Il Corriere della Sera: “Lavoro alle donne, siete i peggiori”. Il potere della parola. Editoriale di Daniele Manca:
L’attesa ieri per le parole di Mario Draghi, presidente della Banca centrale europea, era la stessa che si era creata attorno alle sue dichiarazioni nel luglio del 2012. L’euro e i Paesi del club della moneta unica sembravano in quei mesi una navicella nella tempesta dei mercati che parevano aver ritirato loro la fiducia. Al numero uno italiano della Bce bastò sottolineare con una frase che avrebbe messo in atto tutto quello che era necessario («Whatever it takes» disse) per salvare l’euro e, quasi di colpo, le aspettative finanziarie ed economiche nel mondo mutarono di segno.
Ancora una volta ieri ha usato il potere della parola per far capire che la Bce è pronta a fare la sua parte per agevolare la crescita e che, se necessario, userà misure anche «non convenzionali» per evitare un periodo prolungato di discesa dei prezzi. Francoforte potrà scegliere l’arma del taglio del costo del denaro ma anche altri strumenti come il quantitative easing (quell’acquisto di obbligazioni utilizzato fortemente dalla Federal Reserve americana che permette, parzialmente, di far arrivare liquidità all’economia).
In un momento di incertezza nei rapporti tra Matteo Renzi e Silvio Berlusconi, è rispuntato il vero asse dell’alleanza Palazzo Chigi-Forza Italia: quello che lega il presidente del Consiglio al fiorentino Denis Verdini. Insieme con Gianni Letta, Verdini ieri ha incontrato per oltre un’ora il premier. E il colloquio è servito sia a registrare il sostanziale nulla di fatto ottenuto da Berlusconi nell’udienza della sera precedente al Quirinale sui suoi problemi giudiziari; sia a confermare il patto di collaborazione istituzionale che ha come obiettivi primari la riforma elettorale e quella del Senato. Uno degli effetti immediati è stato quello di sbloccare un lungo conflitto sulla legge che riguarda il voto di scambio.
Improvvisamente, ieri è stato trovato l’accordo, dopo che in precedenza il provvedimento aveva creato scintille tra Pd e FI. E Renzi in tv ha ribadito la propria fiducia nell’impegno berlusconiano. Questo farebbe pensare che il Cavaliere non cederà alla tentazione di sfilarsi, perché ne ricaverebbe soprattutto svantaggi: anche se il suo partito continua a usare due lingue quasi agli antipodi verso il governo. Renato Brunetta, capogruppo alla Camera, grida al golpe dopo l’approvazione della legge per l’abolizione delle Province, presentata dal sottosegretario alla Presidenza, Graziano Delrio.
A guardarla da qui, questa storia del tanko, della secessione e dell’insurrezione armata di trattore sembra una barzelletta. Cristian Contin, che nel ’97 era sul campanile di San Marco, adesso difende lo zio Flavio agli arresti domiciliari: «È tutta una montatura… Non c’è niente di grave dal punto di vista penale. Ma gli ideali sono ideali, “ostrega”…». Casale di Scodosia, cinquemila abitanti e troppi giornalisti, vive con malcelato fastidio l’invasione delle telecamere. Un po’ perché è dura convivere a un metro da questa armata Brancaleone che sognava il leone di San Marco. Un po’ perché alla fine quelli che dicono che i venetisti avevano torto, non si trovano nemmeno con la lente di ingrandimento. L’ex sindaco Renato Modenese, che si era dimesso lo scorso autunno quando era stato introdotta l’Imu pesante, capisce e giustifica: «La nostra gente è d’accordo. Volevano fare solo un’azione dimostrativa. Mi sa che gliela vogliono far pagare. A questo punto il referendum regionale sulla secessione è l’unica strada per avere un po’ di speranza».
Il Fatto Quotidiano: “E’ tutto un voto di scambio”.
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Il Giornale: “Province, è una truffa”. Editoriale di Alessandro Sallusti:
Le Province non ci saranno più, ma vigliacco che in questo Paese quando si dà un taglio a qualcosa ritenuta inutile o dannosa, non la si sostituisca poi con un’altra, ovviamente peggiore. Via le Province, quindi – così ha deciso ieri la Camera con voto contrario di tutte le opposizioni – , e dentro le aree metropolitane, che vanno ad aggiungersi a circoscrizioni, Comuni, Regioni e Stato. In tutto spariscono 3.500 eletti e spuntano trentamila nuovi posti di lavoro della politica, con doppi, tripli e, in alcuni casi, anche quadrupli incarichi. Pisapia, per esempio, sindaco di Milano, sarà anche presidente dell’area metropolitana e forse presto, se passa la riforma, pure senatore. Manca solo che con i tagli alla Difesa lo nominino pure generale di Corpo d’Armata e, perché no, capo dei pompieri, e poi siamo a posto. Fa poi ridere anche che si sia deciso a tavolino di creare ben quindici aree metropolitane, un vero record europeo (Francia e Germania ne hanno un paio a testa, l’Inghilterra una sola). Ma si sa, quando c’è da spartire la torta l’appetito vien mangiando. E questa torta ha il sapore classico della sinistra, che questa legge l’ha pensata e votata. Siccome storicamente loro sono più forti del centrodestra alle elezioni amministrative, ecco che conquistando il sindaco di uno dei quindici capoluoghi si ha in omaggio il capo dell’area metropolitana ( nuovo nome delle Province) e pure un senatore. Insomma: paghi uno e compri tre. Non male.