“Un uomo solo al comando”, Antonio Polito sul Corriere

"Un uomo solo al comando", Antonio Polito sul Corriere
Renzi (LaPresse)

ROMA – “Un uomo solo al comando” è il titolo dell’editoriale a firma di Antonio Polito sul Corriere della Sera di martedì 1 luglio:

L’espressione «fare squadra» è caduta un po’ in disgrazia dopo l’uscita dell’Italia dal Mondiale. Ciò nonostante resta l’unico metodo per aver successo in qualsiasi confronto internazionale. E l’Europa è da ogni punto di vista una cooperazione basata sul confronto, quando non sulla competizione.

Desta perciò qualche legittimo dubbio il modo in cui il presidente Renzi sta affrontando la questione delle nomine. La più importante delle quali è il posto che ci spetta nella Commissione, perché sarà quell’organismo, sempre più politico, a decidere quanto tempo e quanta flessibilità ci verranno concessi per il risanamento dei conti pubblici.
In Europa lo stile di lavoro fin qui sperimentato con successo da Renzi, a Firenze come a Palazzo Chigi, potrebbe non essere il più indicato. Il premier è infatti abituato a ballare da solo. Per lui è diventato un elemento di forza, invece che di debolezza. Il suo rapporto diretto e carismatico con l’opinione pubblica prevede che non ci siano intermediari, né altri politici a fargli ombra. Dunque si contorna più di staff che di gruppi di pari, sceglie più in base alla lealtà che alla qualità. Ma a Bruxelles Renzi non ballerà da solo, dovrà agire di concerto con gli altri governi, peraltro in maggioranza di centrodestra. Né potrà minacciare i riottosi con l’arma delle elezioni anticipate, come fa in Italia.

Buon senso avrebbe suggerito dunque di puntare subito su nomi di prestigio in campo europeo, «pesi massimi» che siano in grado di influire sui dossier che ci riguardano. D’altro canto, una delle poche risorse di cui disponiamo in abbondanza sono proprio gli ex premier e gli ex ministri, grazie al forsennato turnover dei nostri governi. Anche altri Paesi si orientano verso figure di questo calibro. I finlandesi per esempio, da non prendere sotto gamba perché sono un po’ i cani da guardia del rigore tedesco (vedi Olli Rehn), hanno scelto come commissario il loro ex primo ministro Katainen. I francesi dovrebbero puntare su Moscovici, ex ministro dell’Economia. In passato gli inglesi, con Blair, non hanno esitato a nominare un uomo dell’opposizione purché di prima grandezza, come Chris Patten. Anche a noi è capitato di pensare più alla forza del nome che alla sua docilità politica: Berlusconi fece commissari Mario Monti ed Emma Bonino. E Mario Draghi è arrivato al vertice della Bce perché era il numero uno: se avessimo scelto un numero due o tre quella posizione oggi non sarebbe occupata da un italiano.

Puntare su Federica Mogherini e sulla posizione di Alto rappresentante della Politica estera presenta dunque due controindicazioni. La prima è il peso specifico che può avere nella Commissione, quando si discuterà dei dossier che ci riguardano, una persona alla sua prima esperienza europea e costantemente in viaggio per dovere d’ufficio. La seconda è che mentre aspettiamo il verdetto su di lei siamo costretti a nominare un supplente per i prossimi cruciali quattro mesi: l’ambasciatore Nelli Feroci (…)

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