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Roma sotto assedio e la solitudine di Marino: Goffredo Buccini sul Corriere

di admin |26 Novembre 2013 18:27

Roma sotto assedio e la solitudine di Marino: Goffredo Buccini sul Corriere (LaPresse)

ROMA – Il traffico, i cortei, il buco di bilancio di oltre 800 milioni di euro; l’ostilità di Caltagirone, la freddezza del Pd, il braccio di ferro coi vigili; i cantieri infiniti, la metro C, la nuvola di Fuksas; i 130 mila emendamenti dell’opposizione su un bilancio già speso… nessuno vuole essere nei panni di Ignazio Marino, sindaco di Roma da cinque mesi e già indicato come la causa di tutti i mali della Capitale (dai detrattori). Mentre gli scettici, come Goffredo Buccini sul Corriere, non vedono in Marino la soluzione, dei molti mali della Città eterna:

“La maionese è impazzita. «Magari! Vorrebbe dire che si muove… qua stamo tutti incartati!». Il poliziotto allarga le braccia, davanti alle transenne che sbarrano anche il tratto di solito non proibito dei Fori Imperiali, tra clacson e imprecazioni. «C’è una manifestazione improvvisata. Provi un po’ a parcheggiare là», indica. E là è un groviglio di moto e scooter davanti ai cancelli del Palatino, sotto gli occhi di turisti allibiti e finti centurioni indifferenti.

Mezzogiorno. In duecento, forse trecento accorsi qui da tutta Italia invocano il metodo Stamina, innalzano striscioni (Vite a tempo ) e rabbie anche legittime: paralizzando il cuore di Roma, senza autorizzazione, com’è ovvio. […] Cinquecento metri più su, i senzacasa occupano un pezzo di piazza Santi Apostoli. Una fila di autobus di linea e pullman turistici è ferma per tre ore da piazza Venezia a piazza Colonna e oltre.

Via Cavour è un serpente di macchine fino alla Stazione. Sembra una vecchia domenica di austerity, il centro della capitale, in questa bolla di immobilità rancorosa. Invece è un lunedì, e non un «lunedì nero», come piace ai titolisti. È un dannato lunedì quasi di routine, perché a Roma si scaricano ormai senza preavviso tensioni e umori di un Paese sempre più teso e di malumore.

Alemanno non se ne faceva una ragione, e aveva pensato — tra molti sberleffi — di mettere addirittura una tassa sui cortei. Che non erano colpa sua, almeno quelli. Come non sono colpa di Ignazio Marino, il nuovo contestatissimo sindaco, eletto dal Pd: un genovese di madre svizzera con lunga esperienza da chirurgo in America, non proprio un prodigio di sintonia con l’anima buiaccara di Rugantino e i motti di Pasquino. Come direbbe Guccini, il cuore è di simboli pieno. Il simbolo della Roma mariniana, e del suo ripiegarsi sui propri guai, sta in questa marmellata di lamiere immote, di appuntamenti saltati, di lavori impossibili: capitale stracotta, nazione in ginocchio; Roma incarna più che mai, in peggio, la povera Italia dei nostri giorni. Questo lunedì non è colpa di Marino, ripetiamolo.

E però Marino ha un sesto senso per stare nel posto sbagliato al momento sbagliato (era a Cracovia mentre gli antagonisti assaltavano i Palazzi romani: per una visita ad Auschwitz sacrosanta ma infelice nella tempistica). Sicché adesso, mentre i romani boccheggiano nel caos del centro, lui è all’Eur, a concionare sulla Nuvola di Fuksas, «nuovo punto di forza dello skyline cittadino». Peccato che la struttura («l’edificio inesistente più famoso del mondo dopo la torre di Babele», scriveva ieri Giuseppe Pullara sul Corriere romano), costata finora 200 milioni per soli tre quarti, avrebbe bisogno, per essere completata dopo sei anni (!) di 170 milioni che, valli a trovare, di questi tempi.

Il clima politico è questo. Il deficit di 867 milioni di euro (ereditato e denunciato) non aiuta. Per uscire dall’angolo, tre settimane fa, Marino ha invitato in gran segreto al Campidoglio proprio Caltagirone. Per dare un’idea dei rapporti tra i due, avvelenati anche dalle tensioni sull’Acea, basta un titolo del Foglio: «L’Ingegnere e il Marziano. Quer pasticciaccio brutto tra il Messaggero e il sindaco di Roma». Mesi di attacchi, attribuiti alla volontà dell’editore (non molto generosamente verso l’autonomia dei colleghi del maggior quotidiano romano). Poi l’incontro: un’ora tesa, nell’ufficio con vista sui Fori. «Andato male», dicono voci vicine a Marino. Il sindaco sperava di parlare di metro C, «che è strategica». Tradotto: altra grana infinita, tre miliardi e mezzo per 30 stazioni, tremila posti di lavoro a rischio ora che i soldi mancano, gli stipendi ballano e il capolinea ipotizzato si sposta indietro allo spostarsi in giù del budget.

Marino dà una forte sensazione di solitudine anche ai suoi: «Stiamo sfidando i poteri forti della città, costruttori, editori, imprenditori», proclama, saltato l’abboccamento con Caltagirone. […] La verità è che, per rimettere insieme la città in pezzi com’è, occorrerebbe carisma. Molti dubitano che ne abbia, con quell’aria da giovane marmotta stralunata e una certa tendenza a sbagliare le scelte-chiave, assessori e comandanti dei vigili compresi”.

 

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