Scajola-Matacena, Repubblica: “Così la ’ndrangheta fece crescere Forza Italia”

di Redazione Blitz
Pubblicato il 10 Maggio 2014 - 16:08 OLTRE 6 MESI FA
Scajola-Matacena, Repubblica: "Così la ’ndrangheta fece crescere Forza Italia"

Scajola-Matacena, Repubblica: “Così la ’ndrangheta fece crescere Forza Italia”

ROMA –Cluadio Scajola dopo la sentenza di condanna per concorso esterno di Amedeo Matacena è diventato la proiezione politico-istituzionale- imprenditoriale del primo che consapevolmente agevolava gli interessi della ‘ndrangheta nella sua composizione unitaria”. Così scrivono i pm calabresi nella loro richiesta di custodia cautelare contro Scajola. Ecco perché i magistrati della procura della repubblica di Reggio Calabria volevano arrestare Scajola anche per favoreggiamento mafioso. La proposta dei pubblici ministeri è stata respinta dal giudice delle indagini preliminari “per mancanza di un supporto indiziario idoneo”.

L’articolo di Attilio Bolzoni (questo il link originale):

È il racconto di un pentito che ricorda un summit al santuario della Madonna dei Polsi — luogo sacro per la ‘ndrangheta, tutti i suoi capi ogni anno si riuniscono lì a settembre per stringere alleanze, dichiarare guerre, decidere strategie criminali — avvenuta qualche mese prima della fondazione di un nuovo partito. Siamo alla fine dell’estate del 1991, il pentito si chiama Pasquale Nucera, uno della ‘ndrina dei Iamonte di Melito Porto Salvo. Confessa Nucera: «C’è stata una riunione al santuario di Polsi nel comune di San Luca, nel corso del quale si parlò di un progetto politico…». C’erano tutti i capi più importanti della mafia calabrese. C’era Anche Amedeo Matacena, l’amico dell’ex ministro dell’Interno Claudio Scajola. C’era anche un misterioso personaggio «che parlava italiano con un accento inglese o forse americano». È stato identificato come Giovanni Di Stefano, un affarista che negli anni passati ha provato a comprarsi gli studios della Metro Goldwyn Mayer, un sedicente avvocato (è stato denunciato poi anche per esercizio abusivo della professione) che comunque è riuscito a difendere in aula gente come Saddam Hussein, il suo braccio destro Tariq Aziz, Slobodan Milosevic, il leader paramilitare serbo Zeliko Raznatovic meglio conosciuto come la “Tigre Arkan”. Questo personaggio, finito nelle pieghe delle indagini siciliane sulle stragi, era presente al santuario di Polsi e fu lui a parlare per primo di «un “partito degli uomini” che doveva sostituire la Democrazia Cristiana in quanto questo partito non garantiva più gli appoggi e le protezioni del passato».

Parole testuali del pentito Pasquale Nucera, che in un secondo momento si dichiarerà anche agente del Sisde, il servizio segreto civile italiano. In due interrogatori, ricorda uno per uno tutti i presenti al summit: «Seppure defilato, c’era anche Matacena, “il pelato”, appartato con Antonino Mammoliti di Castellace. Poi c’erano anche tutti i vari esponenti dei “locali” della ‘ndrangheta calabrese». Fa l’elenco: «Pasquale e Giovanni Tegano, Santo Araniti, uno dei Mazzaferro di Taurianova e uno dei Mazzaferro di Gioiosa Ionica, che abitava vicino al cimitero, Marcello Pesce, uno dei Versace di Africo, parente di un certo Giulio Versace, Antonino Molè, due dei Piromalli, Antonino Mammoliti ed altri…».

I pm riassumono in una trentina di pagine le attività oscure di Matacena e i suoi rapporti con la ‘ndrangheta. Poi scrivono: «Emerge con univoca chiarezza dalle complessive acquisizioni, invero, che di tale rete di relazioni è membro di rilievo lo stesso Claudio Scajola, unitamente alle altre persone sottoposte ad indagine, il quale diviene funzionale nel complessivo panorama criminale oggetto di ricostruzione proprio in quanto interlocutore istituzionale proiettato verso una candidatura di rilievo alle prossime elezioni europee…». E riferendosi agli uomini e alle donne — compreso l’ex ministro degli Interni — che hanno protetto l’ex deputato latitante: «Nel caso in specie si comprende, quale dato di dirompente rilevanza, che l’attività di protezione svolta a favore del Matacena, finalizzata a preservarne la piena operatività, non è più rivolta a suo esclusivo vantaggio ma diviene il passaggio necessario a proteggere lo strumento indispensabile di agevolazione delle capacità economico-imprenditoriali del complessivo sistema criminale nella sua componente riferibile alla ‘ndrangheta reggina, di cui il politico/imprenditore (Matacena, ndr) è ormai componente essenziale e non sostituibile».

Hanno favorito Amedeo Matacena e favorendo lui e il suo “sistema” hanno favorito tutta la ‘ndrangheta. Anche Claudio Scajola. Ecco perché i magistrati della procura della repubblica di Reggio Calabria volevano il suo arresto con l’aggravante dell’articolo 7. Dopo la decisione negativa del giudice, il procuratore capo Cafiero De Raho ha già annunciato appello.