Sequestro Spinelli, la versione de Il Giornale

Giuseppe Spinelli

MILANO – “Chi c’è dietro il sequestro del cassiere di Berlusconi”, questo il titolo de Il Giornale sulla vicenda del sequestro di Giuseppe Spinelli. Il quotidiano parla di “trame oscure”, “presunti dossier su Fini e De Benedetti”, spiegando poi che “non può essere malavita, c’è un disegno”.

Luca Fazzo scrive che “se qualcuno oggi dovesse spiegar­vi cosa c’è dietro la brutta storia del rapimento del ragionier Giu­seppe Spinelli, non credetegli”. Secondo Fazzo infatti sono talmente numerosi i dettagli incongruenti, e talmente vistoso il vuoto lasciato dai tasselli mancanti, che “nessu­no può in buona fede ( a parte gli opinioni­sti da osteria e da Facebook) pensare oggi di spiegare cosa sia davvero accaduto”.

Scrive quindi Fazzo per Il Giornale:

C’è però una certezza da cui si può parti­re: l’operazione non è frutto della fanta­sia criminale di un sestetto di gregari del­la malavita come quello finito finora nel­la rete. Non è il caso, forse, di parlare di «menti raffinatissime». Ma un livello su­periore, una mano più oculata, ha guida­to le mosse dei sei. Il movente economico,e questa è un’al­tra certezza, non spiega tutto. Va bene che Silvio Berlusconi – come il povero ragio­nier Spinelli sa bene – è un uomo genero­so.

Ma pensare che trentacinque milioni potessero uscire dalle casse (oggi peraltro monitoratissime) del Cavaliere in cam­bio di un miscuglio di verità più o meno strabilianti, e processualmente comun­que inutilizzabili, è fare torto all’intelli­genza. Magari chi ha architettato il rapi­mento e l’estorsione qualche soldo in ta­sca se lo sarebbe messo volentieri. Ma l’obiettivo di questa trama – solo in appa­renza maldestra – era sicuramente anche altro e più alto. I temi agitati da questi rapitori dal buon cuore, che rimboccano le coperte ai loro ostaggi, sono – si badi – temi seri: le scelte di campo di Gianfranco Fini, i suoi rappor­ti veri o presunti con la magistratura, sono un tema di cui si discute da tempo; e la sen­tenza del Lodo Mondadori costituisce in­dubbiamente, nelle sue colossali dimen­sioni, un unicum nella storia giudiziaria del Paese.

Che sulla loro genesi si possano ipotizzare versioni innovative fa parte del lecito. Ma che queste verità alternative possano essere custodite da questi ma­gliari di provincia, imboscate in una chia­vetta che sul più bello ovviamente non funziona, non è credibile.

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