l’identikit degli aggressori, ma il comportamento dell’aggredito. Non si sono chiesti come fossero arrivati lì i violenti picchiatori che saltavano sul cofano dell’auto e sfasciavano parabrezza, macché: si sono messi a studiare al millesimo i dettagli della trasferta del leader leghista, il suo ritardo in autostrada, lo scambio di sms, le soste all’autogrill.
Il tutto per stabilire che tutto quello che è successo è colpa sua. Sua e di nessun altro. «Ci ha chiamati quando era già al parcheggio», sentenzia per esempio il Questore. «E gli aggressori sono arrivati prima di noi». E tutto diventa chiaro, no? Se gli aggressori arrivano prima della polizia, deve risponderne Salvini. Mica il medesimo Questore. Del resto fin dal primo momento quella vicenda è stata raccontata in modo surreale. «Salvini provoca, ma viene respinto a sassate», ha titolato a caldo l’Huffington Post di Lucia Annunziata. «Salvini provoca e gli sfasciano l’auto, antagonisti investiti», ha fatto eco il Fatto quotidiano e la Repubblica ha dato il meglio di sé con un titolo geniale: «Salvini, blitz a Bologna, scontri con centri sociali, ragazzi investiti con auto». Si prega di notare che, come emerge da questa sintesi, c’è un unico cattivo: il leghista che fa il blitz, appunto, e investe i «ragazzi» con l’auto. I centri sociali? Non hanno fatto nulla, ovviamente. Ci sono stati sì degli «scontri», così, generici, ma loro che c’entrano? Passavano di lì per caso, forse andavano a raccogliere margherite attorno ai campi nomadi… Una volta trasformati i centri sociali da aggressori ad aggrediti, c’era poi da compiere l’ultima opera, quella di salvare la Polizia, che s’era dimenticata di difendere Salvini. Ed ecco allora all’opera le veline delle Questura. «Esisteva un dispositivo di sicurezza per proteggere Matteo Salvini, ma il segretario della Lega avrebbe preferito evitarlo», scrive Fiorenza Sarzanini sul Corriere, e poi continua a elencare drammatici errori e serie responsabilità del leader del Carroccio, come per esempio non aver rispettato punto su punto il programma di viaggio. Galeotta fu la sosta caffè? Allo stesso modo il Questore in una enorme paginata sulla Stampa accusa Salvini di non aver comunicato l’orario esatto dell’arrivo. Una colpa gravissima, evidentemente, secondo il tutore delle forze dell’Ordine. Ma davvero basta macchiarsi di una simile nefandezza (arrivare in anticipo, che follia) per essere riempito di botte dai primi che passano? A me sembra paradossale.
Se ogni variazione d’orario non annunciata potesse dare il via libera a un pestaggio, di politici sani ne resterebbero pochi, non credete? Eppure, chissà perché, sono convinto che se un’aggressione simile l’avesse subita la Boschi, oppure la Moretti, nessuno sarebbe andato a vedere se s’era fermata all’autogrill, se aveva fatto la pipì o s’era comprata cornetto e cappuccino, se aveva telefonato o no, se c’era traffico in tangenziale o all’uscita dell’autostrada. Avrebbero detto, semplicemente, che chi fa politica dev’essere tutelato, sempre e comunque. E in effetti è così: uno dev’essere libero, in questo Paese, di far politica dove e come meglio crede: se non si è d’accordo, evidentemente, lo si punisce nell’urna, mica prendendolo a cinghiate. Certo: Salvini faceva campagna elettorale. Bella scoperta: che deve fare un leader politico quando ci sono le elezioni? Campagna elettorale. Vogliamo abolire la campagna elettorale? O forse vogliamo dire che ci sono zone del Paese che sono off limits per Salvini, e forse per tutti i cittadini pacifici e onesti? Perché, vedete, questo sovvertimento della realtà, questo accusare il leader leghista di essersi distrutto il parabrezza da solo e di essersi preso a mazzate sul cruscotto, nasconde il desiderio di negare due semplici verità che emergono da questa vicenda. La prima è che i «ragazzi» dei centri sociali continuano a essere quello che sono sempre stati, e cioè dei violenti picchiatori antidemocratici, anche se i benpensanti continuano a proteggerli.
La seconda è che ci sono zone del Paese completamente sfuggite al nostro controllo, tanto è vero che lì non si può nemmeno fare campagna elettorale. Così come non si può vivere civilmente. Queste zone si chiamano campi nomadi. E siamo arrivati all’assurdo che in questi posti la delinquenza viene tollerata ogni giorno, mentre un politico che manifesta pacificamente un’idea deve avere paura. La criminalità è una regola, mentre le persone perbene sono considerate una provocazione. Ladri e spacciatori girano indisturbati, mentre chi non ruba deve spiegare anche se si è fermato a prendere un caffè. Se questo vi pare un Paese normale…
I commenti sono chiusi.