Stefano Folli: “Lo strappo del Senato e i nemici del duopolio Renzi-Berlusconi”

di Redazione Blitz
Pubblicato il 6 Febbraio 2014 - 10:38 OLTRE 6 MESI FA
Piero Grasso

Piero Grasso

ROMA – “Lo strappo del Senato mette alla prova il duopolio Renzi-Berlusconi” scrive Stefano Folli sul Sole 24 Ore:

Sul caso De Gregorio il presidente del Senato ha senza dubbio esercitato le sue prerogative. Ma è come se avesse avvicinato in piena coscienza una torcia accesa a una santabarbara piena di dinamite. Questo a causa delle modalità con cui si è arrivati alla decisione di costituirsi parte civile nel processo di Napoli contro Berlusconi per la presunta compra-vendita di parlamentari. Modalità che riguardano in particolare il pasticcio del voto, peraltro consultivo, con cui l’Ufficio di presidenza di Palazzo Madama aveva in precedenza imboccato la strada opposta, ossia nessun intervento nel processo, nessuna «parte civile».
Viceversa, Grasso ha subito smentito quel voto ed era suo diritto farlo.

Ma le conseguenze non sono trascurabili, visto che si tratta della seconda carica dello Stato e che l’imputato, tanto per cambiare, si chiama Silvio Berlusconi, ormai ex senatore, ma pur sempre al centro della vita politica. Anzi, da pochi giorni rinato nelle vesti di «padre costituente» della nuova Repubblica.
L’episodio non produrrà effetti politici immediati, ma sarebbe sbagliato sottovalutarlo. Si inserisce in un clima tutt’altro che sereno, come si è appena visto anche a Montecitorio (sia pure per motivi diversi). Qualche errore andava evitato, a cominciare proprio da quel voto dell’Ufficio di presidenza. Se il presidente aveva già deciso come procedere, avrebbe fatto meglio a non permettere quella votazione. Se invece era indeciso o aveva dato tale impressione ai suoi interlocutori, doveva sapere che la scelta di ricorrere ai suoi poteri e di non tener conto di quel voto lo avrebbe esposto ad accuse di parzialità.
Di certo non si può dire che in questa legislatura i presidenti delle due assemblee abbiano fortuna. Prima Laura Boldrini e ora Pietro Grasso sono finiti entrambi nel frullatore e vengono bersagliati da rilievi spesso ingiusti. È come se quell’alone di rispetto istituzionale che secondo tradizione circondava le figure dei presidenti, anche i meno popolari, si sia dissolto in questa ennesima fase di transizione.
Oltre tutto Grasso guida la Camera Alta, di cui viene ribadita ogni giorno l’inutilità e annunciata la prossima chiusura. Non è il modo migliore per garantire la tranquillità degli animi. O per reclamare dal presidente dell’assemblea uno spirito del tutto «al di sopra delle parti».
In ogni caso anche questa vicenda dimostra quanto la legislatura si stia sfilacciando. Difficile pensare che entrambe le Camere possano trasformarsi in arene dove lo scontro è totale e i due presidenti vengono delegittimati e contestati in modo sistematico.
Qualcuno ha voluto leggere nella vicenda, salutata con entusiasmo dai Cinque Stelle e da tutto il fronte diciamo così «giustizialista», un tentativo di sabotare l’asse Renzi-Berlusconi sulla riforma elettorale. L’interpretazione è ragionevole, ma solo nel senso che dimostra quanto sarà impervio, soprattutto al Senato, il cammino della legge elettorale. A parte questo aspetto, che non è una novità, difficile credere che il patto fra Renzi e Berlusconi possa vacillare per l’incidente di ieri. È e resta nell’interesse preciso dei due contraenti arrivare al risultato della riforma bipolare. D’altra parte, i nemici del duopolio sono tanti e agguerriti. Il caso De Gregorio li avrà resi più determinati.