Stefano Folli: “Matteo Renzi segretario Pd? Governo Letta, non cambia niente”

Ma la vittoria di Renzi non può essere una mina sotto il governo Letta
Matteo Renzi (LaPresse)

ROMA – “Ma la vittoria di Renzi non può essere una mina sotto il governo Letta”, questo il titolo dell’articolo di Stefano Folli, di martedì 3 settembre, sulle pagine de Il Sole 24 Ore.

“Ora che nel Pd si fa sentire il cosiddetto effetto “band wagon”, ossia la corsa a salire sul carro del vincitore (Matteo Renzi), sarebbe paradossale che il passato si ripetesse. Anche perché è un passato che non ha portato fortuna. Qualcuno lo ricorderà: alla fine del 2007 Walter Veltroni divenne il primo segretario del Pd.

Era portatore di un sogno o almeno di una prospettiva: il partito a “vocazione maggioritaria”, il salto nel futuro di un bipolarismo compiuto. Al governo c’era Romano Prodi in coalizione con una serie di piccoli partiti che usavano fino in fondo il loro potere d’interdizione o se si vuole di ricatto. La vittoria di Veltroni portò rapidamente alla destabilizzazione del governo perché fu presto chiaro che l’avvento di un leader dinamico e ambizioso era incompatibile con il fragile equilibrio su cui si reggeva Prodi.

Si disse che l’equivoco andava comunque chiarito perché un moderno centrosinistra non poteva reggersi sulle gambe dell’Udeur o delle formazioni di estrema sinistra. Sta di fatto che la crisi dell’esecutivo portò all’uscita di scena di Prodi e alle elezioni anticipate. Il centrosinistra guidato da Veltroni le perse e a Palazzo Chigi tornò Berlusconi.

È chiaro che oggi lo scenario è diverso. Il dato saliente è che Berlusconi, condannato dal tribunale, è ormai al crepuscolo. E al governo non c’è una piccola coalizione condizionata dall’estrema sinistra, bensì un’alleanza allargata fra Pd e Pdl. Eppure il rischio che l’avvento di Renzi alla segreteria segua uno schema “veltroniano” e finisca per rovesciare la barca di Enrico Letta è più che verosimile. (…)

Scenario possibile, senza dubbio, qualora la Giunta di Palazzo Madama promuovesse la decadenza dell’ex premier. (…) Ammettiamo allora che Letta superi le forche caudine berlusconiane, magari attraverso uno di quei rinvii delle scelte parlamentari di cui in Italia siamo specialisti. In quel caso le luci si accenderanno sul Pd e su come vorrà muoversi il suo nuovo capo, una volta consacrato dal congresso (…).

C’è il pericolo che la leadership di Renzi nel Pd, per il solo fatto di prendere corpo, si trasformi in un evento destabilizzante per l’esecutivo. (…). Letta è percepito come una garanzia per l’oggi: un personaggio serio e rassicurante, capace di muoversi in maniera felpata ma concreta. Uno che unisce, non uno che divide. Renzi invece è la speranza in un domani migliore: argomento che in politica è quasi sempre decisivo.

Tuttavia è evidente che il sindaco di Firenze non può apparire un destabilizzatore. La stabilità (certo non l’immobilismo) oggi è un valore troppo prezioso per rinunciarvi a cuor leggero. La verità è che il Pd potrebbe parlare un linguaggio davvero innovativo se Letta e Renzi unissero le loro forze. (…)”

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