“Valentino Rossi non è un martire”: Andrea Scanzi sul Fatto

"Valentino Rossi non è un martire": Andrea Scanzi sul Fatto
“Valentino Rossi non è un martire”: Andrea Scanzi sul Fatto

ROMA – Valentino Rossi non è un martire e non ha ancora perso nulla. Scrive così, sul Fatto Quotidiano del 28 ottobre Andrea Scanzi in un lungo pezzo in cui spiega come, gli ultras dei social siano ben poco interessati a capire chi davvero abbia ragione nell’incidente di Sepang tra Valentino Rossi e Marc Marquez. Secondo Scanzi una cosa è certa: è stato sbagliato punire soltanto uno dei due piloti coinvolti nell’incidente

Travolti da un più che solito cicaleccio nei social di fine ottobre, appare sempre più difficoltoso rispondere a quella che rimane la domanda vera: Valentino Rossi ha torto o ragione? La risposta non interesserà agli ultrà, che ieri insultavano Iannone (reo di aver superato Rossi in Australia) e ora gli chiedono di “sdraiare” Lorenzo a Valencia. In Rete pullulano filmati atti a dimostrare cheMarquez “ha colpito Rossi sulla gamba col casco”. Una ricostruzione tipo “gomito che fa contatto col piede” di Elio.

QUEGLI STESSI filmati dimostrano però che Marquez è colpevole quanto Rossi, o poco meno. Non è sbagliato punire Rossi: è sbagliato non aver punito anche Marquez. Piano con la morale facile: non esiste epica senza scontri “spietati”.

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La sfida tra Rossi e Marquez è stata straordinaria (15 sorpassi) e al contempo scorretta. Marquez, come a Phillip Island, ha fatto passare Lorenzo e si è poi incarognito con Rossi. Questo è innegabile, ma non è abbastanza per reagire come Zidane con Materazzi. Rossi dice che non voleva far cadere Marquez, ma lo aspetta di proposito: rallenta, lo guarda, lo spinge all’esterno e colpisce col ginocchio sinistro la leva del freno di Marquez. La ruota anteriore si blocca e addio. La Direzione Gara non poteva non punirlo per “guida irresponsabile”, ma lo ha fatto nel peggiore dei modi: aspettando la fine della gara. Così Enrico Borghi, firma storica di Motosprint e biografo di Rossi: “Andava punito nell’arco di un paio di giri, con un ride through o con la bandiera nera”. Pilatesca anche la decisione di farlo partire ultimo da Valencia, risultato dei 3 punti tolti alla “patente ” che vanno a sommarsi al punto di Misano: e 4 punti significano ultima posizione in griglia.

Il direttore di gara Mike Webb ha condannato a parole Marquez (“Ha deliberatamente cercato di ostacolare Rossi”) ma non lo ha punito: “Non ha commesso azioni vietate dal regolamento”. Parole simili a quelle dette ieri dal Direttore Generale Dorna Javier Alonso: “Marc non fa nulla di illecito, ma spinge la situazione a un limite che ha poco senso e Rossi fa quello che fa, seppure non sia giustificabile”. Tre giorni prima del via, Rossi aveva attaccato Marquez accusandolo di essere in combutta con Lorenzo. Intendeva innervosirlo e smontarne le intenzioni: ha ottenuto l’effetto contrario, caricandolo ancora di più e sbagliando clamorosamente strategia.

Rossi, che ha già perso un Mondiale all’ultima gara (con Hayden nel 2006), giovedì aveva anche detto: “Voglio che Marquez sappia che io so”. Cosa sa? Ancora Borghi: “In Australia, la sera dopo la gara, Rossi è andato a chiedere spiegazioni a Marquez e Marc lo ha respinto con spregio. Pare poi che, prima della trasferta in Asia e Oceania, Lorenzo e Marquez si siano incontrati in Spagna per sancire il patto. E Valentino lo abbia saputo”.

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Ieri, dopo la frignata domenicale del “non so se vado a Valencia”, Rossi ci ha ovviamente ripensato (su Twitter). Sa che, con 7 punti di vantaggio, il Mondiale non è chiuso. Ogni tanto cade anche Lorenzo, se a Valencia piove tutto si rimescola e Rossi può eccome rimontare dal fondo: non sarebbe la prima volta.

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