Rai. Renzi: “Via i Partiti”, viva rettori Siae Agcom. Ma loro a chi rispondono?

Rai. Renzi: "Via i Partiti", viva rettori Siae Agcom. Ma loro a chi rispondono?
Rai. Renzi: “Via i Partiti”, viva rettori Siae Agcom. Ma loro a chi rispondono?

ROMA – E’ un piano articolato che prenderà forma nei prossimi giorni. E’ destinato a cambiare la Rai dalla A alla Z. Si tradurrà in un ddl che il presidente del Consiglio Matteo Renzi vorrebbe votare già entro la fine dell’anno. Informazione, canone, governance, stato giuridico. Cambia tutto.

La nuova Rai come la vorrebbe Matteo Renzi sarà controllata al 100% dal Tesoro ma sarà anche, scrive con rapsodia Claudio Marincola sul Messaggero,

“sganciata da lacci e lacciuoli tipici delle partecipate pubbliche per muoversi sul mercato con i rating di una società privata. Nuove regole, nuova gestione: nuovo modello di servizio”.

Obiettivo è come liberare la Rai “dall’ingerenza della politica”. Per passarla a chi non Claudio Marincola non lo scrive perché non glielo hanno detto e è un obiettivo inconfessabile. Le parole ufficiali sono:

“La risposta è sul tavolo del sottosegretario alla Sviluppo Antonello Giacomelli che sta lavorando al piano a stretto contatto con il suo omologo all’Editoria, Luca Lotti. L’obiettivo è concludere l’iter – un ddl, ma se dovesse rendersi necessario anche un decreto legge giustificato dall’urgenza – prima del rinnovo della convenzione che scadrà nel 2016 e che si vorrebbe anticipare di un anno. Gli attuali vertici Rai, la presidente Tarantola e il direttore generale Gubitosi, termineranno il loro mandato a maggio. Renzi vuole che i successori vengano designati già con il nuovo sistema e chiede a suoi di accelerare”.

Matteo Renzi, ricorda Claudio Marincola, aveva promesso:

“Al termine dei mille giorni ci sarà una riforma della Rai in cui la governance sarà sottratta ai singoli partiti. Lo dico io che sono il capo del partito più grande in Italia e che rivendica con orgoglio di non aver mai incontrato l’ad dell’azienda pubblica”.

Lo schema Renzi

“prevede a capo dell’azienda un consiglio di indirizzo formato da 5 membri, tra cui il presidente e l’amministratore delegato, scelti in una rosa di candidati proposti da organismi neutri. Negli incontri e nei seminari che ci sono stati finora si è fatto il nome del Crui, la Conferenza dei rettori delle università italiane, dell’Agcom, l’autorità per le garanzie nelle comunicazioni, e della Siae, la società italiana autori ed editori. Non è detto però che restino questi.
“Il consiglio di indirizzo (o di sorveglianza) in questo modo, si fa osservare in ambienti pd, «non sarebbe più diretta espressione della politica»”.

Il che è una follia: se non altro il Parlamento, anche se in forma blandissima, risponde ai cittadini, che comunque si esprimono, e lo fanno, col voto e col non voto.
Gli enti elencati, tipo i rettori delle università, la Siae, l’Agcom, sono comunque soggetti a influenza politica, si pensi all’Agcom dove le nomine sono fatte dal Parlamento e con riflessi del terzo quarto e quinto tipo che non tranqillizzano. Basta leggere le cronache sui canoni delle frequenze.

Il Parlamento, spiega ancora Claudio Marincola,

“sceglierebbe in questa rosa i membri come fa oggi per i giudici della Corte Costituzionale o per i componenti laici del Consiglio superiore della magistratura”.

La Corte Costituzionale, per chi non lo avesse presente, è appunto il massimo organo di giustizia in Italia per la nomina di due membri del quale il Parlamento sta offrendo uno spettacolo a dir poco indecoroso.

Il nuovo ordine superiore e supremo, con il superamento della Legge Gasparri, di cui proprio qualche giorno fa si è è ricordato il decennale,

“derubricherebbe la commissione di Vigilanza Rai a mera appendice, con un ruolo tutto da definire (se resterà in vita). Luca Lotti lo ha detto: «Vogliamo che i partiti non entrino più nel sistema Rai perché l’organizzazione Rai che rispondeva a un’organizzazione partitica e parlamentare di qualche anno fa crediamo non sia più necessaria».
“Il nuovo management dell’azienda dovrà «cambiare verso» alla gestione dell’informazione. Per capire in quale direzione andare e studiare da vicino le varie piattaforme, Giacomelli l’estate scorsa ha visitato a Londra la BBC e incontrato David Jordan e Daniel Wilson, rispettivamente direttori della policy editoriale nazionale e internazionale. E si è parlato, guarda caso, proprio di governance.
“Il modello della Fondazione [idea del cuore di Carlo Azeglio Ciampi e Giuliano Amato] è l’altra strada presa in considerazione. Questo percorso alternativo non è stato del tutto scartato, anche se presenterebbe gli stessi rischi che accompagnarono la nascita della cosiddetta «tv dei professori», quando nella Rai della seconda Repubblica i vertici venivano indicati dai presidenti di Camera e Senato. I membri della Fondazione, presidente incluso, verrebbero infatti indicati dal capo dello Stato che farebbe da garante”.

Merita di ricordare che la Rai dei professori, poi spazzata via dalla discesa in campo di Berlusconi, è stata l’unica a porre le condizioni del pareggio di bilancio della Rai. Il merito andò poi a Letizia Moratti, ma il lavoro lo aveva fatto Gianni Locatelli.

Prosegue Claudio Marincola:

“Lavori in corso, dunque. Entro ottobre ci sarà il decreto Rai che definirà le nuove regole e gli importi – molto più bassi – che disciplineranno il canone tv. E ancora prima, il prossimo 17 ottobre, il cda dell’azienda di viale Mazzini che potrebbe avviare un piccolo valzer di poltrone tra direttori di rete e testate. Sempre che non si decida di prendere tempo e ottenere prima il via libera dei sindacati al piano di accorpamento messo a punto dal dg Gubitosi.
“Mercoledì prossimo infine è convocata la seduta della commissione Vigilanza per l’audizione di Angelo Cardani, presidente AgCom. L’unico, insieme col commissario Antonio Nicita (che però si è astenuto), a schierarsi contro il nuovo calcolo dei canoni per l’utilizzo delle frequenze e lo sconto milionario a Rai e Mediaset. Giacomelli imporrà un dietrofront”.

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