Marylin Monroe chiese: “Devo spogliarmi?” a Silvano “Nano” Campeggi

nanoROMA – Silvano Campeggi, 90 anni, ritrattista-cartellonista che con lo pseudonimo “Nano” ha firmato i manifesti più belli del cinema internazionale, ha rilasciato un’intervista esclusiva al Giornale.

L’intervista a cura di Stefano Lorenzetto:

Quanto guadagnava a film? «Non me lo ricordo. Dico davvero. Sono passati più di 40 anni. So solo che Ben-Hur o Tom & Jerry mi venivano pagati uguali. In più pigliavo un 20 per cento su ogni commessa dalla Zincografica fio­rentina che stampava i manifesti, la mi­gliore e la più cara d’Italia, dov’ero diret­tore artistico. Non rammento neppure l’ultima pellicola che ho illustrato. Sia­mo stati spazzati via dalla televisione. Un tempo la gente andava al cinema tut­ti i giorni. Dopo La pantera rosa passai sei mesi a Londra. La Metro voleva inse­rirmi nella produzione, ma a casa avevo un figlio piccolo e così tornai in Italia».

Se avesse venduto parte di questi ori­ginali, oggi sarebbe miliardario. «Eh, lo so. Invece mi sono tenuto tutto. Ho solo regalato un bozzetto di Via col vento a Nicoletta Pacini, conservatrice di memorabilia al Museo del cinema di Torino. Vedi questa Marilyn Monroe? È stata esposta dai Ferragamo a Palazzo Spini Feroni e poi a Praga. Ogni volta l’hanno assicurata per 200.000 euro. L’ho sempre rivolutaindietro».

Dal gran numero di ritratti, direi che Marilyn è stata l’amore della sua vita. «Era il 1957,l’avevo disegnata per Il prin­cipe e la ballerina , con Laurence Olivier regista.La Warner m’invitò a conoscer­la di persona. Non avevo mai viaggiato in aereo e in prima classe: rimasi impres­sionato dal fatto che lo champagne non ondeggiasse nella coppa. Nello studio di Hollywood la Monroe, ritardataria cronica, non arrivava mai. A un tratto, la visione. “Maestro, do I need to get un­dressed?”, cinguettò. Maestro, devo spo­gliarmi? Furono le sue prime parole».

E lei? «Sai, allora avevo 34 anni… Le risposi: Marilyn, sono venuto fin qui apposta!».

Ne ha conosciute di belle attrici. «Non posso lamentarmi. Disegnai il ma­nifesto del primo film di Sophia Loren, Ci troviamo in galleria , con Carlo Dap­porto. Poi mi trovai davve­ro in galleria, ma con Ava Gardner, che era appena stata lasciata da Walter Chiari. La Metro decise che dovevo essere io a te­nerla sotto braccio al­l’inaugurazione del cine­ma Astra di Milano. Per l’occasione Kamer Lee,di­rettore della casa america­na, mi prestò il suo smo­king bianco. Finimmo a vedere Sangue misto in balconata. Lei mi stringe­va la mano, all’anulare sfoggiava uno smeraldo grosso come una nespola. Era più cieca di una talpa.No,dài,non scrive­re “cieca”. Cambia: “miope”. Il suo sguardo languido nasceva da questo continuo sforzo per mettere a fuoco» (…)

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