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Renzi, giù le tasse sirena elettorale per chi con un Bersani mai voterebbe il Pd

di Warsamé Dini Casali |24 Luglio 2015 14:52

Renzi, giù le tasse sirena elettorale per chi con Bersani mai voterebbe il Pd

ROMA – L’annuncio della rivoluzione fiscale a tappe giusto giusto fino al 2018 quando la legislatura giunge al capolinea – via la tassa sulla prima casa nel 2016, fino alla riduzione dell’Irpef nel 2018 – è la spia prima di tutto di un problema politico. Come recuperare un elettorato che dopo i trionfi delle Europee si dimostra progressivamente sempre meno attratto dal fenomeno Matteo Renzi, finora l’unico in grado di convincere elettori diversi da quelli di riferimento. Alberto Mingardi su La Stampa spiega quali siano le “vere priorità del premier”. La premessa è chiara e condivisa erga omnes: la pressione fiscale è insostenibile

 Ma il lessico del «meno tasse per tutti» è uscito così usurato dal ventennio berlusconiano che metà degli italiani non ci crede più e l’altra metà si esercita con i più immaginifici «meno tasse sì, ma». La terra promessa di un fisco più equo non può essere per tutti. Ci viene detto che c’è chi se la merita e chi no. Fra i meritevoli sono tornati di recente i proprietari di casa, fino a poche settimane fa considerati retrogradi cultori del mattone. Meritevoli e non meritevoli sono categorie in continua evoluzione. Il che a ben vedere non è sorprendente. La politica è proprio decidere che cosa fare coi quattrini degli altri. Ci sono categorie di «altri» rispetto alle quali tendiamo a essere particolarmente famelici. […]

L’Imu è la tassa locale per antonomasia. L’autonomia impositiva dei Comuni è modesta, quindi senza Imu dovrebbero pietire maggiori trasferimenti da Roma. Il conto verrebbe comunque presentato a noi, ma in modo più opaco. Ciò, beninteso, a meno che il governo non voglia fare il gioco delle tre tavolette con la nuova «Local Tax». Chiariamo una cosa. Le tasse non le pagano le case, come non le pagano le barche o i «patrimoni». Le pagano esseri umani in carne ed ossa, attingendo al proprio reddito. Anche abbassando le imposte sulle casa, in un Paese dove il 70% delle famiglie ha un immobile di proprietà, si libera reddito.

Per Renzi però il problema è in primo luogo politico. Il capo del Pd ha bisogno di parlare non agli italiani del «meno tasse sì ma», ma a quelli che ormai disperano che le tasse si possano tagliare. Alle europee del 2014, il Pd di Renzi prese il 37% in Veneto, conquistando ampie porzioni di un elettorato che mai avrebbe votato per il Pd di Bersani. Il capo dei democratici era riuscito ad intendersi con imprenditori piccoli e medi. Da presidente del Consiglio, cosa ha fatto per mantenere vivo quel dialogo? Hanno esultato nel vederlo boxare con la Camusso, ma per quelle che da sempre sono le loro istanze, cioè meno tasse e regole più semplici, un governo vale l’altro e nessuno fa nulla.

Se i tradizionali serbatoi di consenso del Pd si asciugano, Renzi deve fare di tutto per impedire che i ceti produttivi del Nord finiscano ad abbracciare controvoglia una destra pure allo sbaraglio. Non riuscirà a sedurli con le sue pose. Non s’inganni pensando che il loro consenso è garantito perché l’alternativa è impresentabile. E’ gente che da tutta la vita è abituata a votare turandosi il naso. (Alberto Mingardi, La Stampa).

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