ROMA – Anche se sei in affitto dovrai pagare la Tasi, la tassa sui servizi forniti dal Comune. Il costo per gli inquilini sarà diverso a seconda dell’aliquota applicata: per gli immobili che pagano l’Imu la somma tra le due tasse non potrà superare l’aliquota massima dell’Imu. E così la Tasi per gli inquilini sarà meno costosa in città come Roma e Milano, mentre a Varese, Brindisi e Grosseto lievita.
Gino Pagliuca sul Corriere della Sera scrive:
“Non essendo un’imposta ma un corrispettivo di prestazioni (nello specifico i servizi indivisibili forniti dal Comune come la sicurezza, l’illuminazione pubblica, ecc.) va pagata da chi di quei servizi fruisce e quindi parte dal proprietario e parte da chi occupa l’immobile. La legge stabilisce che i Comuni possano far pagare all’inquilino una quota tra il 10 e il 30% della Tasi. Il tributo però per quest’anno ha un tetto: per gli immobili che pagano già l’Imu la somma tra Imu e Tasi non può superare l’aliquota massima dell’Imu. Il comune può applicare un’addizionale di 0,8 millesimi solo se decide detrazioni per la prima casa. Siccome molti grandi Comuni avevano già l’Imu ai massimi o non hanno applicato la Tasi sugli immobili diversi dall’abitazione principale o lo hanno fatto solo nel limite consentito di 0,8 millesimi”.
E così, per una volta, Milano e Roma non sono le città più care:
“I valori più alti si registrano a Varese, dove la giunta ha deciso per gli immobili diversi dall’abitazione principale un’aliquota dello 0,25%, che incide su valori catastali piuttosto elevati. Varese ha anche deciso di portare al massimo la quota a carico dell’inquilino: dei 388 euro necessari per la casa di maggior valore l’occupante ne dovrà pagare quasi 90”.
Corrado Sforza Fogliani, presidente di Confedilizia, ha detto:
“«Sono dati che in parte ci hanno sorpreso perché pensavamo che la quasi totalità dei Comuni avrebbe addossato il massimo possibile alla proprietà. Evidentemente è stato capito che il tributo va anche pagato da chi usufruisce dei servizi. Ciò non toglie che la Tasi era nata con tutt’altre premesse: quando fu presentata nell’estate 2013 dove essere sostitutiva dell’Imu e non una sua addizionale»”.
E con la nuova tassa e gli sgravi previsti dal decreto Sblocca Italia potrebbe esserci un boom per i canoni concordati:
“I canoni concordati sono stati spesso snobbati ma il loro appeal potrebbe crescere grazie a una disposizione contenuta nell’articolo 21 del decreto Sblocca Italia. La norma prevede che chi acquista da un costruttore una casa nuova o ristrutturata fino al 31 dicembre 2017 e la destina per otto anni ad affitto a canone concordato potrà avere un bonus fiscale spalmato su 8 anni pari a una deduzione del 20% sull’imponibile calcolato su una spesa fino a 300 mila euro.
Se a questo si aggiunge il fatto che i canoni concordati hanno un trattamento Irpef favorevole (si paga una cedolare secca del 10%) e che in molti casi le amministrazioni comunali prevedono aliquote Imu ridotte, si potrebbe dare un po’ di slancio a un mercato immobiliare oggi ancora asfittico, a condizione che gli accordi tra proprietari e inquilini giungano a canoni non uguali a quelli del mercato libero ma almeno abbastanza vicini”.
I commenti sono chiusi.