ROMA – Tutto è pronto, l’attesa di Obama. Il Corriere della Sera: “Conto alla rovescia per l’attacco alla Siria. Tre giorni di raid sui siti strategici per «punire» il regime di Assad dell’utilizzo di armi chimiche. La Francia si schiera a fianco di Stati Uniti e Gran Bretagna, mentre l’Italia si chiama fuori: senza via libera dell’Onu, nessun appoggio. Obama riflette sui tempi, intanto il Pentagono ha messo a punto i dettagli dell’offensiva. L’operazione potrebbe partire nella notte tra giovedì e venerdì. Esclusi una no fly zone e il ricorso a forze terrestri, la Casa Bianca ha chiesto un’azione mirata.”
Conto alla rovescia per l’attacco Francia al fianco di Usa e Gb. L’articolo a pagina 2 de Il Corriere della Sera:
“Obama pondera bene ogni passo e, privo della copertura dell’Onu, cerca comunque di mettere insieme uno schieramento internazionale disposto a «punire» Assad per la strage compiuta con i gas. Scontato l’appoggio britannico, la Casa Bianca ha incassato il sì netto dei francesi e di altri Stati, europei e arabi. Domani se ne parlerà a livello ufficiale anche alla Nato, che ha previsto una riunione ad hoc sulla crisi. I collaboratori del presidente continuano ad affermare che il presidente è ancora impegnato nella valutazione degli elementi e che l’opzione militare è solo una delle carte considerate. Temi che forse sono stati al centro di una fitta rete di contatti telefonici tra Washington e i principali partner. Sull’altro fronte i siriani rispondono con discorsi bellicosi. Damasco ha promesso che «si difenderà con ogni mezzo a sua disposizione» e alcuni di questi — ha dichiarato il ministro degli Esteri Walid Muallem «sorprenderanno». Nella sua visione «l’aggressione americana serve solo gli interessi di Israele e di Al Qaeda… Se pensano di fermare in questo modo la vittoria della nostre forze armate si sbagliano». Dichiarazioni risolute che trovano conferme nei continui bombardamenti del regime sui centri abitati.”
Da Troia a Bagdad, l’eterna illusione della guerra-lampo. L’articolo a firma di Paolo Rastelli:
“Qualche esempio? Torniamo indietro di quasi 70 anni, al settembre 1944. Gli eserciti alleati stringono la Germania da Est e da Ovest, il nazismo appare sconfitto. Il comandante in capo britannico, Bernard Law Montgomery, concepisce un piano audace per far finire la guerra per Natale: lanciare un tappeto di paracadutisti anglo-americani per prendere i ponti sui fiumi e canali olandesi che separano le sue truppe dalla pianura settentrionale tedesca e lanciare un cuneo corazzato che passando su questi ponti piombi sulla Ruhr, cuore industriale della Germania. Ma il cuneo deve muoversi lungo una sola strada, circondata da polder olandesi allagati: i tedeschi la bloccano, i giorni passano, i paracadutisti inglesi inchiodati in Olanda ad Arnhem, sull’ultimo ponte(come lo chiamerà Cornelius Ryan nel suo libro), sono costretti al ritiro. Risultato: la guerra finisce nel maggio del 1945, otto mesi dopo. Facciamo un salto di sei anni, al 1950: la Nord Corea comunista sferra un attacco lampo contro il Sud protetto dagli americani. L’assalto affonda come un coltello caldo nel burro, Seul viene conquistata, nulla sembra potersi opporre ai carri armati T-34 nord coreani. Ma americani, altri soldati delle Nazioni Unite e sud coreani resistono, tengono duro sul perimetro di Pusan, i marines sbarcano a Inchon: la guerra durerà fino al 1953, lasciando tutto com’era (a parte centinaia di migliaia di vittime). Ma ancora oggi gli esperti occidentali di intelligence pensano che se mai la Nord Corea dovesse decidere di attaccare il Sud, tenterebbe un’altra operazione lampo, sperando in miglior fortuna.”
Tre giorni di fuoco per «punire» Assad. L’articolo a firma di Guido Olimpio:
“Gli americani — e non è un segreto — hanno in zona quattro unità navali in grado di «battere» i bersagli siriani con i missili da crociera Tomahawk (costo unitario di 1,5 milioni di dollari). Ognuna ne trasporta 24. Al loro fianco un sottomarino britannico della classe Trafalgar, dotato delle stesse armi. Poi alcune navi in appoggio. Nascosti da qualche parte forse un paio di «squali» nucleari Usa, sempre armati con i cruise. Gli esperti, però, non escludono che il Pentagono possa mobilitare alcuni dei suoi bombardieri strategici (come B2 e B52), che partono direttamente dagli Usa ed altri mezzi rimasti per ora al coperto. Velivoli che sono in grado di sparare missili (costo 700 mila dollari) senza entrare nei confini siriani. Gli Stati Uniti avrebbero poi chiesto ai greci la disponibilità della base di Kalamata, nel Peloponneso, e quella di Souda Bay, a Creta. I britannici, invece, dispongono della pista di Akrotiri a Cipro: ieri sono stati segnalati e smentiti movimenti di aerei militari legati ad un possibile blitz. Non è ancora del tutto chiaro quali altri paesi sono pronti ad unirsi alla mini-coalizione. Turchia e Francia hanno detto di essere pronte, identica la posizione della Danimarca. Si è parlato di un possibile spostamento della portaerei «Charles De Gaulle» ma ieri era segnalata a Tolone. Politico il supporto degli Stati arabi, come l’Arabia Saudita e il Qatar, grandi finanziatori della rivolta. Più in chiave difensiva, nel caso di rappresaglie, la consultazione che Washington ha avviato con altri partner. A questo è servita la riunione di lunedì ad Amman alla quale hanno partecipato i capi di stato maggiore di nove Paesi, tra cui quello italiano. Gli strateghi devono sempre considerare come potrebbe reagire il regime e studiare eventuali contromosse. Parare colpi convenzionali e azioni clandestine, a cominciare dal terrorismo. Lo avevamo anticipato ieri: alcune fazioni estremiste — come il Fronte di Ahmed Jibril — hanno promesso vendetta. E molto dipenderà dall’entità della mazzata che gli Stati Uniti daranno.”
L’Italia stavolta si chiama fuori «Niente basi senza l’ok Onu». L’articolo a firma di Fabrizio Caccia:
“Sempre ieri il presidente del Consiglio, Enrico Letta, ha avuto un lungo colloquio telefonico con il collega britannico, David Cameron: con l’uso massiccio di armi chimiche in Siria «si è oltrepassato il punto di non ritorno», hanno concordato i due. E il ministro Bonino ieri in Parlamento ha scandito bene le parole: «Si rafforza l’ipotesi, sulla base di informazioni di intelligence che siano state le forze armate siriane a far uso di armi chimiche. E l’uso di armi chimiche è un crimine contro l’umanità. L’Italia, però, non prenderebbe attivamente parte a operazioni decise al di fuori del Consiglio di sicurezza dell’Onu». Paletto insuperabile: «Senza un mandato del Consiglio di sicurezza non parteciperemo a operazioni militari». «Non c’è soluzione militare al conflitto siriano», ha aggiunto la Bonino, bisogna andare invece nella direzione di una «soluzione politica, che si chiami Ginevra 2 o in un altro modo, un negoziato». Altre strade, piuttosto che le armi, sarebbero percorribili: dal «deferimento dei responsabili dell’uso di armi chimiche alla Corte penale internazionale» fino «all’esilio dei vertici di quel regime». Ma l’Italia — ecco un altro punto fermo — non fornirà neppure armi all’opposizione siriana. «Non è un modo di scaricare le responsabilità», ha chiarito ieri la titolare della Farnesina, «ma un’assunzione di piena responsabilità nei teatri in cui già operiamo». Il riferimento era al Libano, all’Afghanistan e alla Libia, dove l’Italia «è già impegnata al limite e oltre il limite delle sue capacità».”
Siria, ecco i piani di attacco. La Stampa: “Nel mirino degli Usa sei basi aeree. L’Italia: “Niente supporto senza l’Onu”.”
Via l’Imu 2013, arriva la service tax. L’articolo a firma di Alessandro Barbera:
“Il decreto che varerà il consiglio dei ministri previsto per oggi cancellerà definitivamente la prima e la seconda rata dell’Imu di quest’anno. Da gennaio 2014 la tassa sulla prima casa sarà sostituita da una nuova imposta che comunque terrà conto delle dimensioni dell’immobile. I dettagli verranno definiti nella legge di Stabilità da approvare entro il 15 ottobre. L’accordo politico è chiuso, sui dettagli tecnici c’è ancora parecchio da fare. Il paradosso nel quale si è cacciato il governo Letta vuole infatti che la cancellazione dell’imposta sulla prima casa dovuta quest’anno sia una faccenda più complicata dell’accordo su quella che la sostituirà. Lo è anzitutto per il Pdl: cambiare nome (da Imu a service tax) e natura (da patrimoniale a contributo sui servizi comunali) a una tassa, permette di dire ai propri elettori che – almeno formalmente non c’è più. Se poi dopo la trasformazione il costo complessivo dovesse persino aumentare la colpa si può sempre scaricare sui sindaci aguzzini. Molto più difficile è fare i conti con una rata da pagare: o c’è, o non c’è. In questi mesi il partito di Berlusconi non ha promesso altro. E se poi quella rata è abolita ma sostituita con altre tasse alla gran parte dei cittadini può apparire come una beffa.”
“La legge Severino è incostituzionale” Berlusconi ci prova. L’articolo a firma di Guido Ruotolo:
“Le sei del pomeriggio, un indaffaratissimo Niccolò Ghedini taglia corto: «Non lo so ancora, stiamo vedendo…dobbiamo decidere». Mancano poche ore alla scadenza del deposito della memoria difensiva, dei pareri pro veritate alla Presidenza della Giunta delle elezioni del Senato. Ma c’è da scommettere che allo scadere dei tempi, oggi, i legali del senatore Silvio Berlusconi, eletto nel collegio del Molise, presenteranno le loro carte, annunciando battaglia sulla costituzionalità della legge Severino. Allo studio Ghedini in queste ore stanno arrivando diversi pareri pro veritate chiesti a luminari del diritto, sulla costituzionalità delle legge Severino e sulla retroattività della stessa. I professori Beniamino Caravita di Toritto, Giuseppe de Vergottini e Nicolò Zanon nel loro parere già acquisito dai legali di Berlusconi affrontano i dubbi di costituzionalità della legge Severino che ha esteso ai parlamentari le cause di incandidabilità, che erano previste solo per le elezioni locali e regionali.”
L’M5S perde la battaglia dell’inceneritore. L’articolo a firma di Giuseppe Salvaggiulo:
“Dopo anni di contese furibonde, a Parma si respira un’insolita aria minimalista. Cessati i proclami bellicosi, prevale il realismo. Il fronte del no pare rassegnato. «Abbiamo perso una battaglia, non la guerra» sintetizza Aldo Carfagnini dell’associazione Gestione corretta rifiuti, serbatoio della giunta Pizzarotti. Il sindaco e i Cinquestelle glissano ostentando un profilo istituzionale. Niente manifestazioni, polemiche, iniziative plateali. Nessuna chiamata alle armi. Eppure la crociata, annunciata a pagina 9 del programma elettorale («Da sempre diciamo no all’inceneritore»), fu la carta vincente contro il Pd, sponsor dell’impianto, travolto in rimonta al ballottaggio. Ribadita dopo la vittoria («La nostra volontà è chiuderlo») e declamata tra le «linee programmatiche» nella prima seduta di Consiglio comunale: «Stop alla costruzione dell’inceneritore e sua riconversione in un centro di riciclo e recupero. (…) Concorso d’idee per la riconversione industriale del cantiere dell’inceneritore». Ma la frase a cui l’opposizione vuole impiccare il sindaco è questa: «L’inceneritore qui non lo faranno mai, e se lo faranno dovranno passare sul cadavere di Pizzarotti». A pronunciarla nientemeno che Beppe Grillo, sceso a Parma meno di un anno fa per arringare la piazza in un’adunata ambiziosamente ribattezzata «Dies Iren – La fine degli inceneritori» in nome della resistenza all’insano connubio partiti-finanza-servizi pubblici e adesso derubricata a «convegno di sensibilizzazione».”
Babele in serie A. Il calcio italiano mai così straniero. L’articolo a firma di Roberto Condio:
“Vanno bene le frontiere aperte e la globalizzazione: è il nuovo mondo e indietro non si torna. Però, ammettiamolo, fa uno strano effetto vedere il nostro passatempo nazionale preferito invaso dagli stranieri. Ci sentiamo da sempre dei fenomeni, nel calcio: quattro volte campioni del mondo e un campionato che ci ostiniamo a etichettare come il più bello. Il problema è che comincia a essere complicato considerare la Serie A roba esclusivamente nostra. Figlia dei tempi, è una Babele. Nella quale chi gioca in casa è diventato minoranza. Il sorpasso degli stranieri sugli italiani è realtà da due stagioni e ha scatenato la reazione dell’Associazione Calciatori ma anche dei responsabili delle Nazionali azzurre, che hanno sempre meno materiale umano selezionabile. Tutto vano. Perché l’ondata esterofila continua a ingrossarsi. A maggio la Serie A 2012/13 aveva chiuso con un record storico: 54,21% di stranieri in campo (315 su 581). Alla faccia di ogni allarme, tra sabato e lunedì la nuova stagione è partita ritoccando subito il primato: 156 di 35 nazioni diverse su 278 per un 56,11% che in corso d’opera rischia di crescere ulteriormente.”
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