Rcs. A noi i tagli, a Perricone, Romiti, Mele, Colao 38 Mn € bonus

Pubblicato il 4 Maggio 2013 - 19:43 OLTRE 6 MESI FA
antonello perricone

Perricone: “A lui 3,3 milioni a noi i tagli”

Le convulsioni della Rcs, editrice del Corriere della Sera, sono ancora sui giornali, sabato 4 maggio. Se ne occupano Repubblica, il Fatto e il Giornale.

All’orizzonte si profila un nuovo assetto di potere nell’azionariato del primo gruppo editoriale non tv italiano, con Banca Intesa che potrebbe trovarsi a essere il principale azionista, come spiega Giovanni Pons su Repubblica. Nicola Porro sul Giornale conferma:

 “È scontato che la battaglia per il controllo del Corrierone sia partita.  È certo che il patto di sindacato che lega gli azionisti sia morto. Già da questa estate si ballerà”.

Mentre gli azionisti litigano ferocemente, i polli di Renzo si beccano con ferocia: i giornalisti, cui sono chiesti sacrifici e un radicale cambio di rotta rispetto alla storia ultra secolare del quotidiano, non si capacitano che al nuovo amministratore delegato, Pietro Scott Jovane, abbiano dato per sei mesi di lavoro un milione di euro, si presume lordi,  e non gli va giù nemmeno se gli spiegano che era in parte il rimborso del mancato preavviso nella azienda di provenienza, avendogli chiesto gli azionisti venire subito a salvare la Rcs.

Il ragionamento del sindacato, interpretando il racconto di Gaia Scacciavillani sul Fatto, ha una sua logica: se l’azienda era così a pezzi da non potere aspettare qualche mese per l’arrivo dell’uomo del futuro Scott Jovane, perché dare una buonuscita di 3,36 milioni al

“suo predecessore Antonello Perricone, che ha lasciato l’incarico un anno fa”?.

La buonuscita di 3,36 milioni, ricorda Gaia Scacciavillani, è stata già

“oggetto di contestazioni per lo stato in cui [Antonello Perricone] aveva lasciato l’azienda dopo due lunghi mandati contrassegnati dalla rovinosa acquisizione della spagnola Recoletos”.

Si è trattato, scrivono i giornalisti della Gazzetta dello Sport, di un

“acquisto irresponsabile e fallimentare”.

Ma non bastano i compensi a Perricone e Scott Jovane a indignare i redattori della Rcs. In passato ne sono anche successe di peggio:

“Si tratta di una storia già vista, da Maurizio Romiti (17 milioni di euro dopo due anni al timone dell’azienda) a Gaetano Mele (direttore generale, 9,6 milioni), a Vittorio Colao (7,8 milioni, metà dei quali a onor del vero, versati in beneficenza)”.

Sono cifre che fanno sobbalzare sulla sedia non solo i giornalisti del Corriere e della Gazzetta e chi li ha visti da vicino, ma il mondo intero.

Il malessere è diffuso in tutta l’azienda, con sciopero alla Gazzetta dello Sport, che non uscirà domenica 5 maggio, in coincidenza con la partenza del Giro d’Italia.

I giornalisti sono inferociti. Ricordano quelli della Gazzetta dello Sport di avere,

“con grande responsabilità accettato alla fine del marzo scorso un piano che prevede sacrifici, tagli e in particolare uscite di colleghi attraverso uno stato di crisi. Così come accadrà al Corriere della Sera, al settore Periodici (dieci testate sono state messe in vendita e rischiano la chiusura), ai poligrafici e agli impiegati, con una riduzione di organico complessiva di ben 800 unità”.

Quanto alle reazioni del resto dell’azienda, scrive il Fatto

“bisognerà aspettare lunedì 6, quando è attesa la presentazione della riorganizzazione del gruppo che, secondo quanto trapelato finora, prevede la separazione delle attività editoriali da quelle operative, con le seconde che sembrano destinate a un ruolo di di “service” staccato e funzionale alle prime”.

Siamo proprio alla fine del paradiso terrestre.

Protestano i giornalisti, ma nelle dinamiche sindacali del settore editoria se ne sono viste di peggio. Litigano gli azionisti, che il 30 maggio, informa Giovanni Pons su Repubblica, sono convocati in

“assemblea straordinaria che dovrà deliberare la ricapitalizzazione da 400 milioni (più altri 200 successivamente) ma sussistono forti incertezze sull’esito finale della stessa. Il nodo riguarda il prezzo a cui si dovrà fare l’aumento, preannunciato molto a sconto rispetto ai valori di mercato, con l’effetto di diluire quasi completamente i soci che non lo sottoscriveranno”.

Sul Giornale scrive il vice direttore Nicola Porro che

“adesso al Corriere volano gli stracci”, perché pare che

“buona parte dei soci privati, chi più chi meno, sia molto irritata: Diego Della Valle in primis, ma anche i Pesenti, Merloni, Rotelli, Benetton. Insomma, chi deve aprire il proprio portafoglio (e non quello dei suoi azionisti) non riesce a capire per quale motivo metà delle nuove risorse debba andare a ridurre il debito delle banche e non a rafforzare la società editoriale”.

Ma c’è di peggio per Della Valle & C. Scrive ancora Porro che gli azionisti

“più ostili all’aumento di capitale rischiano di finire in un angolo. E temono che quell’angolo sia stato studiato proprio per metterli a tacere.

“Se il primo socio Giuseppe Rotelli non aderisse all’aumento di capitale, la sua quota (oggi superiore al 16 per cento) si ridurrebbe a circa il 3 per cento della Rcs ricapitalizzata. Discorso simile per Diego Della Valle, il cui 9 per cento si diluirebbe a meno del 2 per cento. Questo aumento di capitale fortemente diluitivo fa davvero male a chi non lo sottoscrive. È l’angolo da cui si deve scappare. Se i privati aderiscono all’aumento mettono altri quattrini in una società in cui contano poco e a beneficio delle banche finanziatrici. Se non li mettono vedono le proprie partecipazioni al capitale polverizzarsi e chiudere così la loro storia a via Solferino”.

Perché stupirsi se

“i soci sono in fibrillazione”.

Su Repubblica, Giovanni Pons spiega con cura il

“problema tecnico-giuridico legato al prezzo dell’aumento. Rotelli infatti vorrebbe che gli azionisti promotori dell’operazione gli comunicassero un prezzo esatto e inbase a ciò potrà decidere se votare a favore o contro.

“Ma tecnicamente è impossibile poiché il prezzo della ricapitalizzazione verrà fissato dal consiglio di amministrazione a valle dell’assemblea e in prossimità della partenza dell’operazione in base alle condizioni dei mercati in quel frangente. Dunque qualsiasi rassicurazione non avrebbe valore e il voto in assemblea dato al buio.

“Una empasse di non poco conto che potrebbe indurre alcuni azionisti importanti e anche il presidente Angelo Provasoli a fare un passo indietro per sedersi a un tavolo e ridiscutere tutta l’operazione con tutti i soci. A quel punto si potrebbe parlare di scioglimento anticipato del patto di sindacato, di revisione del piano industriale e di un diverso accordo con le banche creditrici.

“Questa ipotesi sarebbe una vittoria di Della Valle & C. dopo tante battaglie, ma è anche molto forte la pressione di chi, come l’ad di Intesa Sanpaolo Enrico Cucchiani, spinge affinchè l’operazione si concluda nei termini già delineati e solo dopo si apra una discussione sul futuro.

“Intesa, però, in Rcs sta giocando più parti in commedia, essendo azionista, principale creditore, membro del consorzio di garanzia attraverso Banca Imi, oltre che garante di una parte importante dell’eventuale inoptato. Un ruolo anomalo che potrebbe portare la banca, se l’aumento andasse in porto con effetti molto diluitivi per gli azionisti dissenzienti, a diventare il vero dominus della casa editrice e del Corriere della Sera”.