Vittorio Feltri: servi in Europa, fino a quando non ci ribelleremo?

Vittorio Feltri: servi in Europa, fino a quando non ci ribelleremo?
Vittorio Feltri: servi in Europa, fino a quando non ci ribelleremo?

“Ben ci sta”, esclama Vittorio Feltri, sul Giornale, rivolto soprattutto ai “carissimi Enrico Letta e Fabrizio Saccomanni“:

“La Commissione euro­pea, composta da gente medio­cre e priva di legittimità democra­tica, ha bocciato la manovra del gover­no rimandandola al mittente con la rac­comandazione di spicciarsi a unifor­marla alle superiori disposizioni di Bru­xelles.

La vo­stra sudditanza nei confronti della Ue, le vostre genuflessioni davanti a sua mae­stà Angela Merkel e ai suoi numerosi cor­tigiani, il vostro desiderio di piacere a ogni costo ai padroni non sono serviti a niente. Rendetevene conto: più vi inchi­nate, più vi prostrate e peggio vi trattano.

Ora il premier e il ministro dell’Econo­mia dovranno correggere la legge di sta­bilità e renderla ancora più pesante di quanto non sia. I censori continentali dell’Italia affermano che tale legge non ha i requisiti per essere sostenuta finan­ziariamente. Pertanto ci chiedono di inasprire i prelievi fiscali dalle tasche dei cittadini, quasi non bastassero le tasse pazzesche che li strozzano e che hanno ridotto la (un tempo) quinta potenza in­dustriale del mondo a un Paese margi­nale e destinato all’irrilevanza interna­zionale.

Siamo in coma. E l’Europa, anziché darci un po’ di ossigeno, mette i piedi sul­la cannuccia del respiratore e si diverte ad assistere alla nostra agonia. Come re­agisce l’esecutivo delle larghe disatte­se? Arrossisce, china il capo, batte i tac­chi ed esclama: signorsì, provvederemo a massacrare ulteriormente la Patria. Aspettiamoci nuove imposte, altri bal­zelli.

E noi zitti, orecchie basse, rassegnati al ruolo di zerbini. Ma fino a quando non ci ribelleremo? Garantito: alle pros­sime elezioni ci sfogheremo. Daremo il voto al primo partito che, cavalcando l’onda dell’indignazione generale, sarà capace di interpretare efficacemente il sentimento antieuropeo e antieuro.

Un sentimento che monta giorno do­po giorno e che rischia di esplodere in una protesta contagiosa, in grado di trasformarsi addirittura in rabbia colletti­va. Chi non lo comprende o è cieco e sor­do o vive su Marte. Tra qualche mese la politica dovrà fare i conti con le masse in miseria, esasperate e pronte a scendere in piazza. Non avranno in mano i forco­ni solo perché non ce ne sono più: ripie­gheranno sui bastoni (tuttora in com­mercio) per accarezzare le spalle degli smidollati camerieri della Ue.

La strada è segnata. Noi la percorrere­mo per ultimi, ma la percorreremo. Guardate la Francia. Marine Le Pen col suo Fronte nazionale è salita al 24 per cento. Il suo successo dipende dal fatto che madame ha intercettato i malumori dei connazionali ostili all’euro e alla bu­rocrazia di Bruxelles. Fenomeni analo­ghi si registrano in Austria, in Olanda, in Inghilterra. La Gran Bretagna, sempre lungimirante, non ha aderito alla mone­ta unica, ma è insofferente alle regole astruse elaborate nei palazzi della capi­tale belga.

Noi finora, forse per timidezza, forse perché soffriamo di un complesso d’in­feriorità, abbiamo sopportato i vincoli soffocanti europei. Ma la pazienza ha un limite. Se Forza Italia rompesse gli in­dugi e, invece di assecondare i propri ca­pet­ti timorosi di perdere la stima della si­nistra, si lanciasse in una campagna a forte connotazione antieuropea, racco­glierebbe messi di consensi apparec­chiandosi a stravincere le venture con­sultazioni. Altro che Beppe Grillo e il suo esercito di Franceschiello. È un peccato che il centrodestra non intuisca il males­sere delle folle stanche di beghe e di di­battiti interminabili.

È vero che le nostre disgrazie comin­ciarono anni orsono, ma, se ci fate caso, si sono aggravate in coincidenza con l’entrata in vigore dell’euro. Da quel mo­mento l’Italia ha cessato di andare avan­ti e ha ingranato la marcia indietro. Effet­to di una cattiva congiunzione astrale? Non sappiamo. Però la fotografia della situazione è questa: arriva la moneta unica e se ne va lo sviluppo.La botta fina­le ce l’ha data il governo di Mario Monti, ciambellano della Ue, delle banche e dei poteri forti.

Monti, sicura­mente in buona fede, ha distrutto le im­prese, specialmente le medie e le picco­le; ha compresso i consumi, impoverito i poveri e salvato i ricchi del Monte dei Paschi di Siena, per tacere di altri istituti di credito, resi asfittici e paralizzati dalle norme idiote di Basilea uno, due e tre, ciapel chel’ gh’è.

Silurato il Professore, abbiamo scelto una sua pallida controfigura: Letta il gio­vane, che sulla scia del predecessore ha seguitato a incrementare il bullismo filo­europeo con i risultati sotto gli occhi di tutti. La crisi si acuisce. Chi parla di ripre­sa è un visionario, o un pazzo, o un men­titore.

Qui piuttosto bisogna uscire dal mucchio selvaggio e rimboccarsi le ma­niche. Sul serio. Nel Veneto sono disponibili 120 mila posti di lavoro nel settore tecnologico. Nessuno è all’altezza di occuparli.Man­cano g­li specialisti del ramo e abbonda­no i laureati in giurisprudenza e in filoso­fia. Roba da matti. In Italia ci sono 200 mi­la avvocati a fronte di 67 mila detenuti e del più basso tasso di delinquenza del continente. Qualcosa non va anche nel popolo. Che si comporta come se il Pae­se fosse fermo al 1950.

 

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