ROMA – Un derby per assegnare la Champions League non si era mai visto. Questa sera tocca alla città di Madrid questo onore. Si sfidano Real – per la conquista della ‘decima’ – ed Atletico – a caccia del primo successo in questa competizione.
La finale è analizzata ai raggi x da La Gazzetta dello Sport in un articolo a firma di Paolo Condo’ che riporteremo di seguito per la nostra rassegna stampa quotidiana.
“La vigilia è un gioco di maschere, perché gli acciaccati sono tanti e i medici per curarli, o in qualche modo metterli in piedi, anche di più. Diego Costa viene descritto sorridente per l’intera durata del viaggio, chiaro messaggio subliminale: le arti magiche della dottoressa Kovacevic hanno fatto il miracolo, e dall’ambulatorio di Belgrado – grazie al massaggio con la placenta di cavallo – è uscito un muscolo guarito. Ci vogliamo credere? Mah. In giornata si diffonde la notizia che Ancelotti sia stato visto di umor nero – circostanza per lui insolita – perché non è vero che Benzema sia ormai a posto, e il dubbio sarebbe tra mandarlo in campo con una bella infiltrazione o tenerlo proprio fuori, come quasi certamente toccherà a Pepe.
Atletico avanti In un modo o nell’altro, resta la sensazione che sia l’Atletico a metter su la musica: ciò che ha già vinto è più importante di ciò che brilla nella bacheca del Real (Liga contro Copa), e soprattutto per riuscirci ha dovuto – dunque saputo – scalare le pareti di un pozzo molto profondo. Nella «finale» del Camp Nou ha perduto prima Diego Costa, poi Arda Turan (oggi dovrebbe farcela) e infine il risultato vantaggioso: ha rimontato tutto grazie a uno spirito di squadra sublime, cosa che ha spostato ulteriormente più in là i suoi limiti, ancora sconosciuti. Simeone dipende meno dai suoi dubbi, che probabilmente nemmeno ha, di Ancelotti, che nel ritiro di Lisbona insegue i medici con ansiosa frequenza.
La scacchiera Il disegno tattico del primo derby nella storia delle finali di Champions, includendo il lungo e glorioso prequel della Coppa Campioni, è abbastanza chiaro: come negli scacchi sarà il blanco a muovere per primo, e dunque il Real – sia pure col giudizio che al suo allenatore certo non manca – maneggerà il pallone provando ad attaccare. La circostanza che il suo poderoso attacco sia costruito sui corridori tecnicamente più dotati del pianeta – Ronaldo e Bale -, due che avrebbero bisogno di spazi davanti a loro nei quali lanciarsi (pensate al gol del gallese nella finale di Coppa del Re, o a quelli di Cristiano in Svezia nel playoff mondiale), ha costretto Ancelotti a cambiare il gioco delle mezzali: non potendo per ovvi motivi sviluppare un contropiede programmatico, la chiave è diventata il recupero palla in zona discretamente alta – diciamo i 20 metri a cavallo della linea di centrocampo – per attivare contro una difesa almeno spettinata le volate in apnea dei suoi satanassi. Ma l’uomo decisivo per questo lavoro, Xabi Alonso, è squalificato, e ciascuno dei tre possibili rimpiazzi, per diversi motivi, richiederà la protezione di Modric e Di Maria anziché sostenerli a sua volta. E qui il mazzo fornisce all’Atletico la prima carta buona da giocare.
Le due linee Simeone ha allestito una blindatura che ha pochi eguali nella storia. La sua Maginot consiste in due linee: i quattro difensori e, sfalsati rispetto a loro, i cinque centrocampisti, che poi sarebbero quattro più la seconda punta se gioca 4-4-1-1 (schema con Diego Costa in campo) o direttamente cinque se l’assenza del centravanti trasforma il modulo in un 4-5-1. La sfalsatura delle linee annulla o quasi le possibilità di passaggio sui tagli delle punte: ogni traiettoria è intasata. La novità di Simeone è che il continuo pressing tre contro uno sugli uomini di fascia si fa utilizzando il terzino, l’esterno e il centrocampista centrale: in questo modo Miranda e Godin non abbandonano mai la loro posizione, mantenendo sempre in equilibrio il centro della difesa. È un trucco reso possibile dal sacrificio podistico di chi compone la seconda linea, che fatica assai più dei difensori puri: eppure è a loro che Simeone potrebbe chiedere stasera uno sforzo ulteriore, il pressing alto su Khedira o Illaramendi (più difficile Casemiro) per approfittare dei suoi languori e scatenare Villa, eventualmente Costa, Koke e Arda Turan verso Casillas in quello che sarebbe uno schema copiato dal Real. Non dimentichiamo che dovrebbe mancare pure Pepe, il più lesto dei difensori a soccorrere il mediano in difficoltà.
Molto più toccato tatticamente dalla possibile assenza di Benzema, Ancelotti – immaginiamo – riproporrà il 4-4-2 che ha fatto a fette il Bayern. Se il francese dovesse farcela, il duello a destra fra Bale e Filipe Luis diventerebbe una delle chiavi del match. In caso contrario il gallese e Ronaldo reciterebbero da attaccanti (dando meno punti di riferimento ai centrali colchoneros, particolare importante), mentre Di Maria si sposterebbe sulla fascia destra e Isco entrerebbe a sinistra. Un Real inedito e piuttosto strano, difficile da leggere nel bene e nel male perché tendenzialmente girerebbe al largo dell’area; ecco, una formazione così organizzata «spettinerebbe» la blindatura di Simeone. Se poi Ronaldo decidesse che è l’ora di rimettere il suo marchio al centro della Champions”.