Ruby-Berlusconi, seconda rata Imu, Sardegna: rassegna stampa 22 novembre

di Redazione Blitz
Pubblicato il 22 Novembre 2013 - 09:00 OLTRE 6 MESI FA
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La Repubblica del 22 novembre

ROMA – “Berlusconi regista della prostituzione sa delinquere e fece sesso con Ruby”. L’articolo di Repubblica a firma di Piero Colaprico:

Divisa in 35 parti, e in 326 pagine dal linguaggio stringato e senza giudizi morali, la sentenza firmata Turri, De Cristofaro, D’Elia spiega che Silvio Berlusconi, se è stato punito con sette anni di carcere — 6 anni e 4 mesi per concussione, 8 mesi per essere il cliente di una prostituta minorenne — lo deve anche a se stesso: e cioè «alla capacità a delinquere dell’imputato».

È la seconda volta, attenzione, che i giudici glielo scrivono. La prima volta è successo per la frode fiscale «Mediatrade». In quel caso, come si sa, la sentenza è diventata definitiva ad agosto: un anno di carcere incombe sul neo leader della neo Forza Italia, e lo stesso Senato sarà presto chiamato a sancire la possibile decadenza di Berlusconi dall’alta carica. Questa seconda volta è ancora più grave. La forza delinquenziale dell’imputato Berlusconi viene «desunta — così leggiamo nella sentenza — dalla condotta susseguente ai reati, consistita nell’attività sistematica di inquinamento probatorio a partire dal 6 ottobre 2010, attuata anche corrispondendo a El Marough Karima e ad alcune testimoni ingenti somme di denaro».

Dopo l’abuso di potere esercitato nel chiamare e asservire la questura di Milano ai suoi interessi privati (far uscire Ruby Rubacuori minorenne), si profila dunque — e va dettochiaro e tondo — un altro abuso, quello di voler deviare ancora oggi le indagini. È questo il sottofondo del Ruby-ter, il nuovo processo che bussa alle porte di Arcore e di Palazzo Grazioli. Può nascere dalla nuova inchiesta — l’esercizio dell’azione penale è obbligatorio — per corruzione giudiziaria. Con Berlusconi, e non solo lui, che tornerà ad essere radiografato dai radar della procura, e del procuratore aggiunto Ilda Boccassini.

I lettori possono leggere autonomamente la sentenza (www.repubblica.it), ma per comprendere quanto sia granitica basta partire dalla sorte di un personaggio minore, Barbara Faggioli: «La quale ha negato di essersi prostituita presso la residenza dell’imputato». Si può crederle? «La versione fornita dalla testimone di aver ricevuto dei regali dall’imputato (Berlusconi) a mero titolo di liberalità si pone in stridente contrasto — scrivono giudici —con le seguenti intercettazioni che, al contrario, dimostrano lo stabile inserimento della donna nel sistema prostitutivo».

Segue un impressionate catalogo: gli sms di Nicole Minetti («Io farei le troie, lo chiamiamo stasera (a Berlusconi) e gli diciamo che abbiamo bisogno per partire, come hanno fatto Aris e Mary»); i conteggi del denaro dato alle altre dopo il sesso («25 paia di scarpe», «nove paia di scarpe»); sino alle proteste per quelle che «hanno preso», mentre loro non avrebbero «beccato ». In più, viene riesumata dal collegio l’indimenticabile spiegazione di Nicole Minetti all’amica Melania Tumini: alle cene eleganti di Arcore, ragguaglia, «c’è la zoccola, c’è la sudamericana (…) c’è quella via di mezzo tipo Barbara Faggioli».

Berlusconi: una trappola ad orologeria. L?articolo di Repubblica a firma di Liana Milella:

È in collera come poche volte, in questi vent’anni di guerra giudiziaria, gli è capitato di essere. Contro i magistrati, ovviamente. Perché Berlusconi addebita alle toghe di Milano, stavolta, «un’inaudita perfidia ». Non solo quella, scontata, di farlo diventare il protagonista di un porno fotoromanzo, ma di renderlo pubblico, «con dettagli che violano clamorosamente la mia privacy», a una manciata di giorni dalla seduta del Senato sulla decadenza. Mercoledì 27. Perché tutto può slittare, come dice il capogruppo del Pd al Senato Luigi Zanda, «ma non quello». Il Cavaliere, come fosse un’ossessione, ripete lo stesso concetto per tutto il pomeriggio: «Lo hanno fatto apposta, lo hanno studiato a tavolino, avevano aspettato cinque mesi, potevano aspettare ancora dieci giorni. Invece niente, le motivazioni escono giusto meno di una settimana prima della discussione in aula, solo per mettere la m…nel ventilatore…». Berlusconi vede rosso. E ha paura. Paura di essere arrestato. Sono settimane che l’incubo è in continuo crescendo. Convinto che le motivazioni del processo Ruby escano proprio adesso solo per deteriorare ulteriormente la sua immagine, per fare in modo che in aula mercoledì prossimo i senatori siano convinti di aver davanti non solo uno che ha frodato il fisco, ma anche un incallito libertino. «Ancora una volta i magistrati fanno politica con le loro sentenze». Quella su Ruby diventa, nelle parole delle Cavaliere, una «bomba ad orologeria ». Pronta a deflagrare giusto il 27 dicembre.

Berlusconi oramai sa beneche la seduta non si sposta. Si farà, e stamattina la capigruppo del Senato la confermerà definitivamente. I suoi nemici potranno dire: «Avete visto? È un delinquente abituale. Dobbiamo cacciarlo perché macchiaanche l’onore del Parlamento». La collera per le motivazioni si mescola alla paura per quello che gli potrà succedere quando non avrà più lo scudo protettivo di parlamentare sulla sua testa.

Il punto dolente è questo. La«trappola» sta nel reato di corruzione di testimone. È scritta nelle carte inviate dai giudici alla procura di Milano. Che potrebbero costare un arresto non solo per lui, ma anche per i suoi legali Niccolò Ghedini e Piero Longo. Che avrebbero spinto le 24 imputate a non dire tutta la verità con l’unico obiettivo di difendere l’indifendibile Berlusconi ». Indaga il pm Ilda Boccassini, uno dei magistrati che Berlusconi teme, perché ne conosce il carattere spigoloso e soprattutto l’incorruttibilità. «Se Boccassini decide di muoversi,per me non c’è più nienteda fare», Da ieri Berlusconi sa bene di essere ancora più debole e vulnerabile. Sono lontani i tempi in cui, da presidente del Consiglio, poteva ordinare norme a sua misura. I lodi Schifani e Alfano? Un miraggio. Peraltro, proprio quei due ormai sono dall’altra parte, nel Nuovo Centro Democratico. Mentre Berlusconi sa che deve subire pure quella legge che lui stesso ha fatto approvare, la Severino. Un dettaglio che lo fa schiumare di rabbia.

Cancellieri, stoccata di Renzi “L’ha salvata il vecchio Pd” M5S, sfiducia anche al Senato. L’articolo di Repubblica a firma di Tommaso Ciriaco:

Non si rassegna, Matteo Renzi. Il giorno dopo la fiducia accordata ad Anna Maria Cancellieri, il candidato alla segreteria del Pd torna ad attaccare il ministro della Giustizia, al centro della bufera per il caso Ligresti. E a infuocare ancora di più il clima ci pensa il Movimento cinque stelle del Senato, promettendo battaglia per far calendarizzare una nuova mozione di sfiducia al Guardasigilli.

Il sindaco di Firenze è duro. A partire dal Pd, a dire il vero: «Sulla vicenda è stata la stessa Cancellieri a fare la sintesi perfetta. Lei ha detto “il vecchio Partito democratico mi avrebbe difeso”. E alla fine il partito ha votato a favore. Il nuovo Pd credo chenon difenderà più casi di questo genere, ma dipenderà da quello che accadrà l’otto dicembre». Per questo, promette un deciso cambio di rotta — «se voteranno il cambiamento, si cambierà davvero» — e brandisce ancora una volta il caso che ha imbarazzato il ministro.

Legando la tenuta del governo al sostegno a Cancellieri, Letta ha spinto tutti a votare contro la mozione di sfiducia: «Il ministro — insiste Renzi — ha profondamente sbagliato. Ha scritto una brutta pagina e avrebbe fatto meglio ad andare a casa. Ma sono anche uno di quelli che non crede giusto mandare a casa un intero esecutivo ». Resta la critica, radicale, ai comportamenti del responsabile di via Arenula: «Mi auguro abbia conservato il prestigio e l’autorevolezza per affrontare le cose che interessano agli italiani, non i giochini interni che agli italiani non interessano».

Non è solo Renzi a spargere sale sulle ferite. A disagio si mostra anche Pippo Civati. Il candidato alla guida del Pd apre su Twitter uno spazio di confronto con gli elettori delusi, lanciando l’hashtag “#insultacivati”: «Mi pare giusto chiedervi di concentrare qui gli insulti e le giuste reprimende. Il nostro vaffaday ce lo siamo meritati. Il partito è andato ad un testa coda che gli elettori non hanno capito». Un malumore condiviso dal renziano Paolo Gentiloni, pronto a ribadire: «Cancellieri si deve dimettere ». Come se non bastasse, un gruppo di deputati dem mette nero su bianco un’interrogazione al ministro per promuovere una riforma che impedisca «le attuali disparità di trattamento e la vergognosa condizione di alcune delle nostre carceri ».

Un nuovo fronte, infine, lo apre il M5S. Paola Taverna è pronta a reclamare già oggi, nel corso della conferenza dei capigruppo, la calendarizzazione di una nuova mozione di sfiducia al Guardasigilli, presentata lo scorso 5 novembre e mai discussa. Ma è la stessa Taverna a indicare le priorità: «Sul calendario non sono certo intenzionata a perseguire un suicidio politico, per cui intanto portiamo a casa il voto sulla decadenza di Berlusconi il 27 novembre. Poi daremo battaglia su Cancellieri».

L’addio all’Imu slitta a martedì Letta: subito le privatizzazioni. L’articolo del Corriere della Sera a firma di Lorenzo Salvia:

Alla scadenza manca ormai meno di un mese. Ma sulla seconda rata dell’Imu per l’abitazione principale non abbiamo ancora certezze. Il Consiglio dei ministri di ieri mattina, convocato la sera prima con il decreto sulla cancellazione della rata di dicembre al primo punto dell’ordine del giorno, ha rinviato la questione alla prossima settimana. Se ne riparla martedì. «Ho letto interpretazioni maliziose ma la decisione è legata esclusivamente ad un fatto formale» assicura il presidente del Consiglio Enrico Letta. Il decreto sull’Imu deve andare di pari passo con un altro provvedimento, quello sulla rivalutazione delle quote in Banca d’Italia possedute dagli istituti di credito. Ma per procedere serve prima il via libera della Banca centrale europea, che non è ancora arrivato. «Prima del parere della Bce è impossibile formalizzare il provvedimento sull’Imu» dice ancora Letta, garantendo che «la seconda rata non si pagherà perché questo è l’impegno preso che sarà rispettato». Ma al di là dei cavilli, il vero problema sono i conti che non tornano ancora. Lo si capisce dalle parole del ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni, che sulla questione è sempre stato più che prudente: «In questi giorni che mancano metteremo a punto anche la ripartizione delle risorse ma ho sempre detto che non sarebbe stato facile». E infatti.

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I 2 miliardi di euro necessari per non far pagare tutte le abitazioni principali dovrebbero arrivare dai maxi acconti Ires e Irap dovuti da banche e assicurazioni, con l’aggiunta del nuovo acconto sul risparmio amministrato, sempre a carico delle banche. Non ci dovrebbero essere problemi per i fabbricati agricoli, esentarli dall’Imu costa appena 20 milioni di euro. Il primo scoglio riguarda la cancellazione della tassa sui terreni agricoli, per la quale servono invece più di 300 milioni di euro. IL secondo problema, invece, è che i Comuni di milioni ne chiedono almeno altri 500, sostenendo che il rimborso dell’Imu andrebbe fatto sulla base delle aliquote 2013, più alte di quelle 2012 prese in considerazione dal governo. A mancare all’appello, dunque, sono oltre 800 milioni di euro, c’è chi dice che a conti fatti si arriverebbe addirittura a un miliardo.

Seconda rata, rischio caos I Centri fiscali avvertono: impossibile fare i conti. L’articolo del Corriere della Sera a firma di Corinna De Cesare:

Chi lavora in alcuni degli oltre 93 Caf sparsi in tutta Italia, racconta di gente preoccupata e dubbiosa. Perché le telefonate e gli appuntamenti sull’Imu con gli esperti dei centri di assistenza fiscale si concludono sempre allo stesso modo: poche idee e confuse. E non per colpa degli operatori che aiutano tutti gli anni i contribuenti nelle varie scadenze fiscali. Ma a causa di circa quattromila Comuni che, secondo la consulta dei Caf, non hanno ancora deliberato e pubblicato le aliquote Imu.

Se per l’abolizione della seconda rata sulla prima abitazione, il Consiglio dei ministri ha deciso di rinviare il varo del decreto alla settimana prossima, non va tanto meglio per il saldo dell’imposta sulle seconde case. Per la stragrande maggioranza di chi ha pagato la prima rata a giugno e che dovrebbe saldare entro il 16 dicembre, la confusione regna sovrana. La normativa prevede infatti che i Comuni possano pubblicare i dati delle aliquote Imu entro il 9 dicembre. Ma la scadenza del pagamento della tassa è stata fissata appena una settimana dopo. Tempi valutati troppo stretti dalla consulta nazionale dei Caf, soprattutto in virtù dei quattro mila «ritardatari» di cui sopra. Per questo motivo i Caf hanno inviato una lettera al ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni e al presidente dell’Anci (l’associazione dei Comuni italiani) Piero Fassino.

«In 7 giorni — spiega il coordinatore della consulta nazionale dei Caf Valeriano Canepari — dovremmo consultare oltre 4 mila siti web delle amministrazioni locali, studiare le delibere, individuare le aliquote e le varie esenzioni, inserire i dati nel nostro sistema informativo e calcolare la somma da pagare». Un giochetto di pochi minuti per una persona sola, ma che diventa più complicato se la platea di persone coinvolte si allarga a circa cinque milioni di contribuenti. L’Imu su immobili diversi dall’abitazione principale ha interessato nel 2012 15,3 milioni di cittadini. Ma «più o meno cinque milioni si sono rivolti a noi per pagare l’acconto di giugno — aggiunge Canepari — e ora vorrebbero trovarsi nelle condizioni di poter pagare anche il saldo senza preoccupazioni. Ai tempi dell’Ici — ricorda Canepari — avevamo tre mesi di tempo. Oggi la gente viene da noi e ci guarda sconvolta. Abbiamo stampato pure dei volantini per cercare di spiegare, ma non sappiamo più cosa dire. C’è incertezza totale». Nella missiva inviata in via XX Settembre i Caf hanno comunicato che loro, vada come vada, si appellano ai diritti sanciti dallo Statuto del contribuente che stabilisce «un minimo di 60 giorni tra l’adozione dei provvedimenti di attuazione delle disposizioni tributarie (in questo caso le delibere dei Comuni, ndr ) e la scadenza per l’adempimento».

Perlustrazioni con i droni per la mappatura dei danni. L’articolo del Corriere della Sera a firma di Alberto Pinna:

«Non si ha idea di come è ridotta la Sardegna. A vederla dall’alto fa davvero impressione. Quanto ci vorrà per sistemare questo disastro?». L’elicottero ritorna dall’ennesima perlustrazione, il suo comandante è uno che ne ha viste tante: centinaia di ore di volo fra incendi, salvataggi a mare, feriti in emergenza. «Ma così…». Destino beffardo: l’acqua per la Sardegna è stata sempre un problema quasi di sopravvivenza: d’estate non bastava neanche per le persone e per i campi non ce n’era proprio. Dopo la furia di Cleopatra quasi metà dei terreni del versante centro orientale sono coperti da acquitrini e fango: quante case allagate? E strade ferite dalle frane? Quanti i ponti crollati, i casolari spazzati via, i terreni devastati? «Non è possibile dirlo ora» ammette Franco Gabrielli, capo della Protezione civile.

I 103 milioni del governo e i quasi 30 messi insieme da Regione, organizzazioni della Chiesa e primi fondi raccolti dalle catene di solidarietà saranno appena sufficienti per cominciare. Sono 55 i comuni dichiarati in emergenza: 7 in provincia di Cagliari, 17 a Nuoro,14 fra Oristanese e Medio Campidano, 7 in Ogliastra, 10 in Gallura, e proprio intorno a Olbia c’è la «zona rossa», dove sono morte 13 persone delle 16. «Oggi arriva il ministro Lupi — dicono alla Protezione civile — e potrà rendersi conto in che stato sono ridotte le infrastrutture. È lui il ministro…».

Sono decine le interruzioni di ponti e strade, centinaia se si mette nel conto la viabilità rurale. Fra Bitti e Onanì (Nuoro), dove si cerca ancora Giovanni Farre, l’ultimo disperso, la piena dei torrenti ha frantumato 7 ponti. Per andare da Olbia e Tempio, meno di 50 chilometri, ci vuole più di un’ora perché il precipizio apertosi a monte Pino costringe a una lunga deviazione. Quasi isolata Dorgali: travolti i ponti di Nurgheri e Oloè (lì è morto l’agente di polizia Luca Tanzi) e almeno altri 15 in tracciati secondari sono crollati. Fra Oliena e Orgosolo il ponte di Badu ‘e Cherchu ha retto alla piena ma è stato spostato di 30 centimetri: chiuso. Malandate anche decine di strade statali, con limitazioni di traffico. Non percorribili le gallerie vicino a Nuoro e sul passo Correboi.