Tasi 2014, per una famiglia su 2 più cara di Imu. Aliquota media 2.46 per mille

Tasi 2014, per una famiglia su 2 più cara di Imu. Aliquota media 2.46 per mille
Tasi 2014, per una famiglia su 2 più cara di Imu. Aliquota media 2.46 per mille

ROMA –  Tasi 2014, sono gli ultimi giorni per i comuni in ritardo per fissare le aliquote. Quelli che non decideranno entro domani 10 settembre  obbligheranno infatti i loro cittadini a versare tutto in un’unica rata a dicembre. E non si tratta di pochi spiccioli visto che, a conti fatti, per una famiglia su due l’importo potrebbe essere più alto che per la vecchia Imu. A spiegare tutto, in due articoli pubblicati su Repubblica, è Valentina Conte.

 

Scrive su Repubblica Valentina Conte

Entro domani (10 settembre, ndr)  oltre un terzo dei Comuni deve deliberare l’aliquota della Tasi. E poi comunicarla al ministero dell’Economia prima del 18 settembre. La scadenza è ormai prossima, dunque. E occorre fare in fretta per evitare che i cittadini – in mancanza di decisione – siano costretti a pagare la Tassa sui servizi indivisibili – che sostituisce da quest’anno l’Imu – tutta in un’unica soluzione a dicembre. Fin qui solo il 64,8% dei municipi, dunque 5.246 sindaci (su un totale di 8.092), ha fissato le aliquote. Tra questi, 2.178 lo hanno fatto già a maggio, consentendo così ai proprietari di pagare l’acconto a giugno. Il resto (poco più di 3 mila città) ha deciso in questi mesi estivi – come Roma, Firenze, Milano, Bari, Catania, Verona – e dunque farà versare l’acconto entro il 16 ottobre (e il saldo a dicembre). Le grandi città hanno già quasi tutte provveduto. All’appello manca solo Palermo che ieri però ha riunito su questo il consiglio comunale (deciderà oggi), spaccato tra chi vuole aliquota zero e chi al 2,9 per mille.

In base ai dati pubblicati sul sito del Tesoro e rielaborati dall’ufficio studi della Uil, l’aliquota media della Tasi delle 69 città capoluogo di provincia, è del 2,46 per mille, ad un soffio dal tetto massimo consentito del 2,5, senza tenere conto dell’addizionale dello 0,8 (che si può aggiungere o meno e serve a finanziare le detrazioni). Per una famiglia su due la Tasi sarà più cara dell’Imu, secondo le prime proiezione Uil. Di certo più esosa per 7 nuclei su 10, se vivono in case modeste e hanno figli. L’Anci, l’Associazione dei Comuni, si difende. Colpa di governo e Parlamento che «hanno fatto la scelta di non mantenere le detrazioni fisse».

Tagliando risorse ai sindaci per «8,5 miliardi dal 2011 al 2014», oltre ai «9 miliardi di vincoli del patto di stabilità». Sacrifici che hanno comportato dunque «una maggiore pressione fiscale – ammette l’Anci – resasi obbligata». Per quanto riguarda la carenza di trasparenza degli otto grandi Comuni (tra cui Milano, Roma, Napoli, Firenze) nell’indicare quali servizi indivisibili sono finanziati dalla Tasi, segnalata ieri da Repubblica, l’Anci risponde che «la trasparenza è massima e si attiene alle prescrizioni di legge». Anche se risulta di fatto impossibile al cittadino verificare con immediatezza i numeri. Colpa della legge, dice l’Anci, che «non indica la modalità di esposizione dei dati».

I conti, spiega sempre Valentina Conte, rischiano di essere salati per una famiglia italiana su due. Colpa dell’aliquota fissata al 2,46 per mille da quasi tutti i grandi comuni. Ovvero aliquota fissata a un’inezia dal massimo previsto per legge, il 2.5 per mille. E si parla di quei comuni che si sono “degnati” di fissarla, visto che all’appello ne mancano tanti.

Un’aliquota media del 2,46 per mille per la Tasi ci dice che la nuova tassa sulla casa è ai massimi in molti Comuni. E che il confronto finale con l’Imu del 2012 riserverà parecchie sorprese, in negativo. Nelle 69 città capoluogo che hanno sin qui già pubblicato le aliquote, parecchie hanno spinto la nuova tassa sulla prima casa non solo al tetto massimo del 2,5 per mille, ma le hanno aggiunto anche la coda dello 0,8 addizionale, quella prevista dalla legge per finanziare le detrazioni. Questa è stata difatti la scelta di molti grandi municipi e di numerosi piccoli centri, se la media dà appunto quel 2,46. Non è un caso se Bologna, Firenze, Genova, Napoli, Torino, Venezia, Bari, Catania sono al 3,3 per mille (somma di 2,5 e 0,8). Il massimo del massimo. Con tutta evidenza, una scelta obbligata di quei sindaci per preservare almeno parte del gettito che l’Imu assicurava loro con un’aliquota dal 4 per mille in su. Anche Roma e Milano non sono da meno, con la Tasi al 2,5 per mille. Il punto è che la nuova tassa sul mattone si distribuisce in modo diverso dalla vecchia. Se la torta è la stessa (il gettito), ora versano di più gli immobili con rendite catastali medio-basse, le famiglie con figli, le città che prima avevano un’Imu bassa.
CHI PAGA E QUANDO
Pagano i proprietari di prima e seconda casa (questi ultimi aggiungono alla Tasi anche l’Imu). E anche gli affittuari, in percentuali dal 10 al 30%, decise dai sindaci. La Tasi è una delle due gambe della Iuc (Imposta unica comunale), l’altra è la Tari, la tassa sui rifiuti. Tasi e Tari comportano però due bollettini diversi (il secondo in genere arriva precompilato a casa) e si versano in momenti diversi. Le scadenze della Tasi per quest’anno sono assai variabili. Circa 2 mila Comuni hanno fatto pagare l’acconto a giugno, altri 3 mila (ai dati di ieri) lo faranno pagare entro il 16 ottobre. Altri ancora – se tarderanno a comunicare i dati – rimanderanno i cittadini all’esborso unico a metà dicembre.
ALIQUOTE E CONFRONTO IMU
L’aliquota Tasi sulla prima casa è scelta dal Comune e varia in un range tra l’1 e il 2,5 per mille, mentre l’Imu andava dal 4 al 6 per mille. Ma l’Imu contava sulla detrazione fissa di 200 euro per tutti, più 50 euro per ciascun figlio sotto i 26 anni. Mentre per la Tasi, le detrazioni sono opzionali e molto più basse. I Comuni che le applicano possono finanziarle alzando dello 0,8 per mille l’aliquota sulla prima casa (che al massimo può arrivare, come detto, al 3,3 per mille). Oppure spostando quest’addizionale tutta sulle seconde case. O scegliendo una via di mezzo (0,4 sulle prime e 0,4 sulle seconde, oppure 0,2 sulle prime e 0,6 sulle seconde). I sindaci che hanno optato per il bonus fiscale l’hanno parametrato alle rendite catastali o al reddito Irpef o a quello Isee. E comunque sono andati in ordine sparso. Da zero detrazioni generali a sconti nulli per i figli, dal bonus solo dal terzo figlio in poi (Ferrara) al bo- nus per chi ne ha più di quattro (Reggio Emilia).
FAMIGLIE PENALIZZATE
Sono quelle con redditi modesti che vivono in abitazioni contraddistinte da rendite medio-basse. Nella simulazione della Uil -Servizio politiche territoriali vivere in una A3 (casa economica) con un figlio e rendita pari a 450 euro (nella media nazionale per questa categoria) può essere penalizzante per il 71% delle famiglie (nell’ipotesi, con reddito Isee di 10 mila euro e reddito Irpef di 20 mila euro). Sette famiglie su dieci cioè pa-gheranno più Tasi che Imu: 52 euro extra a Bologna, 32 a Firenze, 30 a Milano, 27 a Venezia.
MUNICIPI DIVISI
Mentre Ragusa, Olbia, Torre del Greco e altri 245 piccoli Comuni come Giffoni Valle Piana hanno scelto aliquota zero per la Tasi, gli altri si spaccano in due categorie, in base alla virtuosità o meno del passato. Quelli con un’Imu prima casa alta o molto alta – tra il 5 e il 6 per mille – ora hanno una Tasi più bassa. È il caso di Roma, Torino, Genova, Caserta, Napoli che hanno fissato aliquote inferiori di 2 o 3 punti, come la legge consente loro di fare. A Roma per esempio, nei due casi della Uil, si risparmierà da 50 a 145 euro a seconda della tipologia (di più con un’abitazione civile A2 e senza figli). A Caserta si arriva addirittura a 241 euro di minori esborsi, pur senza detrazioni: ma qui l’aliquota è crollata dal 6 al 2,5 per mille. I penalizzati – sembra un paradosso – sono i Comuni che tenevano l’Imu al 4 per mille, il minimo. Ora si trovano a imporre una Tasi al 2,5 o 3,3 per mille e in molti casi il risparmio è nullo o c’è un aggra- vio, per via di detrazioni assenti o inferiori. A Mantova ad esempio si va da 124 a 181 euro in più (il massimo per la A3 con un figlio). Così Venezia, Milano, Firenze, con aumenti però più contenuti.
IMU CHIESA
Un’altra scadenza alle porte riguarda gli enti no profit. Entro il 30 settembre dovranno spedire in via telematica la dichiarazione Imu-Tasi. Un fatto storico che coincide con un vero e proprio censimento. Conseguenza della norma di legge introdotta dal governo Monti nel febbraio del 2012. Ma che solo ora trova compiuta attuazione, dopo la pubblicazione lo scorso giugno del modello ad hoc, utile – dal prossimo anno – non solo a pagare le giuste tasse, ma anche a identificare e quantificare gli immobili o le loro porzioni da sottoporre a tassazione. La dichiarazione riguarda gli anni di imposta 2012-2013 e chi non la fa rischia una multa dal 100 al 200% dell’imposta dovuta. Le parrocchie sono in allarme. La diocesi di Milano organizza corsi. Si parte quest’oggi alle ore 15, in piazza Fontana 2, presso la Curia arcivescovile. Si replica in serata all’Istituto salesiano. E poi altri due appuntamenti il 17 e 18 settembre. Il cardinale Scola ha deciso di aiutare i parroci e gli altri enti ecclesiastici della sua diocesi a calcolare gli spazi esenti dall’imposta sugli immobili e quelli no perché commerciali, come ostelli, palestre, bar negli oratori, negozietti e così via. Una rivoluzione.

 

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