BERGAMO – Vittorio Feltri in un editoriale pubblicato sul Giornale torna sulla vicenda di Marita Comi Bossetti, la moglie di Massimo Giuseppe Bossetti, l’unico sospettato dell’assassinio di Yara Gambirasio. Perché il naso nelle sue mutande si chiede Feltri? Cosa c’entra la vita privata della signora Bossetti con l’omicidio di Yara? Nel pezzo inititolato “L’omicidio di Yara: Marita Bossetti massacrata con il gossip”, Feltri scrive:
“Siamo basiti. Ieri apriamo il Corriere della Sera a pagina 17 e leggiamo il seguente titolo: «Due uomini dai pm: siamo stati amanti di Marita Bossetti». Chi è costei? La moglie di Massimo Giuseppe Bossetti, sospettato di essere l’assassino di Yara Gambirasio, l’adolescente di Brembate (Bergamo), in galera da un paio di mesi per via del suo Dna rilevato sul corpo della vittima. Non riassumiamo la vicenda (…) (…) perché è stata raccontata mille volte e supponiamo che il lettore ne sia a conoscenza. Ci limitiamo a esprimere stupore e indignazione davanti a questa ennesima incursione nella vita privata di una famiglia – quella dei Bossetti, appunto – che avrebbe diritto a essere lasciata in pace, ammesso che possa trovarne, avendo il proprio capo chiuso in una cella senza che esista la minima probabilità che questi reiteri il reato attribuitogli, inquini le prove (che non ci sono) e si appresti a fuggire, visto che in quattro anni non ha mai provato a farlo”.
“Stando a Giuliana Ubbiali, la cronista che ha rivelato quest’ultimo particolare piccante sui coniugi, due gentiluomini si sono presentati (spontaneamente? ne dubito) in Procura e hanno confidato agli inquirenti di avere avuto rapporti intimi con la signora Marita. Hanno detto la verità o no? Non è questo il punto. La suddetta signora ha facoltà di fare ciò che vuole con chi vuole e quando vuole senza l’obbligo di giustificarsi con nessuno, tranne il marito. Perché le toghe ficcano il naso nelle mutande di una sposa già distrutta dagli eventi? A quale scopo? Sarebbe interessante che qualcuno ci spiegasse che c’entrano due supposte (non accertate) relazioni avute dalla donna in questione con il delitto di Yara commesso – forse – dal coniuge”.
“Il gossip non ha alcuna importanza – fondato o infondato che sia – ai fini di accertare la verità. Questo lo capisce chiunque. Nonostante ciò, gli investigatori hanno infilato negli atti processuali che due linguacciuti asseriscono di essersi divertiti, sessualmente parlando, con la consorte di Bossetti. Cosicché questi, oltre a essere inguaiato per un omicidio, nonché detenuto, adesso è anche formalmente cornuto agli occhi di chi si pasce di pettegolezzi. Non solo. Marita ha il suo uomo agli arresti, tre figli da mantenere (in assenza di un reddito), un futuro nebuloso, gli avvocati da pagare e, dulcis in fundo, ci ha smenato pure la reputazione passando ufficialmente (zero prove) per puttana. A voi, cari lettori, questa sembra un’operazione legittima? Comprendiamo la necessità degli investigatori di non trascurare alcun dettaglio nel tentativo di arrivare a capo dell’orrenda matassa, siamo altresì consapevoli che dal quadro familiare di Bossetti sia facile ricavare qualche indicazione utile all’inchiesta, ma prendere per buone le vanterie di un paio di tizi onde avvalorare l’ipotesi che la famiglia Bossetti fosse una specie di bordello, in cui ogni crimine poteva maturare, incluso un omicidio, è troppo”.
“Trattasi di scorrettezza e di crudeltà. Un conto è sondare la vita di un imputato nella speranza di trovare una chiave per aprire la sua scatola nera, un altro è ricorrere a mezzucci degni di un giornaletto scandalistico e indegni, viceversa, di una giustizia decente. I giudici non devono guardare dal buco della serratura e raccogliere materiale da portineria, ma costruire un impianto accusatorio credibile, basato su indizi concreti e non su chiacchiericci volgari che distruggono l’immagine di gente innocente, comunque non direttamente implicata in un fatto di sangue. Alla signora Marita Bossetti e ai suo poveri figli, esposti al pubblico ludibrio a causa di una sciatteria istituzionale imperdonabile, va la nostra solidarietà. Siamo con loro in questo momento tormentato. Un’ultima osservazione. Noi del Giornale spesso siamo stati additati quali manovratori della macchina del fango. Faceva comodo a molti liquidarci così. Ora, davanti alla macchina produttrice di letame gossiparo, che massacra e lorda tante persone, tutti zitti. Zitti e complici”.
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