Tregua sulle spiagge, salta la vendita ma c’è l’accordo per la sanatoria

Tregua sulle spiagge, salta la vendita ma c'è l'accordo per la sanatoria
Tregua sulle spiagge, salta la vendita ma c’è l’accordo per la sanatoria

ROMA – Salta la privatizzazione delle spiagge, ma la maggioranza trova l’accordo per un maxi sconto ai balneari: una sanatoria dei canoni demaniali dovuti ma non versati, negli ultimi sette anni, dai titolari di concessione dello Stato.

Scrive Repubblica:

Si tratta di un emendamento (da votare) alla legge di Stabilità depositato ieri dal relatore Maino Marchi (Pd). Un testo che in realtà ne sintetizza tanti altri,presentati per lo più da Ncd e Forza Italia. In attesa di un «riordino della materia da effettuare entro il 30 giugno 2014» (un modo per rinviare lo scontro su privatizzazione e durata delle concessioni), il testo prevede che «i procedimenti giudiziari pendenti alla data del 30 settembre 2013» possono essere «integralmente definiti» pagando il 30% del dovuto in un’unica soluzione entro il 31 gennaio prossimo oppure il 70% dell’importo rateizzato fino a un massimo di 9 rateannuali. Una sanatoria, definita dal leader dei Verdi, Angelo Bonelli, «regalo di Natale alle lobby».

In pratica, «un maxicondono sui canoni di concessione delle spiagge con il quale lo Stato non incasserà oltre un miliardodi euro». Ma di cosa parliamo? Nel 2006, la prima legge finanziaria dell’allora governo Prodi cercò di riordinare la materia. Prevedendo un canone legato alle attività turistico- balneari. E dunque relativo a spiagge (parti scoperte) e cabine, spogliatoi, docce, ricovero attrezzi (parti coperte). Canone pari a 0,93 centesimi per metro quadro all’anno, quello dovuto dalle località in classe B, le “normali”. Ma in Italia, inspiegabilmente, tutte le località di mare — persino Portofino, Amalfi, Taormina, Capri — sono “normali”. Stare in classe A (“località ad alta valenza turistica”) vorrebbe dire avere un canone doppio. La legge del 2006 stabilì anche (e di qui i problemi) un adeguamento per le pertinenze commerciali cheinsistono sugli arenili, ma non connesse all’attività balneare — ristoranti, bar, palestre, piscine, boutique — al prezzo di mercato della zona. Apriti cielo. Fatti i conti, il canone poteva anche triplicare. Di qui una valanga di ricorsi. E le pressioni della “lobby” sui governi dal 2006 in poi per prorogare il pagamento. Di proroga in proroga (l’ultima scadeva il 30 settembre scorso) siamo arrivati all’emendamento Marchi.

Nell’ultimo bilancio del Demanio a pagina 21 si legge che lo Stato ha incassato nel 2012 dal demanio marittimo appena 102 milioni, il 45% del dovuto. Ma qui parliamo solo dei canoni per sabbia e cabine. Non delle pertinenze commerciali, mai conteggiate per via dei rinvii decisi di volta in volta dai governi. Secondo i Verdi, l’ammanco totale sarebbe di 160-170 milioni annui. Per i sette anni (dal 2006 ad oggi) si supera il miliardo. Ora condonato al 30% o 70% in nove rate.
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