Vincenzo Rotondo (Pd) non va a lavoro e si giustifica: “Il medico mi ha consigliato di darmi alla politica”

di Redazione Blitz
Pubblicato il 21 Ottobre 2013 - 12:32 OLTRE 6 MESI FA
Al lavoro non va, in Consiglio sì: "Me l'ha detto il medico"

Al lavoro non va, in Consiglio sì: “Me l’ha detto il medico”

ROMA – Sei depresso? Scendi in campo, entra in politica. Questa è la storia Vincenzo Rotondo, medico e importante esponente del Pd di Eboli, provincia di Salerno, che ha così giustificato le numerose assenze a lavoro: “Si trattava di un periodo difficile, di forte stress emotivo; attraversavo una fase di depressione e pertanto il medico mi aveva consigliato di darmi alla politica, di partecipare alla vita pubblica ed istituzionale”.

Questa la tesi, la “scusa” di Rotondo. Cos’è successo? Vincenzo Rotondo, medico presso il locale distretto sanitario, come spiega Libero, “fu colto in castagna da un quotidiano locale con un articolo nel quale si osservava una strana coincidenza: com’era possibile che l’autorevole esponente del «partito degli onesti» fosse presente in consiglio comunale o in commissioni consiliari varie, visto che risultava assente dal posto di lavoro dove aveva mandato i relativi certificati di malattia?”

Ecco uno stralcio dell’articolo:

Morale, par di capire che il capogruppo del Pd faccia (o abbia fatto) politica perché gliel’ha detto il medico. Roba seria. Togliatti impallidirebbe dinanzi a tanto eroico ardore. Inutile descrivere la faccia del magistrato che s’è trovato dinanzi quelle carte così come le sue susseguenti decisioni. Questo accade in una città da sempre amministrata dalla sinistra e dove sta per abbattersi una bufera giudiziaria consistente. Infatti un consigliere comunale di Fratelli d’Italia, Lazzaro Lenza, ha trascinato in procura la municipalizzata locale (Multiservizi spa), una delle tante vacche munte fino allo stremo dai vari amministratori reclutati tra l’esecutivo cittadino, la segreteria e la dirigenza del Pd come prima di Rifondazione comunista. Risulterebbero agli atti incamerati dalla Guardia di Finanza e trasmessi alla magistratura, impressionanti disallineamenti contabili per oltre un milione e mezzo di euro. Scavando nelle carte sono spuntate fatture pagate più volte, lavori mai autorizzati, infornate di assunzioni (circa una settantina) durante le campagne elettorali, strade bitumate a poche ore dal voto e sempre da un’unica impresa (legata da anni all’entourage del sindaco, pure lui del Pd), pagamenti in contanti in ristoranti ed alberghi con danaro attinto dalle casse sociali, insomma una piccola orgia di soldi, favori, voti e prebende ad opera di quanti stavano preparandosi a batter le mani a Michele Santoro e Marco Travaglio in prima serata.