Ricolfi (Stampa) a Monti: “Non si lamenti, agisca”

 

C’è chi vede Mario Monti “come colui che ci ha finalmente liberato dal teatrino della politica (e da Berlusconi), e chi lo vede come il tecnocrate che sta imponendo un’inutile austerità a un Paese già stremato. […]  C’è chi plaude ad ogni atto del suo governo, e chi trova da ridire su quasi tutto.”. Qui forse c’è da commentare che un professore universitario non può essere un tecnocrate, nello specifico siamo certo in presenza di una persona da sempre in un turbine di vanità, da sempre convinta di alti destini, cui Berlusconi contribuì mandandolo a fare il commissario europeo: ma del tutto inadeguata a tenere assieme il Governo di un Paese nel mezzo di una tempesta. Infatti la crisi si è solo aggravata.

Personalmente, confessa Ricolfi, “sono passato da un sostegno colmo di speranza (primi mesi), a un dissenso colmo di delusione (ultimi mesi)” e poi chiede : “C’è qualcosa che in molti, forse la maggioranza, pensiamo del governo Monti?”

Risposta: “Una prima cosa è che, al momento, non ci sono alternative migliori, più credibili, più affidabili. Specie a livello europeo, Monti è la persona che più autorevolmente può difendere, ed effettivamente difende, gli interessi dell’Italia. Certo questo non lo pensano tutti, ma credo sia piuttosto difficile per chiunque immaginare che uno qualsiasi dei leader o degli aspiranti leader politici di questo Paese possa fare meglio e di più di Monti nel complesso negoziato in corso fra i maggiori paesi europei”.

Ma, aggiunge Ricolfi, “oltre alle cose che in molti pensiamo, ci sono le cose che in molti vorremmo […] e queste sono cose per lo più critiche verso il governo, […] al di là delle differenze fra schieramenti e fra concezioni generali del bene pubblico. […]Credo che queste cose si possano sintetizzare in due punti fondamentali”.

Eccoli. “Primo punto. Meno annunci, meno approssimazioni, meno personalismi dei ministri, meno marce indietro, in una parola: più fatti, meno parole. Fa una gran brutta impressione la promessa di fare una riforma incisiva entro pochi mesi, e poi il solito temporeggiare, indietreggiare, rimodulare, demandare, delegare. Certe riforme si possono anche non fare, ma se dici di farle entro 3 mesi poi le devi fare, devi stare nei tempi, e devi farle sul serio. Se non sei in grado, meglio non fare niente. Dice nulla il fatto che lo spread sia migliorato nei primi mesi dell’anno, quando l’immagine riformatrice del governo era ancora intatta, e sia sistematicamente peggiorato quando si è capito, l’abbiamo capito tutti, e quindi anche i mercati che il governo aveva perso la sua spinta propulsiva?”

“Secondo punto. Più autonomia dai partiti che lo sostengono. Sulle nomine, sul disegno di legge anti-corruzione, sui costi della politica, sulla riforma della pubblica amministrazione, il governo ha subito costantemente il condizionamento dei partiti. Come cittadino, io mi sento profondamente offeso e preso in giro da un governo che, presumibilmente per volere del ceto politico, non trova il coraggio di varare una norma che proibisce ai condannati definitivi di candidarsi alle elezioni del 2013. E come studioso di cose elettorali mi stupisco che i sondaggi assegnino a Beppe Grillo solo il 21% dei consensi. Siamo davvero un popolo paziente se alla politica consentiamo tutto, forse distratti dal campionato europeo di calcio”.

Non “che Grillo sia la soluzione. Grillo è un termometro, che ancora imperfettamente ma inesorabilmente registra l’aumento della febbre anti-partitica dell’elettorato. Per questo trovo incredibile che i partiti non se ne accorgano, e continuino a regalargli consensi che difficilmente saranno in grado di risolvere i problemi dell’Italia. E ancora più incredibile trovo il fatto che questo governo, che non è composto da politici in carriera (salvo qualche ministro che ci sta facendo un pensierino), non separi chiaramente le sue responsabilità da quelle dei partiti. Non solo sulle nomine, sui costi della politica, sui privilegi della casta, ma sulle cose che davvero possono cambiare la vita degli italiani, ossia su quelle riforme radicali di cui da vent’anni si parla e di cui lo stesso Monti era un convinto sostenitore finché parlava dalle colonne del Corriere della Sera”.

Conclude Ricolfi, rivolgendosi direttamente a Monti: “Anziché lamentarsi più o meno cripticamente dei poteri forti che l’avrebbero abbandonata, ci dica che cosa lei farebbe e chi glielo impedisce. A partire dal problema della eleggibilità dei condannati definitivi ma anche su tutto il resto (le riforme strutturali), che conta di meno sul piano morale ma conta di più sul piano pratico. […] Un desiderio in comune ce l’abbiamo: più chiarezza. Chiarezza sulla rotta del nocchiero, notizie sui pirati che ne minacciano la navigazione”.

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