ROMA – Il caso Sorgenia è entrato nelle pagine del Corriere della Sera con una lettera di Rodolfo De Benedetti, figlio di Carlo De Benedetti e ora anche presidente di Cir, dopo essere stato l’inventore di Sorgenia.La lettera replica all’articolo scritto da Fabrizio Massaro e Sergio Rizzo sul Corriere della Sera di domenica, presentato in prima pagina con questo titolo: “Il premier, Sorgenia e il salvataggio pagato dallo Stato”.
Nella sua lettera, Rodolfo De Benedetti sostiene che il caso Sorgenia è “un problema aziendale e non un caso politico” con queste parole: “L’articolo [di Fabrizio Massaro e Sergio Rizzo] mette insieme in modo improprio la situazione di Sorgenia e la necessità di ristrutturarne il debito, il capacity payment per i produttori di energia elettrica, le presunte pressioni nei confronti dell’ex ministro Barca e addirittura le nomine ai vertici delle aziende pubbliche.”.
Nell’articolo si attribuisce “al cosiddetto capacity payment il carattere di una misura «pro Sorgenia». Ciò è strumentale in quanto:
1) il capacity payment è un meccanismo di remunerazione di un servizio necessario alla sicurezza del sistema elettrico. Si tratta, infatti, di una misura legata al mercato, adottata o in corso di adozione anche in altri paesi d’Europa e in Nord America, che remunera impianti flessibili e in grado di garantire la sicurezza della rete compensando gli sbalzi di domanda e in particolare l’intermittenza delle fonti rinnovabili, non programmabili e cresciute negli ultimi anni in misura molto superiore alle previsioni;
2) il provvedimento, che è già in vigore dal 2003 e tornerà stabilmente dal 2017 (la discussione di oggi è sul periodo transitorio 2014-2016), riguarda determinati impianti di generazione e non le aziende. L’articolo cita esplicitamente la sola Sorgenia, ma le aziende con centrali coinvolte nel capacity payment sono numerose e di dimensioni anche maggiori. La Legge di Stabilità, peraltro, prevede che tale misura non pesi in alcun modo sulle bollette.
Inoltre, è fuorviante accostare alle attuali difficoltà di Sorgenia il cosiddetto «caso Barca» e alcune posizioni espresse dal quotidiano «la Repubblica». La prima questione non esiste, in quanto mio padre ha dichiarato pubblicamente – senza essere stato in alcun modo smentito – di non avere contatti con l’ex ministro da diverso tempo. La seconda questione, che lega alcuni articoli di «Repubblica» al caso Sorgenia, è priva di fondamento: Cir non ha mai condizionato le autonome opinioni de «la Repubblica». E’, infine, infondata anche l’ipotesi di una integrazione di Sorgenia in Eni.
Mi spiace constatare che si cerchi in tutti i modi, per ragioni che fatico a comprendere, di creare un «caso politico» su quello che, nei fatti, è unicamente un problema aziendale che coinvolge azionisti e istituti finanziatori”.
Accanto alla lettera di Rodolfo De Benedetti il Corriere della Sera pubblica anche un aggiornamento del caso Sorgenia a lunedì mattina, quando è previsto un incontro fra le banche creditrici di Sorgenia. Scrive Fabrizio Massaro:
La linea delle banche sulla crisi di Sorgenia, la società elettrica del gruppo Cir presieduto da Rodolfo De Benedetti, l’ha esplicitata sabato un big come Pierfrancesco Saviotti, amministratore delegato del Banco Popolare: «Non siamo intenzionati a fare regali a nessuno, nemmeno alla famiglia De Benedetti. Siamo disponibili, ma a condizione che il gruppo partecipi con una percentuale corretta. Non possiamo essere chiamati solo noi a fare sacrifici se l’imprenditore, che è il principale artefice, non ne fa». Sarà questo il tema del summit che si tiene stamattina a Milano tra le 21 banche creditrici — esposte per complessivi 1,86 miliardi — e i vertici di Sorgenia. Alla riunione, che potrebbe essere decisiva, parteciperanno i numeri uno di Mps, Unicredit, Banca Imi, Banco Popolare, Ubi Banca, Bpm e forse anche degli altri istituti coinvolti.
Toccherà alla Cir ufficializzare la decisione in merito al suo contributo alla salvezza del gruppo: Sorgenia deve tamponare almeno 600 milioni di debiti considerati in eccesso, altrimenti a metà marzo finirà i soldi e sarà costretta a portare i libri in tribunale. Le banche sono disposte a fare la propria parte stralciando circa 300 milioni di prestiti, da trasformare in azioni o in «nuovi strumenti partecipativi». Alla Cir chiedono però di mettere 150 milioni di aumento di capitale e spingono perché De Benedetti usi parte dei 330 milioni netti incassati con il Lodo Mondadori. Gli altri 150 milioni verrebbero trasformati in un prestito “convertendo” o stralciati. Cir invece non vorrebbe mettere sul piatto più di 100 milioni anche perché il socio di Sorgenia al 46%, la società austriaca Verbund, ha già detto che non si impegnerà ancora, avendo svalutato a zero la partecipazione. Se passerà la linea di Cir, le banche potrebbero convertire solo 200 milioni. A seconda di come finirà la trattativa, potrebbero arrivare al 67% di Sorgenia, con Cir in minoranza. In altri scenari l’azienda resterebbe nelle mani dei De Benedetti, sia pure con una quota azionaria ridotta, e dell’amministratore delegato Andrea Mangoni (ex Telecom Italia, ex Acea). L’orientamento delle banche sarebbe quest’ultimo, ha fatto capire sabato Saviotti, visto che non sarebbe stato chiesto un cambio di strategia di Sorgenia. Ma sul punto non ci sarebbe ancora unanimità tra i banchieri.
I debiti di Sorgenia risalgono a metà degli anni Duemila quando il gruppo avviò la costruzione di quattro centrali a gas a ciclo combinato, finanziate in project financing . Ma da un lato il boom della rinnovabili, dall’altro il Pil in calo in Italia hanno ridotto la produzione al 20% circa della capacità. Per questo già a fine dicembre Mangoni aveva chiesto alle banche una moratoria (standstill) fino a luglio 2014, nell’ambito del piano di ristrutturazione che prevede fra le altre cose la cessione del ramo delle rinnovabili in Italia e in Francia e dell’attività di esplorazione e produzione di idrocarburi, un taglio del 20% dei costi e il contributo pubblico del «capacity payment» alle centrali a gas.
L’intervento del Corriere della Sera domenica è stato rilevato dal Giornale, che lo commenta con un articolo di Marcello Zacché:
Anche il Corriere della Sera scopre il crac di Sorgenia, e lo «sbatte» in prima pagina. Il quotidiano di via Solferino ha ieri deciso di dare massima evidenza ai problemi della società produttrice di energia elettrica controllata dal gruppo Cir-De Benedetti, assediata da 2 miliardi di debiti con le banche e vicina a presentare un bilancio 2013 in rosso intorno al mezzo miliardo (434 milioni le perdite nel terzo trimestre 2013). Una situazione prefallimentare che ha costretto il gruppo a chiedere agli istituti di credito (Monte dei Paschi di Siena in testa, insieme con Intesa, Unicredit, Mediobanca e altre grandi e piccole) una moratoria e una ristrutturazione.
Del caso hanno parlato con grande evidenza, già da novembre, il Giornale tra i primi, tutti i principali quotidiani. Ma il direttore del Corriere , Ferruccio de Bortoli, non l’aveva mai messo in «prima», come si dice in gergo. Il che, quando accade, assegna al tema anche un certo peso politico ed editoriale. Specie se si parla di un gruppo controllato dall’editore del primo quotidiano concorrente di Rcs, la Repubblica di De Benedetti per l’appunto; e se tra le banche impegnate nel salvataggio ci sono grandi azionisti dello stesso Corriere : Mediobanca ( con Unicredit) e Intesa. Perché, dunque, questo cambio di passo, balzato all’occhio soprattutto per l’assenza di notizie nuove sul caso?
La tesi dell’articolo-non affidato agli esperti di energia del quotidiano milanese, ma al paladino del partito anti-casta Sergio Rizzo – è che il caso Sorgenia rischia di finire in un complesso calderone di ricatti incrociati e «voti di scambio», governato abilmente da Matteo Renzi sull’asse Berlusconi-De Benedetti e con la benedizione delle banche: da un lato la società può essere salvata grazie alle sovvenzioni di Stato per l’energia termoelettrica, il cosiddetto capacity payment ; dall’altro attraverso l’ingresso in campo di un colosso come l’Eni. Nel primo caso il capacity payment dovrebbe essere concesso dal governo Renzi con la collaborazione del dicastero delle politiche energetiche: lo Sviluppo Economico, proprio quello dove si è insediata Federica Guidi, la più berlusconiana (e per questo presa di mira da Repubblica ) tra i ministri del neo premier. Che non a caso,oltreall’energia,ha a che fare con i business del Cavaliere, emittenza tivù e tlc. Nel secondo Renzi potrebbe accontentare Sorgenia senza dispiacere a Berlusconi, confermando nell’imminente rinnovo dei manager pubblici l’amico del Cavaliere Paolo Scaroni alla guida dell’Eni, in cambio di questo piccolo favore del salvataggio della società del gruppo De Benedetti. Tutto chiaro?
Mica tanto. Salvo che il Corriere e il suo direttore, affaccendati soprattutto sul fronte delle baruffe tra grandi azionisti per la ristrutturazione del gruppo Rcs, non potevano dimenticarsi di Sorgenia, caso finanziario dell’anno, finora trattato un po’ di conserva.Urgeva un riposizionamento. Ma per non infastidire più di tanto quelli che i debiti li hanno contratti – la società fondata dall’Ingegnere e nemmeno le banche che allegramente hanno concesso tale credito- con una leva finanziaria che i nostri imprenditori «normali» nemmeno si sognano- , il Corriere ha deciso di andare sulle manovre di Renzi. Il quale, almeno a livello di intenzioni, sembrerebbe pronto a sfruttare la vicenda pro domo sua. D’altra parte è lui il personaggio del momento. Ancorché poco amato dall’attuale direzione di via Solferino.
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